Cronache dal clero / Caro Aldo Maria, ti scrivo. La Chiesa, la volpe e l’uva

di padre Mario Begio

Caro Aldo Maria,

a te non sembra che la Chiesa sia entrata nella fase “la volpe e l’uva?” Te la ricordi quella favola? La volpe cerca di prendere l’uva, salta e si aggira, ma proprio non ci riesce. E allora che fa? Anziché riconoscere di essere incapace di arrivare all’uva, si autogiustifica con una menzogna e afferma: “L’uva è ancora acerba, tornerò più avanti”. Non ricordo se la favola aggiungesse altro. Nel caso, lo aggiungo io: nel frattempo la volpe patirà la fame e l’uva o verrà mangiata da altri o cadrà a terra marcia. Un epilogo autunnale e triste che a mio giudizio si adegua bene all’immagine della Chiesa post-conciliare primaverile e gioiosa. Primaverile e gioiosa se lo dice da sola, ché nessun altro lo direbbe e tutti vedono bene la situazione autunnale e triste.

Lo scrivevo settimana scorsa: seminari vuoti; seminaristi rifiutati o perché amanti del latino o perché si rifiutano di vaccinarsi; dieci anni di progressiva diminuzione delle vocazioni. Forse abbiamo un problema e non sappiamo più arrivare all’uva?

Ma no! È Dio che ha scelto di non mandarci preti; anzi è proprio provvidenziale questa scarsità di clero, perché permette di fondere le parrocchie in tante Comunità Pastorali e così finalmente i cristiani imparano la fraternità. Provare per credere (ovviamente questa osservazione è assolutamente ironica).

E di recente – sempre per la serie “l’uva è acerba e io non ho fame” – compare il sussidio Liturgia festiva della parola di Dio in assenza di celebrazione eucaristica. Di cosa si tratta? Lo leggiamo nella descrizione: “Data la progressiva diminuzione numerica dei sacerdoti, sono sempre più frequenti i casi di piccole comunità che non possono avere ogni domenica la celebrazione eucaristica. In questi casi, a determinate condizioni, è possibile tenere assemblee domenicali affidate a ministri designati. Questo sussidio, consegnato alla Chiesa piemontese ma utile a tutte le realtà locali, aiuta i responsabili di queste iniziative a celebrare il giorno del Signore nel modo più rispettoso e aderente alla situazione attuale”.

Capisci, mio caro Aldo? Siccome le comunità cristiane hanno così poca fede da non generare più vocazioni a sufficienza, allora diamo a loro un libretto col quale potranno fare un rito sostitutivo della Messa. L’uva deve essere più che acerba, deve essere proprio di sasso!

E io stesso rimango un po’ di sasso nel leggere queste notizie. Del resto, il contesto la dice lunga. Quale contesto?

Beh, penso ai racconti di monsignor Schneider, quando descrive il ruolo delle vedove che conservavano le sacre pissidi in tempo di persecuzione e repressione comunista. In quel contesto i laici hanno davvero conservato la fede e infatti di per sé non mi scandalizza la possibilità di affidare ai laici simili mansioni, a patto che ci siano certi contesti di persecuzione ad extra e di fede ad intra.

Noi invece in che contesto siamo? Siamo nel tempo in cui i preti massacrano l’eucaristia; i fedeli la considerano meno importante della mascherina; il governo e la Cei autorizzano la sospensione dei sacramenti, persino ai moribondi.

Che dirti? In un simile contesto non sarà un libretto a salvarci dalla disfatta liturgico-sacramentale. Esso al massimo ritarderà di qualche tempo la caduta non dico dell’uva, ma della foglia di fico del fallimento della fede nell’Occidente liberale.

D’alta parte, piuttosto che vedere l’Eucaristia Santissima trattata in malo modo da preti e fedeli, forse è meglio davvero sospendere le Messe e dare a tutti quel che si meritano: un libretto.

Resta la grande domanda: ma a noi cristiani, oggi, interessa ancora l’uva oppure no? E ancora: quanto potremo avanzare prima di morire di fame?

E mi fermo qui. Per oggi.

22.continua

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