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Alleati dell’Eucaristia / Le nostre domande e le non risposte di un vescovo

Ricevo questa lettera dagli Alleati dell’Eucaristia.

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Caro Valli,

dopo che su Duc in altum il signor Pietro – che ha aderito agli Alleati dell’Eucarestia e del Vangelo – ha rivolto alcune domande al suo vescovo, molti altri fedeli hanno fatto altrettanto, scrivendo ai vescovi delle loro diocesi.

Ricordiamo che le domande del signor Pietro (le potere rileggere qui) toccavano molteplici argomenti: dalla liturgia agli arredi sacri, dalla formazione di sacerdoti e laici al ruolo dei catechisti.  Domande semplici e concrete, che hanno bisogno di risposte altrettanto concrete. Ma i nostri vescovi sono in grado di darle?

A titolo di esempio proponiamo qui la risposta che Monica, residente in Lombardia, ha ricevuto dal suo vescovo, del quale preferiamo omettere il nome. Come potete leggere qui sotto, il vescovo ringrazia Monica, ma in realtà non affronta i problemi posti e non risponde.

Gent.ma sig.ra Monica,

grazie per i suoi rilievi. Ogni domanda che Lei pone richiederebbe un ampio discorso.

Per certi aspetti Lei contesta tutto il cammino della riforma liturgica del Vaticano II e dei Pontefici che hanno promosso l’attuazione del Concilio.

Per certi aspetti, invece, le sue domande rimproverano ai preti e alle persone addette al servizio ecclesiale comportamenti discutibili e maldestri.

Nel complesso mi sembra di trovare nelle sue parole amarezza e rammarico e non sempre mi sembra che siano giustificati.

La partecipazione alla celebrazione eucaristica e alla vita della Chiesa dovrebbe avere come frutto la gioia e la comunione tra fratelli e sorelle che diventano per grazia un cuore solo e un’anima sola.

Preghi per me e per questa povera Chiesa che le causa tanta amarezza.

A fronte di questa risposta (o meglio, non risposta) ciascuno può trarre le proprie conclusioni. A noi sembra che la commiserazione, comprensiva di malcelato rimprovero, non esprima una vera paternità. Il vescovo, alla faccia della retorica sulla sinodalità e l’ascolto, non tenta nemmeno di entrare in dialogo con Monica e di capire le sue osservazioni.

Primo dovere del vescovo dovrebbe essere andare incontro alle necessità dei fedeli, perché possano vivere serenamente e pienamente la propria fede. Ma in questo caso il pastore sembra un burocrate che si limita a registrare un atto.

Qualcuno potrebbe osservare che non c’era da aspettarsi altro, ed è vero. Ci sembra comunque il caso di sottolineare la situazione in cui si trovano tanti fedeli, totalmente privi di guide e punti di riferimento, e tutto ciò in una Chiesa che si riempie la bocca parlando di pastoralità.

Probabile che Monica avrebbe ricevuto ben altro ascolto se si fosse dichiarata Lgbtq (si veda il caso delle numerose “veglie di preghiera contro l’omotransfobia” organizzate in ogni diocesi d’Italia). Essendo invece cattolica, e amando la tradizione, Monica merita solo di essere liquidata con due righe che sanno più che altro di compatimento.

Una chiesa che accoglie tutti tranne i cattolici fedeli, così gentilmente perseguitati, è una chiesa che non ha l’odore delle pecore, ma puzza di zolfo.

Veronica Cireneo con tutti gli Alleati dell’Eucaristia

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Aldo Maria Valli:
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