di Michela Di Mieri
Caro Valli,
più che un articolo, questa che le mando è una lista degli orrori relativa al mese di aprile del corrente anno. La sottopongo a lei e ai suoi lettori affinché l’astrattezza dell’espressione “frequenti attacchi militari su obiettivi civili da parte dell’esercito ucraino sulla regione del Donbass” si tramuti in qualcosa il più possibile concreto e palpabile.
Perché la guerra e la morte nei grandi numeri e nelle generalizzazioni non lasciano il segno nella carne. L’empatia e la capacità di immaginare di noi umani funzionano meglio nel piccolo, nei numeri che stanno sulle dita delle mani, nelle storie minute delle singole persone, nelle strade e nei quartieri con nomi e riferimenti precisi e individuabili.
Dal momento che i giornalisti, a parte qualche lodevole mosca bianca, anziché informare, fanno propaganda, in Italia nulla o quasi sappiamo delle incursioni militari che la popolazione del Donbass sta seguitando a subire senza soluzione di continuità. Perciò, mi incarico momentaneamente di sottoporre alla dimensione pubblica questa macabra lista dell’orrore, angosciosa e sfinente nel suo ripetersi con ossessiva monotonia. Spero che potrà contribuire ad aumentare il senso di vergogna di noi, popolo silente e imbelle, che accettiamo supinamente di renderci complici di tutto questo.
Si noterà che gli attacchi riportati, effettuati peraltro con sistemi di armi ad altissima precisione, hanno in comune due aspetti, terribili e lampanti: la totale assenza di obiettivi militari e la casualità sia dei bersagli, sia dei tempi. Tutte le aggressioni, nessuna esclusa, colpiscono, nei momenti più disparati, strutture e infrastrutture civili, luoghi della vita quotidiana della gente comune: la signora che va a fare la spesa al mercato, il vedovo che porta un fiore alla moglie al cimitero, la giovane donna incinta che torna a casa dalla celebrazione della Pasqua.
E sarà evidente, allora, che questi episodi non sono frutto di errori umani, disgraziatamente inevitabili nel corso di una guerra, ma strategia. È la strategia dell’orrore, del terrore, dell’intimidazione e dello stillicidio. È il gatto che gioca con il topo agonizzante, che lo tiene sotto tiro e gli dà una zampata quando ne ha voglia. È l’impunità consapevole di poterlo fare davanti agli occhi chiusi del mondo. È la barbarie che non si ferma neppure davanti alla notte Santa della Resurrezione.
La fonte principale da cui traggo queste informazioni è il benemerito Vittorio Nicola Rangeloni, un giovane di origini ucraine che nel 2014 ha lasciato la tranquilla città lombarda in cui risiedeva per immergersi nell’inferno del Donbass, e che da allora vive come un corrispondente di guerra, rischiando la pelle in prima persona (ha scritto il libro Donbass. Le mie cronache di guerra). Tutto quello che riporta nei suoi canali (che invito tutti a visitare) è quasi sempre notizia di prima mano: lui si prende la briga di recarsi sul posto delle esplosioni, di visitare le trincee al fronte e di parlare con i soldati, di intervistare la popolazione locale. Fa, in sostanza, quello che dovrebbe fare un giornalista.
Iniziamo.
6 aprile, Giovedì Santo per la Chiesa latina
Periferia di Donetsk, retrovia del fronte. Razzi lanciati dal sistema Himars, made in Usa colpiscono un’autofficina. Muoiono nove operai e sette vengono feriti, alcuni gravemente. È tardo pomeriggio, la giornata lavorativa è finita, gli uomini si stavano salutando presso i cancelli dell’officina quando i razzi li hanno freddati, lasciandoli sull’asfalto.
7 aprile, Venerdì Santo per la Chiesa latina
Il mercato centrale di Donetsk, solitamente molto affollato, viene colpito da razzi forniti dalla Repubblica Ceca e sparati, a una prima perizia, dal sistema mobile di lanciarazzi multipli Vampire. Muore una donna che lavorava al mercato e vengono ferite almeno sei persone.
16 aprile, notte di Pasqua per la Chiesa ortodossa
Ore 3,24: appena finita la celebrazione della Pasqua, l’area della cattedrale di Donetsk e l’adiacente mercato (uno degli obiettivi preferiti, a quanto sembra) sono bersagliati da una ventina di razzi. È colpito anche un asilo che era appena stato restaurato in seguito a un precedente attacco. Nonostante il tempestivo intervento dei vigili del fuoco, le fiamme lo hanno irrimediabilmente lesionato e dovrà essere demolito. Muore una donna incinta di ritorno dalla Messa pasquale, a bordo di un’auto. Gli altri passeggeri rimangono feriti. Ferito anche un uomo all’uscita dalla cattedrale.
Giovedì 20 aprile
Periferia nord-ovest di Donetsk, villaggio di Oktybrsky, pieno giorno. Colpi di artiglieria cadono tra le case e sulle strade. Due donne, che stanno camminando su un marciapiede, vengono uccise, investite dalle schegge di un razzo che ha centrato una casa.
Sabato 22 aprile
Stesso luogo, altri colpi di artiglieria. Uno colpisce una casa il cui proprietario è andato all’ufficio passaporti. Al suo ritorno, trova la sua casa ridotta a un cumulo di macerie e il suo cane morto, ucciso da un razzo caduto nel giardino. Prende zappa e vanga e scava una buca in cui seppellire il suo amico a quattro zampe.
Domenica 23 aprile
Attacchi sin dal primo mattino, che proseguono per tutta la giornata. L’artiglieria fa fuoco su Donetsk e gli abitati limitrofi a più riprese. Ancora una volta, sono uccise due donne che camminano per strada, investite dall’esplosione di un razzo nella periferia di Makeevka. Nel distretto di Petrovsky, a seguito di altre esplosioni, muore un uomo e vengono ferite cinque persone. Una mina antiuomo PFM-1 Lepestok (Petalo, per via della sua forma), ufficialmente proibita, ferisce a un piede un uomo nel cimitero del distretto di Kuibishevsky. Nel pomeriggio un missile viene sparato sulla stazione centrale di Donetsk: miracolosamente, non si registrano vittime.
Giovedì 27 aprile
Quattro bambini vengono feriti nel distretto di Proletarsky, mentre giocano, da una mina Lepestok. Uno perde una gamba ed è in gravi condizioni.
Venerdì 28 aprile
Razzi Himars bombardano pesantemente il centro di Donetsk, tra cui lo stadio Olimpijsky e l’ospedale, in particolar modo il reparto di traumatologia: dieci pazienti riportano svariate ferite. In quest’incursione viene distrutta l’unica macchina per la risonanza magnetica presente in tutta la Repubblica popolare di Donetsk. Un autobus prende fuoco con dentro i passeggeri. Colpito anche il centro commerciale.
Sabato 29 aprile
Un pescatore a bordo della sua barca di legno sul Dnepr si sbraccia disperatamente quanto inutilmente, tra i droni ucraini che gli volano attorno e lo attaccano, per segnalare ai militari che è un civile: verrà ucciso in diretta dal drone. Il video è serenamente diffuso dal gruppo militare ucraino che ha compiuto l’eroica impresa.
Le cronache di un qualsiasi mese di guerra nel Donbass si concludono qui, con questa dimostrazione di spavalda impunità, che dà la misura della menzogna nella quale galleggiamo.
Indignazione e preghiere.
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Di Michela Di Mieri raccomando, per chi l’avesse perso, l’articolo La verità, vi prego, sull’Ucraina, pubblicato da Duc in altum il 10 marzo 2023