di Radio Spada
Il libro Parole chiare sulla Chiesa. Perché c’è una crisi, dove nasce e come uscirne è disponibile da poche settimane e, anche in vista del 1° maggio, giorno in cui sarà presentato ufficialmente a Rubiera (Reggio Emilia), già vengono in mente alcune domande.
RS: Innanzitutto: quale la sua prima impressione sul dibattito che il volume ha innescato? Abbiamo visto, pubblicando alcuni estratti della sua postfazione, reazioni sui social molto diversificate: ora di rabbia, ora di gioioso plauso, ora di stupore. Se l’aspettava?
AMV: Sarò sincero. Realizzare ogni giorno il blog Duc in altum, cercando di mantenerne dignitosa la qualità, mi impegna molto, quindi non ho il tempo di frequentare i social. Tra i lettori del blog il libro è stato accolto con interesse e disponibilità al confronto. Ricordo due sole mail di aperta condanna nei miei confronti per essere diventato “lefebvriano”, ma scritte con grande rispetto. Sul fronte opposto, mi ha fatto molto piacere, e mi ha dato conforto, la recensione positiva dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Chi mi conosce sa che non mi nascondo mai, anche quando il mio percorso personale si fa alquanto impervio, e che dietro le mie scelte non ci sono secondi fini. La prova sta nel fatto che per il mio percorso ho pagato un prezzo abbastanza salato, che mi ha portato a uscire dal grande giro del giornalismo nazionale. Circa il libro, devo dire che ho accolto a mia volta con interesse e disponibilità l’invito di Radio Spada a collaborare alla sua realizzazione perché in questo momento di estrema confusione, e conseguente sbandamento tra molti fedeli, occorre essere chiari e non inseguire fantasie indimostrabili. Credo che, dopo la morte di Benedetto XVI, sia arrivato finalmente il momento di guardare in faccia la crisi drammatica della Chiesa e nella Chiesa puntando al Concilio Vaticano II e ai nuovi paradigmi che ne sono nati. Questo è un nostro preciso dovere di battezzati. Vedo che, a parte il caso di alcune inevitabili frange di estremisti che ragionano in termini ideologici, non manca chi sta aprendo gli occhi ed è disposto a interrogarsi.
RS: Che cosa direbbe, in particolare, a chi si “scandalizza” delle sue affermazioni e sembra non riuscire a capire il percorso di approfondimento dottrinale e di presa di coscienza che vi sta dietro?
AMV: La mia piccola storia parla per me. Il contesto post-conciliare nel quale sono cresciuto, nel mio caso ambrosiano, non mi ha mai messo a confronto con forme estreme di modernismo. Ho conosciuto bravi preti e bravi religiosi, rispettosi della liturgia, attenti a non far mancare il sacramento della penitenza, riverenti verso il culto mariano, attenti anche all’adorazione eucaristica. Ho incominciato a conoscere di persona degenerazioni e abusi negli anni Novanta, con il trasferimento a Roma per motivi di lavoro. Lì ho quindi incominciato a interrogarmi anche su un certo tipo di narrazione imposta nella Chiesa nei confronti del mondo della Tradizione. Poi, nel Duemila, in occasione del Giubileo, per la prima volta ho conosciuto i seguaci di monsignor Lefebvre e ne sono rimasto colpito positivamente. Ho anche incominciato a studiare la figura del fondatore della Fraternità sacerdotale San Pio X e, piano piano, mi sono reso conto che lui aveva manifestato subito, a ridosso del Concilio, le perplessità, le critiche e i dubbi che io stesso stavo vivendo. Nel 2013 ho accolto l’elezione di Francesco con un senso di fiducia, nonostante tutto. Ma presto ho dovuto prendere coscienza del disastro. Nel 2016, con Amoris laetitia, ho avvertito che tacere avrebbe fatto di me un complice dell’apostasia. Il resto è storia recente, compresa la riflessione che sto conducendo su Benedetto XVI. Non rinnego nulla del passato, neppure la mia amicizia con il cardinale Martini. Penso semplicemente che il Signore sia stato molto buono con me nell’indurmi ad aprire gli occhi. Ho vissuto qualcosa di simile a una conversione e sono molto grato per questo alla Provvidenza divina. Non so se ci sia davvero qualcuno che si scandalizza per il mio percorso (non credo di meritare tanta attenzione). Se qualcuno è deluso, gli dico in tutta sincerità che io mi sono semplicemente lasciato guidare. Ho avvertito di essere stato preso per mano verso un orizzonte più limpido e ora la nebbia intorno a me si è diradata. Tante questioni ovviamente sono ancora aperte, specie per quanto riguarda la frequenza alla Messa novus ordo, ma la Provvidenza ha messo intorno a me tanti amici che mi aiutano con grande affetto.
