Prendiamoci cura dei nostri sacerdoti
di The Wanderer
La Chiesa sta attraversando una crisi raramente vista nella sua storia, e le crisi non sono mai gratuite. Hanno un costo, che in questo caso è sostenuto dalla totalità dei suoi membri ed è rappresentato da umiliazioni, cancellazioni, persecuzioni, a volte spietate e a volte nascoste, generalmente procurate da coloro che dovrebbero essere il riferimento e la guida del gregge.
In questi casi ognuno cerca di resistere come può. Noi laici siamo quelli che paghiamo un prezzo più basso: il nostro stesso status ci impone obblighi e doveri che ci allontanano in gran parte dal fragore della lotta. La cura della famiglia, la professione e le occupazioni abituali di ogni persona che vive nel mondo ci collocano in territori a loro modo più tranquilli. Insomma, un laico può essere sottomesso, nel peggiore dei casi, alla moglie o al marito, alla suocera o ai genitori, ma non sarà mai sottomesso a un vescovo, a un priore o a un provinciale, che spesso sono i superiori più crudeli.
Ecco perché insisto sulla necessità di prendersi cura dei sacerdoti, che sono la parte più fragile dell’intero meccanismo. E lo sono perché il dovere del proprio stato li obbliga a stare perennemente nell’occhio del ciclone, senza potersi allontanare dal vortice, come invece possiamo fare noi laici. Devono farlo, inoltre, sopportando tutte le difficili condizioni proprie del loro stato: la solitudine raramente compensata dall’amicizia dei confratelli; il senso di vuoto, quasi permanente nella loro vita, a cui li porta l’esercizio del ministero in un mondo così lontano da Dio e in una Chiesa collusa con quel mondo; la fragilità emotiva che questa situazione provoca; la precarietà economica, soprattutto in Paesi come il nostro [l’Argentina, N.d.T.], dove i preti sono veramente poveri; l’agitazione permanente tra il desiderio di rimanere fedeli a Dio e alla Tradizione e, allo stesso tempo, la necessità di sottomettersi ai capricci del loro vescovo e alla frenesia pastorale cui sono sottoposti. Ciò accade ai sacerdoti di tutte le diocesi argentine, dalle più piccole alle più grandi; capita ai sacerdoti spagnoli e accadrà anche ai sacerdoti di tutti i Paesi di quella che una volta era la Cristianità. Lo so perché molto spesso mi scrivono via e-mail semplicemente per raccontarmi le loro storie dopo che si sono sentiti identificati con qualcosa che ho scritto nel blog.
Qualche giorno fa, le monache benedettine di Pienza, perseguitate negli ultimi mesi dal loro vescovo e dalla Santa Sede (il valore del loro monastero, che si trova in un contesto di bellezza privilegiata, è di diversi milioni di euro), hanno scritto una lunga lettera in cui, tra l’altro, affermano:
Ma oltre ai Conventi e ai Monasteri perseguitati, ci sono tanti sacerdoti, per i quali la solitudine e il senso di abbandono è ancora più difficile da affrontare, specialmente quando il loro ostracismo è motivato dalla loro fedeltà a Cristo. Ma ciascuno di noi deve in coscienza reagire alla tirannide che va instaurandosi nella Chiesa, perché una risposta corale e determinata potrà dimostrare anzitutto che essa non è né condivisa né voluta dalla maggioranza dei fedeli, e in secondo luogo che l’apostasia presente può essere arginata solo con un ritorno a Nostro Signore senza condizioni. Per troppo tempo abbiamo anteposto noi stessi a Gesù Cristo, il dialogo con il mondo al dovere di evangelizzare tutte le genti, come Egli ha comandato. Ma come farlo, quando si è soli, distolti dalla preghiera e dal raccoglimento a causa di eventi che nulla hanno di spirituale? Come farlo, quando si è privati dei Sacramenti, della consolazione della Messa, del nutrimento del Pane eucaristico?
Ciò che le suore affermano è fondamentale. Non possiamo fare a meno dei sacerdoti perché non possiamo fare a meno dei sacramenti. Possiamo fare a meno dei vescovi, che vediamo di tanto in tanto, ma non dei sacerdoti che frequentiamo, e di cui abbiamo bisogno, ogni giorno o ogni domenica. Ecco perché, in questo momento cruciale, difficile e doloroso che la Chiesa sta attraversando, credo che sia una responsabilità particolarmente delicata quella che spetta a noi laici: accompagnare e sostenere quei sacerdoti che, nel loro intento di rimanere fedeli alla fede e alla tradizione degli apostoli, vengono vessati da tutte le parti. Ognuno saprà come fare; non si tratta sempre di un aiuto economico, che pure è possibile, ma di amicizia, vicinanza e gratitudine, perché senza di loro saremmo perduti.
Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com
Traduzione di Valentina Lazzari
Titolo originale: Cuidemos a los curas