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Dichiarazione dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò sulla scandalosa persecuzione delle monache del Carmelo della Santissima Trinità di Arlington in Texas

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno

e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Mt 5, 11-12

+ Carlo Maria Viganò

Introduzione

Se c’è una cosa che riempie di indignazione, nell’attacco della Gerarchia modernista contro le più venerande e sacre istituzioni della Chiesa cattolica, è vedere come situazioni apparentemente diverse vengano gestite sulla base di un medesimo copione e, significativamente, in perfetta coerenza con un’impostazione pseudoteologica e pseudomorale che contraddice il Magistero immutabile della Chiesa cattolica. Il problema di questa Gerarchia è che essa costituisce allo stesso tempo l’autorità ufficiale e la quinta colonna del nemico, sicché essa agisce con i mezzi che il potere ecclesiastico le consente di usare, ma per lo scopo opposto a quello per cui il Signore l’ha istituita. La deep church svolge nella Chiesa il ruolo eversivo che riveste il deep state nei governi civili. Questa situazione di dissociazione istituzionale da un lato rende possibile l’usurpazione dell’autorità da parte di un potere corrotto e corruttore, e dall’altro rende impossibile e inutile rivolgersi a quella stessa autorità per chiedere giustizia; soprattutto quando le più aberranti violazioni sono commesse con l’avvallo esplicito della suprema Autorità.

Ho esaminato attentamente la situazione del Carmelo della Santissima Trinità ad Arlington, Texas. Questo Carmelo sui juris – ossia posto direttamente sotto la giurisdizione della Sede Apostolica e non dell’autorità dell’Ordinario – è stato fatto oggetto di un’azione degna dei peggiori regimi anticlericali e massonici più che di Successori degli Apostoli. Ma prima di affrontare gli aspetti che riguardano le Monache carmelitane di Arlington, vorrei soffermarmi sul Vescovo della Diocesi di Fort Worth, dove si trova il Carmelo.

Chi è monsignor Michael F. Olson?

Il vescovo Olson è ben noto al Clero e ai fedeli per i suoi modi autoritari e dispotici: in breve, un Bergoglio in sedicesimo. Nei suoi confronti la comunità cattolica di Fort Worth nutre quello che il Codice di diritto canonico del 1917, nel caso dei parroci invisi ai fedeli, chiamava icasticamente odium plebis, un istituto che il Nuovo Codice ha abolito. È stata avviata una petizione con cui i fedeli della Diocesi chiedono alla Santa Sede la rimozione di Olson e l’invio di una visita apostolica, allegando un lungo elenco di gravi comportamenti e abusi (qui). Inutile dire che il Vaticano non ha dato alcun riscontro alle proteste dei fedeli, né ha considerato opportuno indagare sui fatti contestati, considerando più urgente sottoporre a Visita apostolica uno dei pochissimi Prelati cattolici americani, mons. Joseph Strickland, vescovo di Tyler in Texas (qui), grazie al controllo che il card. Cupich (pupillo di McCarrick) esercita sulla Congregazione dei vescovi.

Di mons. Olson è nota l’avversione alla Tradizione, sin da quando, nel 2014, proibì le celebrazioni in rito antico al College of Saints John Fisher & Thomas More (qui), un istituto universitario privato che conta quasi 1500 studenti provenienti da famiglie conservatrici, che iscrivono i loro figli in questo ateneo proprio perché assicura una formazione cattolica tradizionale e la Messa antica. Olson non ha soltanto violato le disposizioni di Summorum Pontificum, ma ha anche minacciato che, in caso di disobbedienza, avrebbe disposto la rimozione del Santissimo Sacramento dalla cappella dell’università. Ovviamente, se il Fisher & More College avesse celebrato delle Messe LGBTQ o incoraggiato i propri alunni alla transizione di genere avrebbe ottenuto ben altra risposta dal Vescovo di Fort Worth. Analoghe limitazioni, negli scorsi anni, sono state imposte anche al Carmelo di Arlington, soprattutto dopo che Traditionis custodes ha cancellato i diritti liturgici riconosciuti da Benedetto XVI.

