La lettera di ringraziamento delle monache agli amici benefattori
Carissimi amici e benefattori,
dopo gli interventi di Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Carlo Maria Viganò sulla vicenda che ha coinvolto il nostro Monastero, abbiamo ricevuto da molti di voi aiuto materiale e parole di conforto. In tanti ci chiedete quale sia la nostra situazione attuale.
La notizia più importante è che siamo ancora a Pienza – con buona pace del Sindaco – nell’ambitissimo ex-Seminario affacciato sulla Val d’Orcia, e che il tentativo di seminare divisioni e dissidi tra di noi è andato a vuoto: grazie a Dio, queste prove ci hanno strette attorno alla nostra Badessa Madre Diletta e alla Priora Madre Margherita.
Per il resto, non avendo ricevuto alcuna risposta da parte della Congregazione per i Religiosi alle Remonstrationes degli ultimi decreti, ci siamo rivolte al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, il quale ha accettato il ricorso del Monastero: siamo ora in attesa di conoscere l’esito del processo.
La Diocesi e la Chiesa locale continuano ad avere un atteggiamento ostile nei nostri confronti. I pochi contatti con sacerdoti diocesani hanno avuto come scopo di indurci a piegarci alle ingiuste decisioni della Santa Sede, senza nemmeno cercare di comprendere quale fosse la reale situazione o se avessimo bisogno di qualcosa. Siamo ignorate come un fastidioso corpo estraneo, non solo da parte del Clero pientino, ma anche da colui che dovrebbe essere per noi Padre e Pastore, il nostro Vescovo-Cardinale: non l’abbiamo mai né visto né sentito dall’inizio della nostra vicenda. Ci trattano come se fossimo “un problema da risolvere”, tanto che – se non fosse per dei sacerdoti che vengono da fuori Regione – non ci verrebbero amministrati i Sacramenti e la Santa Comunione nemmeno nei giorni di precetto. E questo dovrebbe far comprendere quali siano le priorità di chi, preposto al bene delle anime, trascura deliberatamente l’assistenza spirituale di alcune pecorelle del proprio gregge, e con essa anche il dovere di assistenza materiale. Lo comprendiamo bene: il nostro Monastero non è remunerativo come potrebbe esserlo un centro di accoglienza per profughi o un prestigioso resort. Rimane da comprendere con quale serenità costoro si presentino quotidianamente all’altare.
Ma se sul fronte ufficiale vige la più spietata indifferenza, siamo rimaste commosse dalla generosità di tante persone che si sono mobilitate per assisterci: chi viene a portarci la spesa o i farmaci, chi ci lascia dei fiori in giardino, chi ci scrive con affetto, chi ci commissiona piccoli lavori, chi ci viene a trovare e chi ci sostiene con delle offerte. Possiamo solo sperare e pregare che l’esempio di tanti laici possa toccare l’anima dei Prelati e dei chierici, facendo loro comprendere che il paradiso non si conquista con vuoti proclami, ma con le buone opere.
Noi, per quello che possiamo e che ci è consentito dalla situazione presente, continuiamo a vivere la nostra vita benedettina, pregando e lavorando. Questo è stato certamente un momento di grande sofferenza per noi, specialmente a causa dell’azione inquisitoria e intimidatoria da parte di persone preposte da Dio al servizio della Sua Chiesa. Siamo state calunniate, abbandonate da molti amici e parenti, tradite dai nostri Pastori, per i quali la brama di denaro si accompagna all’evidente volontà di eliminare chiunque voglia essere fedele alla Tradizione, alla Dottrina immutabile insegnata da Nostro Signore agli Apostoli, alla Messa di sempre e alla spiritualità monastica. Ma non avviene, anche nel mondo, la stessa cosa? Chi è fedele al proprio dovere è accusato pretestuosamente, mentre chi distrugge e corrompe l’istituzione in cui opera è non solo tollerato, ma anzi incoraggiato e premiato. Il sovvertimento è generale, perché generale è il tradimento dell’autorità. Il Signore ci invita a pregare per loro e a offrire le nostre sofferenze per la salvezza delle loro anime e a beneficio della Chiesa tutta.
Nell’evolversi di questa vicenda dolorosa vediamo con gioia operare la Grazia di Dio: tutti i tentativi di dividerci, di ricorrere alla menzogna e alle calunnie per esautorare la Badessa e la Priora, di sovvertire gli organi di governo del Monastero hanno ottenuto l’esito opposto: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, insegna il detto popolare. E quel che bolliva nei calderoni della Curia di Pienza e del Dicastero romano si è rivelato nella sua desolante evidenza: una squallida operazione immobiliare da un lato, e una perfida azione contro la nostra Religione dall’altra. Di questo fallimento dell’attacco subìto non dobbiamo certo ringraziare noi stesse, ma la forza che ci è venuta da Dio, che ci ha guidato nella nostra ferma opposizione ad un sopruso e ha scoperto i piani di chi voleva liberarsi di noi, quasi temesse l’effetto delle nostre preghiere o che il nostro caso potesse essere preso ad esempio da altre Comunità non meno perseguitate della nostra. Immaginate quanto può essere traviata un’anima sacerdotale che vede come il fumo negli occhi delle Monache che assistono alla Messa tradizionale e che seguono la Regola di San Benedetto. È principalmente per loro che offriamo tutte le nostre prove, e invitiamo le persone che ci sono vicine a pregare il Signore perché converta questi Pastori e faccia loro riscoprire quant’è bello “fare la Carità nella Verità”, come insegna l’Apostolo.
