Quali erano, in concreto, gli errori che serpeggiavano nella Chiesa negli anni Quaranta del secolo scorso, denunciati da Plinio Corrêa de Oliveira nel suo libro In difesa dell’Azione Cattolica (1943)? Egli stesso li descrive sommariamente. Qualsiasi somiglianza con certi errori riproposti oggi, per esempio dal cosiddetto “cammino sinodale”, non è mera coincidenza.
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di Plinio Corrêa de Oliveira
Compartecipazione al potere sacramentale dei sacerdoti
Sia in ciò che si riferiva alla liturgia, sia in ciò che toccava la natura stessa dell’Azione Cattolica, gli errori della nuova corrente giravano attorno al concetto del sacerdozio dei laici.
Secondo la dottrina tradizionale, il sacerdote possiede un potere derivante dalla sua ordinazione sacramentale. I laici partecipano solo passivamente a tale sacerdozio.
Secondo le nuove dottrine, invece, con l’iscrizione all’Azione Cattolica, i laici acquisivano ipso facto una certa partecipazione al sacerdozio sacramentale, non più meramente passiva, che gli conferiva un certo potere di giurisdizione. Questo alterava sostanzialmente la situazione dei laici nella Chiesa.
Da ciò deducevano che i membri dell’Azione Cattolica dovevano partecipare alla Sacra Liturgia non più in modo passivo, bensì attivo, cioè come veri concelebranti.
Secondo il movimento liturgico, i laici d’Azione Cattolica non appartenevano più alla Chiesa discente, ma diventavano membri della Chiesa docente, partecipando al suo munus di governare, insegnare e santificare.
Questo si notava, per esempio, nel modo di partecipare alla Santa Messa. Secondo il movimento liturgico, se durante la Consacrazione il laico ripeteva le stesse parole del sacerdote, egli partecipava attivamente, per parte sua, alla transustanziazione. La stessa cosa per tutte le altre preghiere liturgiche. Inserendosi nelle parole del celebrante, il laico in certo modo concelebrava la Messa. I laici diventano sacri. Questo valeva anche per le donne, che così diventavano quasi sacerdotesse. La proibizione alle donne di accedere al sacerdozio saltava in aria. Era l’abolizione della sacra distinzione fra clero e laicato.
Compartecipazione al governo della Chiesa
Qualcosa di simile succedeva riguardo al governo della Chiesa. Interpretando a modo loro la frase di San Pietro “Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa” (Pietro I, 2,9), i fautori delle nuove dottrine affermavano che noi e la Gerarchia siamo co-sacerdoti, co-regnanti e co-governanti.
Loro manipolavano la definizione di cosa fosse l’Azione Cattolica, “partecipazione all’apostolato gerarchico”, come se i laici partecipassero allo stesso modo delle grazie proprie alla Gerarchia. Tutto camminava verso l’affermazione che nella Chiesa non c’è differenza fra clero e laicato. Si voleva cancellare la visione della Chiesa come una società gerarchica. I laici dovevano occupare spazi finora riservati al clero. Dicevano: “È finito il tempo in cui i sacerdoti, i vescovi e i Papi comandavano sui laici. Anche nella Chiesa deve regnare la piena libertà, uguaglianza e fraternità. Questa è l’era del popolo, e noi siamo il popolo della Chiesa”.
Nella loro concezione, i sacerdoti e i vescovi continuerebbero a esistere, ma con compiti quasi di rappresentanza. I laici dovrebbero avere totale indipendenza per decidere sulle cose della Chiesa.
Una visione panteista della Chiesa
Ai novatori piaceva molto usare l’espressione “Corpo Mistico di Cristo”. Per loro, ciò non era una metafora per indicare una realtà soprannaturale, ma una vera incorporazione fisica in qualcosa di mistico. Serpeggiava una visione panteistica della Chiesa, che tendeva a concepire Dio come immanente nei fedeli.
Immunità al peccato originale
A queste dottrine teologiche si sommavano altre che toccavano il campo morale.
I fautori della nuova corrente affermavano apertamente che i membri dell’Azione Cattolica potevano frequentare ambienti moralmente sospetti, e perfino luoghi di perdizione, senza pericolo per la loro salvezza. L’unica condizione era aver presso prima la Comunione, perché così “si portava il Cristo” in quei luoghi. Quindi: la mattina Santa Messa, Comunione e qualche preghiera, e poi la sera si poteva andare in qualsiasi locale di vita notturna.
Implicita in tale approccio c’era la dottrina che la Comunione eucaristica in qualche modo “vaccinava” contro ogni tentazione. Nella loro concezione, i militanti dell’Azione Cattolica erano in tal modo “sacralizzati”, avevano tali grazie nuove e avevano una tale partecipazione alla Gerarchia che quasi non avevano più la possibilità di peccare.
Frequentando i locali di vita notturna, facevano anzi un atto di virtù poiché “portavano il Cristo”. Affermavano che, in qualche modo, le persone che stessero con loro – per esempio una ragazza che ballasse con un membro d’Azione Cattolica nella discoteca – in qualche modo ricevevano anche loro “il Cristo”, quasi per contagio.
