di Investigatore Biblico
In questo articolo ci addentriamo nel Vangelo di Marco e precisamente in Mc 12,26, mettendo a confronto come sempre la traduzione 2008 con le precedenti.
Cei 1974: “… Non avete letto nel Libro di Mosè, a proposito del Roveto…” (Mc 12,26)
Vulgata: “… non legistis in libro Moysis super Rubum…” (Mc 12,26)
Cei 2008: “… non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del Roveto…” (Mc 12,26)
Prima di proseguire, vi invito ad addentrarvi nel passo, rileggendolo per intero.
Dei sadducei domandano a Gesù di una donna che ha avuto sette mariti: chi sarà il marito, dopo la risurrezione, nel regno dei cieli; ella che, deceduto il primo marito, ne sposa il secondo fratello, poi il terzo, fino al settimo?
Il Signore risponde: “Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe?” (Cei 1974).
Ed è su quel “a proposito” che mi voglio soffermare, per esorcizzare un brutto viziaccio che ho visto già proferire in passato. Prima, però, il greco: “οὐκ ἀνέγνωτε ἐν τῇ βίβλῳ Μωϋσέως ἐπὶ τοῦ βάτου”
Letteralmente:
ouk: non
ἀνέγνωτε: avete letto
ἐν τῇ βίβλῳ Μωϋσέως: nel Libro di Mosè
ἐπὶ τοῦ βάτου: sopra (a proposito) il roveto
Cei 2008 utilizza il termine “racconto”. Peccato che in tutte le traduzioni precedenti il termine non esista. Una licenza poetica?
Sarebbe stato più appropriato, a mio parere, se proprio era necessario “colorare la frase”, utilizzare termini quali visione, apparizione, esperienza, fatto. Perché di un fatto stiamo parlando, cari lettori, realmente accaduto, per chi crede.
Partiamo, appunto, dal presupposto che ciò che viene descritto nei libri su Mosè è accaduto davvero. Altrimenti la nostra Fede si fonda sulle favole.
Per questo non voglio parlare solo di errore di traduzione, ma di sabotaggio linguistico e teologico.
Troppe volte ho sentito omelie o frasi proferite da chi è tenuto a custodire la Fede, tese a dipingere prodigi, miracoli e altri contenuti delle Scritture come meramente simbolici o semplici immagini educative. Gesù stesso si è servito delle parabole, ovvero di storie utili a spiegare un concetto teologico o morale.
Ma, quando il Signore cita il roveto, correttamente era stato tradotto dai testi pre-Cei 2008: a proposito, in merito a, riguardo a …
Al contrario, utilizzare (inserendolo da nuovo) il termine racconto conferisce all’immagine del roveto qualcosa di paragonabile ai miti dell’antica Grecia: favole, appunto, racconti.
Se siamo credenti, dobbiamo credere fermamente che i testi biblici non sono frutto di un’invenzione, considerando che in questo preciso caso si narra di Dio che si palesa al servo prescelto Mosè, in preparazione dei fatti successivi, che sono il fondamento della Legge e tutto quello che ne segue.
Nuovamente mi trovo perplesso nel trovare continue scelte licenziose nella traduzione dei Testi Sacri, e la cosa mi preoccupa.
Mi preoccupa la mancanza di serietà, di devozione, unita alla faciloneria con cui è stata modificata una traduzione assolutamente recente (il 1974 non è certo il 1174).
Traduzione nella quale la lingua italiana, rispetto al 2008, non aveva subito alcuna modifica epocale. E lo stesso vale oggi, dopo quindici anni di pubblicazione.
È naturale che se leggiamo la Bibbia di Martini di epoca Settecentesca potremmo incontrare qualche difficoltà di comprensione.
Ma dopo questi tre anni di blog, proprio questo vado a pensare e a domandare: perché si è deciso di rinnovare il testo nel 2008? Quali miglioramenti sono stati portati? Quale la necessità, visto e considerato che il testo degli anni Settanta è perfettamente comprensibile e l’italiano è per il 99,9% rimasto immutato? Lo scopo era modificare l’interpretazione dei significati, negando alcuni dei precedenti (per esempio modifica del Padre nostro)?
Che piaccia o no, tornando al nostro indizio di oggi, l’esperienza del roveto ardente è un fatto, per chi crede. Per chi crede è e deve essere un fatto storico. Non di certo una storiella o un artificio letterario.
Anche questa modifica del 2008, ahimè, ha tutto un sapore pseudo protestante: incanalare i miracoli della Bibbia all’interno dei “generi letterari” (si veda Bultmann, Renan, Martin Dibelius, ecc.).
A tal proposito, in chiusura, lascio in calce il suggerimento di un interessante articolo di padre Carlos Pereira, in tema di rischi, limiti e danni del metodo storico-critico dell’interpretazione della Parola di Dio.
In quanto a Mc 12,26, se i traduttori della Cei 2008 hanno voluto raccontarci, con un termine inserito da nuovo, che il roveto sarebbe solo un racconto, mi spiace per loro ma non ci sono riusciti. Mosè c’era e ci assicura che non era una favola.
Fonte: investigatorebiblico.wordpress.com