di Nicolò Raggi
Caro Valli,
dopo aver letto su Duc in altum [qui] l’articolo di The Wanderer L’uomo al posto di Dio. Anche nella settimana santa (illustrato da una foto intitolata Gioia pasquale o cetriolini sottaceto?), credo che il mio sguardo sul personaggio Bergoglio stia cambiando.
Se prima lo vedevo non tanto come causa quanto come somma dei mali che attanagliano la Chiesa, ora invece mi sento spinto dalla fede ad apprezzarne il valore come prodotto di quel multiforme agire di Dio nella storia che è la Provvidenza.
Era un tormento pensarlo e vederlo come rappresentante e custode della Chiesa, supremo lascito del Signore agonizzante. Ora invece la larva di quel sentimento lascia il posto alle ali di una ragione fiduciosa.
Ora, quando B parla dicendo tutto e subito dopo il contrario di tutto, mi sento rafforzato nel desiderio e nella volontà che il mio parlare sia “sì sì, no no”.
Quando B ricopre di posticcia compassione chi non la pensa come lui, deridendolo oltre ogni cattivo gusto – come fece persino con il cardinale Burke ricoverato e in pericolo di vita – mi sento rafforzato nel desiderio e nella volontà di vivere se non altro quella forma di amore per il nemico che è l’ascolto.
Quando B distrugge la sacralità dei gesti liturgici asservendoli a nuove ideologie, mi sento rafforzato nella fede della Chiesa per la quale il come e il cosa si celebra corrispondono a ciò in cui si crede.
Quando non è in grado di riconoscere e mostrare l’elementare differenza tra salute e salvezza, mi sento rafforzato nel desiderio e nella volontà di ritornare alla fede del bambino totalmente fiducioso nella sollecitudine del Padre.
Quando infine mostra diffidenza e disprezzo per i suoi di casa e accoglienza e apprezzamento per chiunque di quella stessa casa mini le fondamenta, mi sento rafforzato nel desiderio e nella volontà di riconoscermi umano e limitato e di implorare a testa bassa: “Signore, abbi pietà anche di me, peccatore”.