Sarebbe questa la formula per conquistare il mondo moderno. Non bisognava uscire dal mondo, come consigliavano le associazioni religiose tradizionali, bensì entrare nel mondo fino a confondersi con esso.
Taluni ambienti proponevano perfino una visione mistico-sensuale, nella quale atti contrari alla morale potevano essere praticati a patto che fosse con “sincerità”, “innocenza” e “semplicità”.
In fondo, le nuove idee costituivano un tentativo di adattare il cattolicesimo ai sistemi filosofici e ai costumi del secolo.
Non sarebbe difficile dimostrare che il misticismo panteista e non razionale che caratterizza tanti sistemi filosofici moderni abbia influenzato profondamente il movimento ideologico di questi novatori. D’altronde, la morale moderna, che favorisce il libero corso degli istinti e disprezza ogni controllo che su di essi possano esercitare l’intelligenza e la volontà, influenzò pure, e profondamente, le concezioni di questi novatori.
Un’ampia libertà di costumi
Accusando le associazioni cattoliche tradizionali di essere “antiquate” e di praticare una “purezza farisaica”, i novatori predicavano un’ampia libertà di costumi. Favorivano, per esempio, la promiscuità fra i sessi durante le feste e le gite, accettavano le nuove mode ultrasuccinte. Secondo loro, i problemi della sessualità non andavano trattati solo dai confessori o da guide spirituali, ma apertamente, in convegni e incontri per ambedue i sessi.
Dicevano che la “smania della moralità” doveva scomparire. La Chiesa esisteva non per custodire la morale, ma per buttarsi nell’apostolato.
Accompagnava questo approccio un nuovo tipo umano, non più serio, maturo e diligente, ma eternamente sorridente, buonista, spensierato e festaiolo.
Negazione del carattere militante della Chiesa. Ecumenismo
La visione dei novatori, come abbiamo visto, implicava una virtuale negazione del peccato originale e delle sue conseguenze. Nel libro In difesa dell’Azione Cattolica io denunciai questo errore come il punto di partenza di un certo ecumenismo. Tale ecumenismo presuppone che, se io stabilisco con gli eretici e gli scismatici rapporti amichevoli e addolciti, costoro finiranno per convertirsi.
L’apostolato dovrebbe, perciò, essere ecumenico: mai una discussione, mai una polemica. Il sorriso sarebbe il veicolo naturale della grazia divina. Mai dire a qualcuno che è nell’errore o che tal modo di procedere è contrario alla Legge di Dio. No! Dobbiamo sorridere, sorridere, sorridere…
In questa luce, il carattere militante della Chiesa non avrebbe più ragion d’essere. L’atteggiamento della Chiesa dovrebbe essere conciliante, facendo sì che tutte le persone di buona volontà si uniscano. A forza di irradiare amore, amore, amore, la malvagità umana finirebbe per sciogliersi. Non dobbiamo mai combattere. La lotta è fondamentalmente sbagliata.
Una nuova arte sacra stravagante
Una cosa che mi colpiva dei novatori era il sostegno che davano alle manifestazioni più audaci e stravaganti dell’arte sacra, e a una certa letteratura erotico-mistica molto perniciosa.
Lotta di classe
Serpeggiava anche nell’Azione la tendenza di favorire quasi esclusivamente le classi operarie. Questo impulso proveniva specialmente dalla JOC (Gioventù Operaria Cattolica).
Si tendeva a promuovere preferenzialmente i movimenti operai perché, si diceva, le classi dirigenti avevano perso ogni prestigio. Anzi, la stessa esistenza della classe aristocratica e borghese era una sorta di cancro della società. Bisognava farla finita con queste classi. C’era, quindi, una certa tendenza a favorire la lotta di classe.
Io ero un entusiastico partigiano dell’organizzazione delle classi popolari secondo lo spirito della Chiesa, ma mi opposi categoricamente a questa tendenza ugualitaria. Secondo me, bisognava proprio fare apostolato nelle classi elevate affinché esse potessero guidare verso il bene quelle popolari.
Bilancio finale: una nuova “chiesa” infiltrata nella Chiesa
In sintesi:
– Eravamo in presenza di una nuova religione, ottimista, allegra, permissivista e soddisfatta, fondata sull’idea che, se lasciato in piena libertà, l’uomo tende naturalmente al bene.
– Quasi come una spada nascosta nel fodero, i novatori nascondevano le loro dottrine. Era come una nuova “chiesa” infiltrata nella Chiesa.
– I novatori predicavano una rivoluzione per la Chiesa simmetrica a quella che la Rivoluzione francese era stata per la società.
– Tutto ciò presagiva sviluppi che avrebbero portato a esplosioni sempre più radicali.
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Fonte: Minha Vida Pública. Compilação de relatos autobiográficos de Plinio Corrêa de Oliveira, Artpress, San Paolo 2015, pp. 196-203
Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.