RS: Abbiamo anche notato la tentazione da parte di alcuni – anche di ambiente “tradizionale” – di sviare l’attenzione, di suggerire che il libro non affronti questioni che invece tratta approfonditamente, abbiamo notato silenzi assordanti (ma forse prevedibili), e ovviamente attacchi. Come legge questi fatti?
AMV: Faccio il giornalista da tanti anni e non mi stupisco di niente. Circa l’ambiente tradizionale, non posso certamente dire di conoscerlo bene, ma per quel poco che lo conosco vedo che è estremamente frammentato e spesso conflittuale. Forse è il prezzo che si deve pagare quando c’è una ricerca appassionata della verità. Nel mio piccolo cerco di cogliere il meglio dalle diverse esperienze. Certi “tradizionali” dell’ultima ora, impegnati nell’illustrare oscure trame e “sottotesti” che soltanto loro conoscono, mi fanno sorridere.
RS: Il 1° maggio la presentazione del volume avverrà cercando di dare il massimo spazio possibile alle domande e ai dubbi del pubblico (col sistema, ormai rodato presso le giornate di Radio Spada, della domanda scritta e consegnata al momento). Quasi certamente le verrà chiesto qualcosa sui contenuti della sua postfazione, sulla genesi del libro e su cosa vede in questo momento dal suo osservatorio di Duc in altum in relazione alla convulsa vita della Chiesa. Senza anticipare troppo, può darci un qualche assaggio sull’ultimo aspetto? In particolare su movimenti e tendenze nel mondo vaticano e nei suoi dintorni?
AMV: Il pontificato di Francesco ha causato nella Chiesa una situazione di profondo stress. Se parliamo della Santa Sede, non si vede l’ora che questo disastro finisca. L’autoritarismo peronista di Bergoglio ha da tempo superato il limite. Nei sacri palazzi si vive in un clima di confusione, incertezza e paura, con il governo esposto alle bizze del caudillo sudamericano. In questa situazione i più si fingono morti, per non essere notati dal capo, mentre i cortigiani tessono la tela, ma a loro rischio e pericolo, perché il tiranno ti può portare dalle stelle alle stalle in un battito di ciglia. A loro volta i vescovi sono stanchi. Si parla tanto di sinodalità, ma la realtà è fatta di un centralismo bizzoso. La conseguenza è che anche i vescovi cercano di essere invisibili. I cardinali non si conoscono fra loro, perché Bergoglio ha accuratamente evitato di offrire occasioni di vero confronto. A causa delle nomine volute da Bergoglio, all’insegna della demagogia, la qualità del collegio cardinalizio non è mai stata così bassa. Quando il compianto cardinale Pell, nel suo memorandum firmato Demos, scrisse che “questo pontificato è un disastro sotto molti aspetti, una catastrofe” sapeva bene quel che diceva. La maggior parte dei fedeli è ancora inconsapevole e si lascia guidare dalla propaganda progressista e da sacerdoti la cui formazione non si può neanche più definire cattolica. Tuttavia anche per i progressisti è diventato difficile esaltare questo papa e questo pontificato. Bergoglio non fa che ripetere gli stessi poveri concetti. Non solo non conferma i fratelli nella fede, ma non offre neppure veri spunti di riflessione. Con Bergoglio, il pontificato stesso, in quanto istituzione, ha subito un colpo tremendo. C’è poi una minoranza di fedeli (ma è una minoranza in costante crescita) che ha aperto o sta aprendo gli occhi, ma si trova spesso allo sbando, perché mancano quasi del tutto i punti di riferimento tra i pastori.
RS: La ringraziamo molto, ci diamo appuntamento al 1° maggio.
AMV: Bene. A presto, a Dio piacendo.
Fonte: radiospada.org