Lettera / Sull’esempio del professor Seifert
di Vincenzo Rizza
Caro Aldo Maria Valli,
davvero bella e commovente la lettera del professor Josef Seifert, che opportunamente hai tradotto per Duc in altum [qui].
Un esempio di chiarezza, rigore e compostezza, che non dimentica la necessità del rispetto e dell’amore filiale non solo nei confronti della Chiesa ma anche del Santo Padre e dei vertici ecclesiastici.
In ogni parola si legge l’amarezza nel constatare il declino della situazione che oggi viviamo, descritta con lucida e mirabile sintesi. Un appello sofferto e coraggioso di chi, tuttavia, non ha ancora perso la speranza e lotta per amore della Verità, confidando in una conversione dei cuori e in un cambiamento di rotta, sempre possibile.
Tante volte ho sentito dire, con rassegnazione, “tanto i Papi passano e passerà anche Francesco”: un modo per (auto)giustificare il silenzio, attendendo tempi migliori. Non è questo, tuttavia, che ci è richiesto. Siamo tutti chiamati (anche se deboli e peccatori) a essere testimoni della Verità e del Vangelo.
La correzione al Santo Padre (che come tutti noi può sbagliare) non deve essere vista e vissuta come un gesto di superbia e presunzione, ma come un gesto d’amore nei suoi confronti, affinché ci sia piena comunione con i fedeli confermati nella Fede, pregando sempre non solo per lui e per la sua conversione (laddove sia in errore), ma anche perché il Signore ci mostri la vera luce.
Tante volte mi interrogo: e se fossi io in errore? E se il Santo Padre ci stesse indicando la retta via?
La mia coscienza mi dice di no, e questo mi è sufficiente per continuare a lottare nel mio piccolo. Ricordo sempre a me stesso, tuttavia, che ogni giorno commetto un’infinità di errori su questioni insignificanti, e non ho, quindi, almeno spero, la presunzione di sostituirmi al Verbo e di ritenere che sia io il depositario della Verità. Di qui la necessità di affidarmi al Signore perché mi illumini sempre.