Lettera all’amico Aldo Maria sulla fede
di Aurelio Porfiri
Caro Aldo Maria,
eravamo abituati a scambiarci lettere sulla Chiesa che poi sono confluite nel nostro libro Crepuscolo. Leggendo il tuo blog mi è venuto in mente di scriverti ancora dalla lontana Hong Kong.
Ho visto recentemente in Duc in altum un’intervista con don Davide Pagliarani, superiore della Fraternità San Pio X. Nella tua premessa fai riferimento al fatto che qualcuno ti prenderà per lefebvriano. Magari altri, per il tuo libro con don Francesco Ricossa Non ponti, ma scale, penserà che sei sedeprivazionista. E in altre occasioni sicuramente sarai stato accusato di sedevacantismo. Forse è questo che succede quando ci si sente Sradicati (titolo di un altro nostro fortunato libro).
In realtà, te lo dissi già, il problema non è principalmente il sedevacantismo, ma è, molto di più, quello di cui parliamo spesso: il fedevacantismo.
Scrivilo pure: sono un fedevacantista. Che significa? Significa che penso che la vera tragedia religiosa dei tempi moderni è che non abbiamo più fede. Quindi esiste veramente un cambio di paradigma nella Chiesa, come sostiene lo studioso José Antonio Ureta, ma non nel senso che ci sono diverse fasi della stessa fede, bensì nel senso che c’è un passaggio tra fede e non fede. In fondo, sia progressisti sia tradizionalisti lo hanno capito da tempo, ma usano modi diversi per descriverlo.
Spesso il nostro cattolicesimo è un involucro vuoto e l’Ostia dovrebbe oramai sanguinare in troppe chiese, come a Bolsena, per convincere i non pochi preti increduli. Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà la fede sulla terra? E tornasse oggi, in questo momento, cosa penserebbe della sua Chiesa?
Questo cambiamento di paradigma viene da lontano e va lontano. È una tappa verso la nostra distruzione. Quindi la vera domanda oggi è: quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà l’uomo?