Mons. Olson non nasconde nemmeno la propria viscerale antipatia per i movimenti pro vita, che ostacola nella loro attività e che ha spesso cercato di estromettere dalle comunità parrocchiali, e in particolare il movimento Texas Right to Life. Ha invece autorizzato il comizio elettorale di un candidato abortista democratico negli spazi di un’altra parrocchia e non ha mancato di sostenere pubblicamente il Partito Democratico (qui e qui). Olson ha inoltre teorizzato come motivo sufficiente per sospendere le terapie di una persona malata e lasciarla morire, la valutazione della sua qualità di vita (qui), contraddicendo il Magistero e la Legge naturale.

Mons. Olson, creatura del card. Kevin J. Farrell – nella linea ereditaria di McCarrick assieme a Wuerl, Cupich, Gregory e Tobin – e da quello fatto promuovere alla Diocesi di Fort Worth, si mostra in perfetta sintonia con gli errori dottrinali, morali, disciplinari e liturgici del progressismo bergogliano imperante: la sua non è obbedienza al potere, ma cortigiana libido serviendi. L’indole tirannica di questo Vescovo incline al turpiloquio – e a quel che riferiscono i fedeli, anche alla bestemmia – si è già mostrata nel 2018, quando il parroco di San Martino de Porres a Prosper, padre Richard Kirkham, dopo inutili tentativi di correggere fraternamente un sacerdote che aveva gravi problemi morali (qui), denunciò a Olson il confratello e per questo venne sottoposto a trattamento psichiatrico al St. Luke Institute (qui). E mentre il sacerdote scandaloso non ha subito alcuna punizione, padre Kirkham è stato deposto dal suo ruolo di parroco, allontanato dalla canonica e sospeso a divinis. A seguito di ciò i parrocchiani hanno smesso di dare offerte alla Diocesi e hanno anche chiesto il rimborso dei fondi già versati per la costruzione della chiesa, dell’oratorio e della scuola cattolica. Nel 2019 la Congregazione per il Clero ha annullato come illecita ed illegittima la sospensione inflitta da Olson a padre Kirkham, senza però ordinarne il reinsediamento.

Forti con i deboli e deboli con i forti

Partiamo dunque dalla premessa che l’azione disciplinare da parte della Santa Sede o dei vescovi è principalmente rivolta contro i singoli e le comunità che non sono disposti a rinnegare la Fede o a venir meno ai Voti religiosi per compiacere il nuovo corso bergogliano. Gli scandali sessuali e finanziari più raccapriccianti, l’adesione alle più scandalose eresie, la promozione del peccato e del vizio contro natura sono piccolezze trascurabili che non meritano commissariamenti, visite apostoliche, interrogatori, indagini: sono la norma di gran parte delle comunità più note e apprezzate dalla corte di Santa Marta, come dimostra il recente caso del gesuita Rupnik. Ma bastano un Kyrie o un manipolo per muovere la tremenda macchina da guerra vaticana sul sacerdote che non dà la Comunione in mano o sul Monastero che chiede la celebrazione del Rito antico. E quando le responsabili di questi terribili crimini di leso Concilio sono delle monache, chi manovra questa macchina si palesa in termini ancor più abbietti, perché unisce alla vergogna di un Prelato che vessa un fedele la viltà di un uomo che sfoga le proprie frustrazioni su una donna – consacrata a Cristo – sottoposta alla sua autorità, vera o presunta. D’altra parte, perché chi non si fa scrupoli ad offendere la Maestà divina dovrebbe farsene a perseguitare persone che non hanno né mezzi, né forza fisica, né relazioni sociali e politiche per opporsi ai suoi abusi?

Non fa eccezione il caso recente del Carmelo della Santissima Trinità di Arlington in Texas, una comunità femminile che in questi anni ha scoperto la Messa tridentina e più recentemente ha anche espresso il desiderio di riprendere il Breviario tradizionale al posto della Liturgia delle Ore conciliare. Questa scelta delle Carmelitane, del tutto legittima e approvata collegialmente, presenta tra l’altro l’indubbio vantaggio di una più ampia fruizione del tesoro di fonti bibliche e patristiche, consentendo alle religiose di apprezzare la coerenza tra i testi della Messa e quelli dell’Ufficio divino.

