Ecco perché “Traditiones custodes” è un fallimento. Ma non siamo di fronte a una primavera

di The Wanderer

Nei media cattolici, non solo tradizionalisti, è diffusa una certezza: Traditionis custodes è fallita. L’ultimo tentativo fatto dagli ideologi degli anni Settanta di fermare la proliferazione della Messa tradizionale, soprattutto tra i giovani, si è rivelato inutile.

L’affermazione non è di carattere volontaristico, ma è la constatazione di una realtà che può essere formulata da chiunque abbia onestà intellettuale.

Su La Croix, giornale cattolico francese, organo non ufficiale della Conferenza episcopale francese e per nulla sospettato di essere tradizionalista, qualche giorno fa Jean Bernard ha scritto: «La questione non è più se o quando il messale del 1969 sostituirà definitivamente la Messa tradizionale. Come confermano chiaramente i risultati dell’inchiesta commissionata da La Croix sugli orientamenti dei giovani cattolici in Francia, non solo la Messa tradizionale non scomparirà, ma tutto lascia pensare che continuerà a crescere, in termini assoluti ma soprattutto in termini relativi, vista la progressiva erosione di alcune parrocchie di rito ordinario».

Ciò che si può osservare in Francia in modo amplificato sta accadendo anche nel resto del mondo. Abbiamo parlato qualche giorno fa dei pellegrinaggi di Nostra Signora della Cristianità in Spagna e in Argentina. Ci sono diocesi – ne conosco una in particolare – che se prima di Traditionis custodes avevano una sola messa domenicale in rito tradizionale oggi ne ha cinque, alcune delle quali quotidiane.

A questi dati se ne deve aggiungere un altro non secondario, e cioè l’aumento esponenziale della partecipazione alle Messe celebrate dalla Fraternità San Pio X, presente in molti luoghi in cui il clero diocesano è talmente disastrato da insistere ancora sulle iniziative fallimentari che risalgono all’epoca dell’ormai tanto chiacchierata “primavera della Chiesa”.

Sottolineo ancora una volta: la constatazione del fallimento di Traditionis custodes non è un auspicio dei tradizionalisti. Lo stesso papa Francesco, che di solito ha un buon fiuto politico, è consapevole di questa situazione. Ricordiamo che verso la fine dell’anno scorso era circolata la voce che il Dicastero per il culto divino avesse già preparato un documento che restringeva ulteriormente le possibilità di celebrare la Messa tradizionale, mirando soprattutto a soffocare gli ex istituti Ecclesia Dei. Inoltre, si parlava di una costituzione apostolica che avrebbe dato forma a questi divieti. Ebbene, quando il 21 febbraio il papa ricevette in udienza il cardinale Arthur Roche, giunto con l’obiettivo di ottenere la firma della sua costituzione anti-tradizionalista, questi se ne andò con un semplice rescritto che gli forniva nient’altro che ciò che già possedeva. In questo blog abbiamo commentato la notizia e, a distanza di quattro mesi dai fatti, il pontefice non ha avallato alcuna ulteriore misura restrittiva della liturgia tradizionale: non perché ne abbia un qualche apprezzamento, ma perché non vuole esporsi a un altro fallimento e, di conseguenza, all’indebolimento della sua autorità.

Alla luce di questa constatazione, sorgono tre domande. La prima: perché è fallita? Semplice: perché ciò che è vitale, l’autentica spiritualità, l’energia della fede, non può essere fermata a suon di motu proprio o di rescripto. Sono stati soprattutto i più giovani a sfidare inconsapevolmente le disposizioni pontificie, e i vescovi non hanno la forza di opporsi, semplicemente perché non possono disprezzare migliaia di fedeli puliti e sinceri quando le loro parrocchie e congregazioni religiose sono già entrate nell’agonia che precede la morte. Sarebbe inutile che il papa di Roma, con tutta la sua autorità, stabilisse che le mele, invece di cadere dall’albero quando sono mature, debbano cadere quando sono verdi, o che Don Chisciotte, invece di innamorarsi di Dulcinea del Toboso, debba innamorarsi di Sancho Panza per essere conforme alla diversità dei tempi.

Oltre alla ragione metafisica dell’inutilità del volontarismo di fronte all’energia vitale, non possiamo ignorare il fatto che – Dio sia lodato! – lo stesso papa Francesco si è assunto la responsabilità di minare l’autorità pontificia così sovradimensionata fin dal XIX secolo.

La seconda domanda è sul perché la promulgazione di Traditionis custodes sia stata un errore politico.

Rispondo. In primo luogo perché mentre Summorum Pontificum permetteva ai vescovi, bandendola e cercando di soffocarla, un certo controllo sui danni che ai loro occhi la liturgia tradizionale poteva causare, ora la situazione è del tutto sfuggita al loro controllo. Userò un esempio, indubbiamente sgradevole, che tuttavia risulta chiaro. Storicamente, le società cristiane tollerarono la prostituzione. I monarchi spagnoli, Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, per tranquillizzare i loro sudditi incoraggiarono le autorità civili ed ecclesiastiche a creare bordelli municipali, e il monitoraggio della prostituzione fu esercitato con controlli medici per prevenire le malattie e la creazione di tasse come l’affitto del lupanare o “affitto del bordello”: i monarchi stabilirono che “poiché non possono combattere l’inevitabile, le autorità o i loro delegati si assumeranno il compito di organizzare e controllare i bordelli nelle città e i loro abitanti”. In questo modo si controllavano i danni che potevano essere causati da qualcosa di indesiderabile ma inevitabile. Altrimenti si sarebbero verificati stupri, adulteri, litigi, malattie, ecc. Non credo sia necessario soffermarsi troppo a lungo sull’analogia con il tema in questione. I vescovi hanno perso il controllo e quello che secondo loro è un male indesiderabile ma inevitabile, ovvero la liturgia tradizionale, si è diffuso senza controllo in gran parte dell’ambiente cattolico.

Da ultimo, la constatazione del fallimento di Traditionis custodes potrebbe indurre alcuni a credere che siamo alla vigilia di una nuova e vera primavera; che il rito romano tradizionale sarà ripristinato in tutti i templi cattolici e che finalmente torneremo ai giorni di gloria del “regno sociale” di Cristo. Ebbene, credo di essere realista se dico che nessuna di queste cose accadrà. Il processo di dissoluzione di quello che un tempo era il cristianesimo è irreversibile; la Chiesa, chiunque sia il prossimo sommo pontefice, continuerà con i suoi discorsi ambigui, i suoi amoreggiamenti sempre più scandalosi con il mondo, e la liturgia manipolata da Paolo VI rimarrà la liturgia ufficiale della Chiesa ufficiale. Tuttavia, i germogli verdi che indicano la rinnovata vita della liturgia tradizionale assicurano che i piccoli falò attorno ai quali i fedeli cattolici si riuniranno quando le tenebre si saranno definitivamente posate sul mondo, continueranno a bruciare. E forse, un giorno, le persone cominceranno ad avvicinarsi a quei focolari e il Vangelo tornerà a permeare i loro cuori.

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Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com

Traduzione di Valentina Lazzari

Titolo originale: El fracaso de Traditionis custodes

 

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