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Scoprire l’Eucaristia con san Giovanni Bosco / 9. La Comunione frequente: suoi fondamenti

di don Marco Begato

Troviamo importanti indicazioni di don Bosco sulla Santa Comunione anche nel testo Pratiche divote per l’adorazione del SS. Sacramento, del 1866. È l’ultimo opuscolo del santo che prenderemo in considerazione attorno al tema eucaristico. Esso è incentrato sul richiamo alla Comunione frequente.

“Non vi ha cosa che arrechi maggior vantaggio all’anima del cristiano quanto la comunione frequente, perché è dessa il nostro pane quotidiano, il quale ci fa vivere in Gesù Cristo, e fa vivere Gesù Cristo in noi”.

Abbiamo già ricordato il clima giansenista della Torino dell’800, per cui comprendiamo la necessità di un invito pressante e reiterato a considerare in modo differente il senso dei sacramenti e della morale cristiana. Per la precisione, nei suoi insegnamenti don Bosco si richiama alla linea diffusa un secolo prima da sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Più in generale don bosco giustifica il proprio appello, richiamandosi ai grandi momenti della Tradizione cattolica.

“La Chiesa interprete verace dei disegni del suo sposo Gesù Cristo e della sua parola ha sempre approvata la comunione frequente. Il sacro Concilio di Trento  desidererebbe che i fedeli assistendo al santo Sacrificio vi si comunicassero, e non solamente in ispirito, ma ancora col ricevere la sacramentale Eucaristia, affinché possano ricavare frutti più abbondanti dal santo Sacrificio”.

Si individua l’inizio di tale pratica nelle origini stesse della Chiesa.

“Nei primi tempi della Chiesa i fedeli non assistevano mai al santo Sacrificio della Messa senza ricevervi la SS. Eucaristia: la qual cosa era divenuta tanto abituale che il non farla sarebbe stato oggetto di scandalo. Di più i pastori della Chiesa amanti del bene delle anime, e desiderosi che sempre più i fedeli si unissero a questo divino Agnello permettevano persino che dopo aver partecipato in comune alla mensa celeste ciascuno portasse presso di se questo mistico pane a proprio sostegno e conforto: la qual pratica allora soltanto cessò, quando il fervore nella pietà, e la santità della vita si raffreddarono presso i fedeli”.

E i primi cristiani non facevano che rispondere all’invito del Salvatore.

“In questi tempi specialmente pare vada via via maggiormente insinuandosi tale freddezza verso questo augustissimo Sacramento, e pare che pochi soltanto più si ricordino dell’amoroso invito che Gesù Cristo medesimo ci fece di accorrere a riceverlo: « Io sono il pane di vita, diss’Egli, chi mangia di questo pane vivrà in eterno. In verità ve lo dico, se voi non vi nudrite di mia carne, e non vi abbeverate di mio sangue non avrete la vita in voi (S. Gio. VI). » Che più dolce e più chiaro invito poteva egli mai farci? Egli dandosi a noi sotto le specie di un alimento quotidiano, c’ indica il suo desiderio che quotidianamente di esso ci alimentiamo. E noi con quale frequenza ci accostiamo a questo cibo celeste?”

L’Eucaristia ha dunque valore di alimento spirituale, come si legge nelle Scritture e come proposto dai Padri.

“Esaminiamo i nostri bisogni, e allora vedremo qual obbligo non abbiamo di comunicarci assai sovente. Siccome la manna fu il quotidiano cibo per gli Ebrei, pel corso di quarant’anni nel deserto, così la santa comunione dovrebbe essere il nostro conforto, il cibo nostro quotidiano per guidarci al paradiso. S. Agostino dice così: se ogni giorno domandiamo a Dio il pane corporale, perchè non procureremo anche di cibarci ogni giorno del pane spirituale colla santa comunione? S. Filippo Neri incoraggiava i cristiani a confessarsi ogni otto giorni e a comunicarsi anche più spesso secondo l’avviso del confessore. Accorriamo noi dunque tutti a questa fonte inesausta di grazie e di consolazioni!”

Oltre che come alimento la Comunione agisce rafforzando l’incontro e l’intimità della nostra amicizia con Cristo.

“I frutti copiosi prodotti dalla comunione frequente sono una consolantissima verità di cui nessun cristiano dubita. Sappiamo che i rapporti intimi con un amico fanno ben presto dividere all’altro il vero modo di vedere e di sentire. Ora un’unione così stretta con Gesù Cristo potrebbe non comunicarci qualche cosa di Lui? Noi sappiamo che nel tempo di sua vita mortale una virtù misteriosa usciva dalle sue vestimenta e sanava le infermità di coloro che le toccavano. La virtù assai più potente della divina sua persona si comunica a noi nella comunione, ci fa dividere i suoi sentimenti e vivere della sua vita. Il fedele, ammesso alla frequente partecipazione di suo Corpo e Sangue, può con tutta verità ripetere coll’Apostolo: Io vivo, ma non son più io che vivo, è Gesù Cristo che vive in me”.

In sintesi, grande è il dono eucaristico che ci permette di godere della presenza del Signore in terra attraverso i secoli, dono inimmaginabile e per questo dono da non sprecare, bensì da valorizzare con la frequenza della Santa Comunione appunto.

“La presenza di Gesù è un tesoro che avremmo invano cercato sulla terra se Egli non ci fosse rimasto per amor nostro. Ma Esso è là, in mezzo a noi, Egli ci apre le sue braccia, il suo cuore. Dove troveremo noi un amico che intenda le nostre pene e ci compatisca, un orecchio che non si stanchi mai di ascoltarci, una voce che mai si stanchi di dirci quelle parole di consolazione che sono il meglio adattate per fortificarci e sollevarci? Andiamo adunque a Gesù. Ah sì! il pane della Eucaristia dovrebbe essere il pane quotidiano dell’anima che soffre, perché è un pane che fortifica e consola; esso ha la virtù di rendere dolci le più amare lagrime, di rendere facili i maggiori, i più dolorosi sacrifici”.

9.continua

Aldo Maria Valli:
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