Cor orans e Vultum Dei quærere

Occorre tuttavia fare una premessa per inquadrare questi eventi nel più vasto progetto eversivo di Cor orans, l’Istruzione applicativa della Costituzione apostolica Vultum Dei quærere con cui Bergoglio ha letteralmente rivoluzionato e stravolto la vita contemplativa femminile e istituito vere e proprie forme di “rieducazione” cui vengono obbligate le claustrate che vorrebbero rimanere fedeli alla Regola e ai Voti religiosi. Cor orans impone alle comunità di federarsi con altri conventi o monasteri della stessa Congregazione, ufficialmente allo scopo di prestare assistenza a piccole realtà non più autosufficienti, ma de facto con l’intento non dichiarato di “normalizzare” le comunità contemplative spodestandone il governo delle Superiore legittimamente elette e di appropriarsi dei loro beni. E se i monasteri maschili, disponendo di sacerdoti, possono in qualche modo sottrarsi al ricatto di vedersi privati della Messa, questo non vale per quelli femminili, che per l’amministrazione dei Sacramenti dipendono dall’Ordinario del luogo e possono quindi trovarsi senza celebrazioni, con grave danno spirituale per le religiose. L’Istruzione Cor orans e la Costituzione Vultum Dei quærere costituiscono quindi la base normativa con cui l’Autorità ecclesiastica abusa del proprio potere per smantellare quel che rimane della Vita contemplativa dopo le già devastanti esperienze del Vaticano II e la disastrosa riduzione delle Vocazioni religiose.

Il Vaticano ha dunque creato uno strumento legislativo che consente al Dicastero per gli Istituti religiosi di azzerare la governance di una comunità monastica, sostituendola con propri emissari. Ovviamente, laddove non sussistano elementi che possano in qualche modo giustificare queste interferenze, il Dicastero o i suoi emissari ricorrono ad accuse inventate, alla falsificazione delle prove e a mezzi di intimidazione del tutto illegittimi. Certo, non sentiremo mai il prefetto Braz de Aviz o il segretario Rodriguez Carballo ammettere che la loro azione epuratrice è mossa dall’odio verso la Tradizione e dalla volontà di rieducare i dissenzienti con la forza o con pressioni psicologiche. Al contrario, le ragioni ufficiali riguardano sempre questioni morali o economiche, gettate in pasto ai media senza alcun rispetto della verità, della riservatezza delle indagini e delle persone coinvolte. Il caso di Arlington non fa eccezione, sia per l’enormità delle accuse rivolte alla Priora, sia per la congerie di abusi e violazioni che caratterizzano l’intero procedimento mosso da mons. Olson.

Gli elementi ricorrenti di questa sistematica persecuzione delle comunità contemplative sono evidenti proprio per l’arrogante riproposizione del medesimo schema: l’intimidazione, il ricatto, l’accusa generica e non circostanziata, la diffusione di notizie false, il ricorso a testimonianze artefatte, l’avvallo degli abusi da parte del Dicastero romano, la cooperazione degli Ordinari e delle Federazioni degli Ordini religiosi.

Parallelamente, si noterà che le realtà monastiche prese di mira hanno spesso proprietà di cospicuo valore immobiliare, tali da suscitare le mire di ecclesiastici senza scrupoli interessati ad appropriarsene per lucro o per ottenere in cambio una promozione. La persecuzione dei buoni e la tolleranza – se non il palese incoraggiamento – dei cattivi sono il marchio di questo “pontificato”, che unisce i tratti dispotici di un monarca assoluto all’inganno gesuitico di una riforma “sinodale” della Chiesa, la cui Gerarchia si dichiara pronta a “porsi in atteggiamento di ascolto” e a “mettersi in discussione”. «Come possiamo creare spazi in cui coloro che si sentono feriti dalla Chiesa e sgraditi dalla comunità possano sentirsi riconosciuti, accolti, non giudicati e liberi di fare domande?», chiede l’Instrumentum laboris (B 1.2, domanda 6). Scopriamo che l’inclusività sinodale vale per i sodomiti, per i concubinari e i poligami, ma non per i Cattolici e men che meno per sacerdoti e religiosi tradizionali, l’unica categoria che meriti gli insulti di Bergoglio e la più spietata intolleranza. Mi chiedo: prima di includere gli impenitenti che con la loro condotta violano pubblicamente i Comandamenti di Dio, perché questi personaggi si accaniscono contro i pochi Cattolici rimasti fedeli? Forse perché questi Prelati sono della stessa pasta dei pubblici peccatori che blandiscono adulterando la Fede e la Morale?

