di don Marco Begato
Riprendiamo lo scritto di san Giovanni Bosco in cui viene presentata in modo completo, seppur divulgativo, la dottrina sulla santa Messa.
Nella parte finale del brano che stavamo leggendo, troviamo dei paragrafi che operano una sintesi teologica, andando a condensare in poche righe l’insegnamento teologico complessivo relativo al sacramento dell’altare.
“Dalle cose fin qui dette risulta ancor chiaro, che la Messa è essenzialmente lo stesso sacrifizio che Gesù Cristo offrì sulla Croce, e in ciò solo si differenzia, che quello fu cruento cioè sanguinoso, questo è incruento, cioè senza spargimento di sangue. Tanto nell’uno quanto nell’altro vi ha la medesima vittima, il medesimo offerente Gesù Cristo. In croce Gesù Cristo offrì sè medesimo al suo celeste Padre in remissione dei nostri peccati; nella s. Messa offre parimenti se stesso per noi per mezzo del sacerdote. Onde questi non pronunzia già le miracolose parole della consacrazione in persona propria, ma a nome di Gesù Cristo; non dice: questo è il Corpo di Cristo, ma questo è il mio Corpo. Perciò Gesù Cristo è vero sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedecco. Egli è che quotidianamente per mano de’ sacerdoti offre sui nostri altari il sacrosanto sacrifizio della sua carne e del suo sangue sotto le specie di pane e di vino. A questo proposito dice s. Tommaso d’Aquino: Non potendo alcuno in veruna circostanza rappresentare la persona di un altro senza averne prima ottenuta l’autorità, Gesù Cristo autorizzò alcuni, i soli apostoli e loro successori, i sacerdoti, per essere i veri ministri di questo sacrifizio eucaristico. Imperocchè a loro soli ha detto: fate questo in memoria di me”.
Dell’insegnamento tradizionale fa parte l’elaborazione del dogma della transustanziazione.
“È chiaro altresì che la dottrina della transostanziazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Gesù Cristo, e la credenza nella presenza reale e permanente di lui sono i fondamenti del dogma della s. Messa. Questa dottrina e la fede nella presenza reale ricavasi apertamente dalle parole di Cristo agli apostoli, e dal costante sentimento della Chiesa, la quale cominciando dagli immediati discepoli del Salvatore ha sempre creduto così. Questo pensiero deve essere per ogni anima cristiana feconda sorgente di profondissima divozione. Imperciocchè dopo diciannove secoli si trova Gesù nella SS. Eucaristia presente non già per simbolica ricordanza, ma in persona, vivo, e in tutta la pienezza di sua grazia, del suo amore. Egli vi si trova Dio e Uomo in istato di vittima, quale avvocato, pregando l’Eterno suo Padre che guardi benigno il suo popolo pentito. Egli vi si trova per ottenere misericordia e perdono dei peccati, specialmente a quelli, che a lui di cuore si rivolgono”.
L’ultimo grande insegnamento riguarda poi la natura espiatoria della Messa, elemento che oggigiorno è molto utile riprendere e apprendere, essendo un tema poco frequentato nella cultura contemporanea.