A tanti nostri confratelli e consorelle, che ancora sperano illudendosi che non vi sia una crisi o che essa sia solo momentanea, chiediamo di guardare con realismo a quanto sta accadendo nella Chiesa e alla Gerarchia e di non lasciarsi intimidire dagli abusi di potere dei mercenari, perché ad essi non importa delle pecore (Gv 10, 13). Quanto accade a noi è già accaduto, sta accadendo e accadrà a molte altre comunità religiose: sono soprattutto quelle i cui casi non meno conosciuti, che possono comprendere quale sia il nostro stato d’animo dinanzi a un attacco che ha qualcosa di diabolico. Ma oltre ai Conventi e ai Monasteri perseguitati, ci sono tanti sacerdoti, per i quali la solitudine e il senso di abbandono è ancora più difficile da affrontare, specialmente quando il loro ostracismo è motivato dalla loro fedeltà a Cristo. Ma ciascuno di noi deve in coscienza reagire alla tirannide che va instaurandosi nella Chiesa, perché una risposta corale e determinata potrà dimostrare anzitutto che essa non è né condivisa né voluta dalla maggioranza dei fedeli, e in secondo luogo che l’apostasia presente può essere arginata solo con un ritorno a Nostro Signore senza condizioni. Per troppo tempo abbiamo anteposto noi stessi a Gesù Cristo, il dialogo con il mondo al dovere di evangelizzare tutte le genti, come Egli ha comandato. Ma come farlo, quando si è soli, distolti dalla preghiera e dal raccoglimento a causa di eventi che nulla hanno di spirituale? Come farlo, quando si è privati dei Sacramenti, della consolazione della Messa, del nutrimento del Pane eucaristico?
Vorremmo dire a tutti che, come il Signore ha aiutato noi, così Egli aiuterà certamente tutti coloro che non si arrenderanno e non cederanno ai compromessi. Il Signore ci ha chiamato, nella professione religiosa, a uno stato di perfezione che chiede grandi prove, come l’oro dev’essere purificato nel crogiolo. A ciascuno di noi, in quanto religiosi o chierici, il Signore chiede fedeltà nel poco, per essere fedeli nel molto (Mt 25, 21). Se oggi affrontiamo questa battaglia, è perché vogliamo essere un segno di speranza e di incoraggiamento a tanti che come noi credevano di essere soli. Vogliamo mostrare come nonostante le nostre infermità, i nostri limiti, le nostre fragilità il Signore si degna di darci forza e ci protegge, ponendo al nostro fianco anime buone. E questo vale anche per tutti coloro che si trovano nella nostra medesima situazione. Nel silenzio della Clausura, anche tra religiosi vi è uno scambio di corrispondenza e molti, con grande nostra consolazione, ci hanno testimoniato il loro appoggio spirituale. Il nostro ruolo di contemplative è pregare e fare penitenza per la Chiesa: questo compito è per noi vitale, e lo offriamo per tutti i nostri confratelli e le nostre consorelle nella Chiesa, perché la loro e la nostra perseveranza sia per noi occasione di Carità nella professione dell’unica Fede.
Permetteteci di esprimere pubblicamente i nostri ringraziamenti, anzitutto a Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Carlo Maria Viganò, nel quale abbiamo trovato un padre e un pastore della Chiesa di Cristo cha ha grande cura di noi e che ci ha difeso e sostenuto in questa battaglia per la Verità e la Giustizia.
Grazie pure a quei Sacerdoti che non hanno avuto paura delle ripercussioni e ci hanno assistito da veri pastori: un giorno la Chiesa onorerà questi silenziosi eroi del nostro tempo. Siamo molto riconoscenti ai nostri avvocati che ci seguono e ci difendono con fede e generosità. Un grazie anche ai giornalisti seri e professionali che hanno fatto conoscere con completezza la nostra vicenda e non si sono piegati ai diktat del pensiero unico. Grazie a tutti voi che continuate a sostenerci così amorevolmente.
Nostro Signore ha detto: «Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41); pensate voi quale sarà la vostra ricompensa per l’aiuto morale, spirituale, materiale che ci state dando. A tutto questo noi rispondiamo riconoscenti assicurandovi le nostre preghiere, chiedendo a Dio di elargirvi grazie e benedizioni copiose.
Tutti i nostri ringraziamenti si congiungono nel grazie più alto al Nostro Signore e Sposo Gesù Cristo, che ci ha trovate degne di soffrire con Lui e per Lui. Al divino Sposo, Signore e Re ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli.
Madre Diletta e Comunità
3 giugno 2023
Sabato delle Tempora di Pentecoste