La vicenda del Carmelo della Santissima Trinità

Veniamo alla vicenda delle Carmelitane di Arlington, che inizia il 24 aprile di quest’anno con una telefonata di mons. Olson, nella quale annuncia alla priora, Madre Teresa Agnes di Gesù Crocifisso, la propria visita di lì a mezz’ora, per conferire con lei e con l’assistente, suor Francis Therese, a proposito di una questione della massima gravità.

Come ho ricordato poc’anzi, il Carmelo della Santissima Trinità, fondato nel 1958, è sui juris, ossia soggetto alla diretta giurisdizione della Santa Sede, e come tale esente da qualsiasi controllo dell’Ordine carmelitano e dell’Ordinario diocesano. Sotto il profilo giuridico l’immobile e le sue pertinenze sono di piena proprietà del Carmelo, di cui è legale rappresentante pro tempore la Madre priora, unica che possa autorizzare degli estranei ad accedere al Carmelo. Va parimenti ricordato che la Priora – 43 anni d’età, di cui 25 come carmelitana – è affetta da una grave malattia che la costringe ad alimentarsi con una sonda gastrica, e che tale patologia invalidante e dolorosa, oltre a tenere spesso Madre Teresa Agnes in sedia a rotelle, richiede periodici ricoveri in day hospital e l’uso di farmaci per alleviarne i sintomi e ridurne le complicazioni.

Il vescovo arriva dunque al Carmelo con il cancelliere mons. E. James Hart e con Sandra Schrader-Farry, la direttrice del programma Safe Environment, l’ufficio della Curia «dedicato a garantire una cultura di condotta sicura e rispettosa in tutti i ministeri della diocesi cattolica di Fort Worth, migliorando e proteggendo la dignità e la fiducia di tutto il popolo di Dio». Compare anche una quarta persona, che non fornisce né nome né qualifica e che poi si apprenderà essere un tecnico forense. Il vescovo legge dunque due suoi Decreti, datati 24 Aprile 2023.

Il primo è il decreto di inizio delle indagini (corrispondente ad un avviso di garanzia), nel quale è formulata l’accusa alla Madre priora di aver violato il voto di castità trasgredendo il VI Comandamento con un uomo adulto, con riferimento al can. 695 § 1 del Codice di diritto canonico; viene anche designata la persona incaricata delle indagini, Sandra Schrader-Farry, e il notaio, nella persona del cancelliere mons. E. James Hart. Il primo decreto dispone di condurre le investigazioni con la dovuta riservatezza e facendo attenzione a non danneggiare la reputazione di alcuno, ivi compresa l’accusata.

Il secondo è il decreto con cui mons. Olson, sulla base del primo, dispone il congedo di Madre Teresa Agnes, formulando una serie di ordini e proibizioni a dir poco sproporzionati rispetto alle cautele da adottarsi nel caso di un’indagine volta a verificare la veridicità delle accuse del primo Decreto: confinamento nella foresteria del Carmelo; assistenza corale senza sedere alla cattedra priorale; divieto di parlare alle novizie; divieto di fare telefonate e usare il computer senza permesso della sottopriora e la registrazione di data, ora, destinatario e contenuto; divieto di lasciare il Monastero senza permesso della sottopriora, con obbligo di accompagnamento; divieto di parlare con il presunto complice del delitto; obbligo di consegnare cellulare, iPad e computer per analisi forense. A ciò si aggiungono due avvertimenti canonici: non interferire con l’amministratore del monastero che sostituisce la Priora; non compiere alcuna attività che possa costituire una mancanza di prudenza o essere di scandalo per i fedeli. Conclude il decreto l’intimazione delle sanzioni in caso di violazione e l’indicazione della possibilità di ricorso (cann. 1734-1739 CJC). Questo secondo decreto è sostanzialmente promulgato, nelle intenzioni del Vescovo, per renderne impossibile l’esecuzione: un qualsiasi tentativo di difendersi – anche semplicemente conferendo con un legale o confrontandosi con un canonista – rientra sotto le previsioni del secondo avvertimento canonico, visto che la valutazione è attribuita dal Vescovo a se stesso in termini del tutto arbitrari. «Il congedo sarà rivalutato, rinnovato, rivisto o revocato ad nutum episcopi», ossia a discrezione del vescovo.