“Il grande valore e l’eccellenza della s. Messa si può da ognuno scorgere di leggieri. Se Gesù Cristo è la vittima e l’offerente supremo, certamente la s. Messa riesce gratissima a Dio. Se per mezzo di altri sacrifizi gli dimostriamo già il nostro rispetto, adorazione e riconoscenza, perchè lo riconosciamo supremo Padrone e Datore di ogni bene, la s. Messa qual sacrifizio del suo dilettissimo Figliuolo riesce indubitatamente un sacrifizio di infinito gradimento l’atto più grande di religione, l’adorazione più rispettosa, un contracambio infinito. Perocchè noi offriamo al celeste Padre in adorazione e riconoscenza il suo Figliuolo in qualità di vittima, e accompagniamo quest’infinita offerta con sentimenti personali di ossequio e di gratitudine. E quindi si comprende eziandio che la s. Messa deve essere un sacrifizio espiatorio pei vivi e pei defunti. Gesù Cristo in vero offri se medesimo in croce pei nostri peccati, e questa offerta viene rinnovata nella s. Messa. In verità per quel che è del peccato veniale, s. Tommaso scrive così: l’essenza di questo sacramento è l’amore, il quale non solo naturalmente si eccita, ma anche si esterna per mezzo di questo sacramento; pel qual atto di amore i peccati veniali restano perdonati. Riguardo poi ai mortali, la virtù del s. Sacrifizio è solo indiretta in quanto che muove Iddio a concedere le grazie del pentimento a coloro pei quali viene offerto. Inoltre essendo il valore e l’efficacia della Messa infinita in virtù dei meriti di Gesù Cristo, questo sacrifizio rende la migliore soddisfazione che possa immaginarsi alla divina giustizia per i peccati nostri e pei peccati di coloro, che sono già nell’altra vita. Perciò nella s. Messa si prega il Signore che in vista del sacrifizio di Gesù Cristo egli voglia perdonare ai vivi e ai defunti la pena dovuta per li peccati. Onde consegue che la s. Messa sia anche un sacrifizio eminentemente espiatorio”.
Terminata l’istruzione teorico-catechetica, si vanno a indicare dei consigli utili a entrare in relazione col mistero della Messa e a vivere adeguatamente il rito della stessa.
“In tutte le circostanze della nostra vita interna ed esterna, fauste ed infauste, noi sempre possiam metterci in relazione colla s. Messa, a fine d’impetrare, pei meriti di Gesù Cristo, grazia, consolazione e conforto nei patimenti, felicità per noi e per altri ecc. Tutto quello che chiederete al Padre in nome mio, vi sarà concesso, dice Cristo medesimo. Questi sono i grandi effetti che derivano direttamente dalla s. Messa, i quali scaturiscono unicamente dalla virtù di Gesù Cristo, nè perdono nè guadagnano dall’indegnità o dalla santità del sacerdote”.
Sulla base di tali considerazioni teologico-spirituali don Bosco fonda le sue raccomandazioni pastorali. In primo uogo, un mistero tanto grande chiede di essere cercato assiduamente dai fedeli.
“Queste osservazioni sulla s. Messa devono animare potentemente ogni fedele ad assistervi non solo nei giorni festivi, ma ancora nei dì feriali, per quanto lo permettono i doveri del suo stato”.
Ma ugualmente il cristiano deve essere istruito in modo da poter pienamente comprendere e quindi aderire al senso delle cerimonie, la cui prima ricchezza è quella di poter vantare una continuità solida e appurata con i riti celebrati dai cristiani fin dalle origini della Chiesa.
“Giova poi il sapere, che le varie cerimonie e preghiere di cui si compone la s. Messa, quanto alla sostanza, sono antiche quanto il cristianesimo, come ce lo dimostra la storia ecclesiastica; cosicché le preghiere e le cerimonie che si usano oggidì nella s. Messa sostanzialmente sono le stesse, che si usavano nei tempi apostolici”.
Ai fedeli don Bosco spiega anche la struttura della celebrazione, dividendola in tre momenti fondamentali.
“Le une formano come l’apparecchio della Messa e sono:
1° L’introito, il quale esprime una lode al Signore, e consiste in un versicolo tratto dai salmi, o da alcun altro libro della s. Scrittura.
2° Il Kirie, con cui confessiamo la nostra reità e preghiamo Iddio ad usarci misericordia.
3° Il Gloria, nel quale ci solleviamo col pensiero alla gloria celeste e alla patria dei santi.
Per altro nei tempi di tristezza e nelle messe pei defunti il Gloria si tralascia, come anche nelle messe feriali e votive, perchè in queste Messe dobbiamo solo pensare alle nostre infermità, a piangere i nostri peccati, o a suffragare le anime dei nostri trapassati.
4° Le Collette, ossia Orazioni, nelle quali il sacerdote a nome della Chiesa prega pel popolo presente, acciocchè per la bontà di Dio e per l’intercessione dei santi, dei quali si fa memoria, sia fatto degno di partecipare ai santi misteri.
5° L’Epistola ed il Vangelo sono letti dal sacerdote ad istruzione del popolo, al quale vengono spiegati nelle Messe parochiali nei giorni festivi.
6° L’Offertorio in cui il sacerdote dopo avere recitate alcune parole di lode a Dio, fa a Dio in nome suo e del popolo la offerta del pane e del vino.
7° Il Prefazio, il quale è un invito che il sacerdote fa al popolo perchè sollevi la mente e il cuore a Dio per prepararsi al grande miracolo che sta per compiersi nella consacrazione del pane e del vino.
Le altre formano come il corpo della Messa e sono quelle comprese nel Canone, il quale sostanzialmente si può dire ordinato dagli stessi Apostoli. Ora nel Canone si distinguono le seguenti parti principali:
1° Il sacerdote prega per tutta la Chiesa, pel sommo Pontefice, pel vescovo e per tutti i fedeli in comune.
2° Fa il Memento, ossia la commemorazione dei vivi, pregando solo nel segreto della sua mente per quelle persone in particolare di cui esso intende fare una menzione speciale.
3° Fa la commemorazione di Maria SS., degli Apostoli, e dei Martiri principali dei primi tempi, invocando il loro patrocinio.
4° Messe le mani sopra l’ostia ed il calice lo offre a Dio, pregando che questi elementi vengano transostanziati nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo.
5° Fa la consacrazione del pane, proferendo le parole: Questo è il mio corpo, e adorata col genuflettere l’Ostia consacrata, la alza perchè sia veduta ed adorata dal popolo. Quindi consacra il vino proferendo le parole: Questo è il calice del sangue mio, della nuova ed eterna alleanza; mistero di fede, il quale sarà versato per voi e per molti nella remissione dei peccati: e adorato che ha col genuflettere il Sangue del nostro Divin Redentore, alza il Calice perchè sia veduto e adorato dagli astanti.
6° Prega l’Eterno Padre che si degni di accettare questo sacrifìcio, in sacrificio di lode, di ringraziamento e di propiziazione.
7° Prega per tutti i fedeli defunti, facendo nel segreto della sua mente menzione di alcuni in particolare.
8° Fa ancora la commemorazione di altri santi martiri.
9° Recita il Pater noster.
10°. Spezza l’Ostia consacrata in due parti, e da una di queste spicca una particella che mette nel calice.
11°. Invoca tre volte l’Agnello di Dio, cioè Gesù Cristo ad avere pietà di noi, quindi recita tre belle orazioni per apparecchiarsi alla ss. Comunione.
12°. Dette tre volte: Signore non sono degno che veniate sotto il mio tetto: cioè, che voi entriate nel mio cuore, ma dite soltanto una parola, e l’anima mia sarà salva, si comunica con ricevere il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, e poi distribuisce la Comunione ai fedeli. Quando per altro vi sono molti da comunicare, per non troppo trattenere in chiesa gli altri, si aspetta a dare la Comunione al termine della Messa. 13. Raccolti i fragmenti della SS. Eucaristia, che sono sul lino detto Corporale, li mette nel calice, e infondendo nel calice un po’ di vino, lo consuma. Quindi si purifica le dita con vino ed acqua che infonde nel calice, e li consuma.
Finito il Canone, viene la conclusione della Messa, nella quale il sacerdote
1° recita una o più preghiere per ringraziare Iddio di aver partecipato al Corpo e Sangue di G. C.
2° dà la Benedizione al popolo.
3° legge il principio del Vangelo di s. Giovanni, o qualche altro squarcio dei ss. Evangeli”.
E così, tra schemi ternari, citazioni scritturistiche e insegnamenti dogmatici, un giovanotto educato in ambienti salesiani nel XIX secolo poteva dirsi ben preparato a vivere uno dei momenti centrali della propria vita cristiana, con chiarezza nel pensiero e prudenza nella condotta.
5.continua