In realtà, dalle dichiarazioni dell’avvocato della Madre priora, Matthew Bobo, è emerso che la presunta confessione della Madre priora le è stata estorta da Olson con minacce e intimidazioni, il quale solo a quel punto ha integrato l’accusa iniziale con l’aggravante che il complice sarebbe stato, secondo le sue affermazioni, un sacerdote di un’altra diocesi. Ma se l’accusa era davvero tanto grave e circostanziata da giustificare questo trattamento inquisitorio della religiosa, per quale motivo Olson ha usato tante cautele nel proteggere il presunto complice, ancor più colpevole in quanto sacerdote e come tale meritevole anche della dimissione dallo stato clericale?

A questa accusa sconcertante sono poi seguiti i due interrogatori della priora e di suor Francis Therese, condotti in modo del tutto irrituale e senza un avvocato ad assisterle. Anzi, quel che lascia interdetti è la ricusazione di un avvocato canonista nominato dalla Priora, adducendo pretesti risibili, e la contestuale nomina da parte di Olson di un altro canonista, Michael Podhajsky, come avvocato d’ufficio.

Olson ordina alla priora di rimanere confinata nella sua cella e rimanere confinata in infermeria, col divieto di comunicare con le consorelle e di usare il telefono. A tal scopo, la quarta persona venuta con il Vescovo viola la Clausura papale e sequestra tutti gli apparecchi elettronici (telefoni, iPad, computer) senza alcun mandato (né consta che la giurisdizione ecclesiastica preveda confisca di strumenti informatici senza violare le garanzie costituzionali dell’indagato). Le monache descrivono l’irruzione al carmelo e gli interrogatori del Vescovo come «terrificanti», confermando che le pressioni psicologiche esercitate su di loro le hanno letteralmente sconvolte oltre ogni dire. Le ingiurie, le minacce, le pressioni intimidatorie sulla priora reduce qualche giorno prima da un intervento chirurgico non riuscito e per il quale le era stata fatta l’anestesia totale e che si sarebbe dovuto ripetere il giorno dopo il primo interrogatorio, vengono percepite come una vera e propria tortura. L’avvocato della religiosa, a tal proposito, conferma che il suo stato di prostrazione fisica e psicologica indotto dalla recente operazione, assieme alle pressioni e alle minacce di Olson, possono aver indotto Madre Teresa Agnes ad ammettere qualsiasi cosa, pur di porre fine a quella tortura, come avrebbe fatto chiunque al suo posto (qui).

Il giorno dopo, 25 aprile, mons. Olson torna al carmelo per interrogare altre suore, rivelando loro le accuse mosse contro la Priora e seminando il panico nella comunità. La sottopriora, suor Joseph Marie, oppone al Vescovo un rispettoso rifiuto, specificando che le Monache avrebbero risposto alle domande solo dopo aver ricevuto una indicazione scritta sullo scopo dell’indagine. A questo punto Olson, dando in escandescenze, minaccia le suore di cacciarle dal carmelo se non avessero obbedito ai suoi ordini, annunciando che le indagini potevano considerarsi concluse, che il monastero sarebbe stato soppresso e la celebrazione della Messa doveva considerarsi sospesa. Infatti, dal 27 aprile al 7 giugno la Messa quotidiana viene cancellata, con la sola eccezione dei giorni di precetto, ma ovviamente con il Novus Ordo. Il celebrante designato dal vescovo è addirittura fatto accompagnare da una guardia, quasi possa rischiare la propria incolumità; egli ha inoltre il divieto di parlare con le suore, di accedere alla sacristia e di tenere l’omelia. Possiamo ben immaginare lo stato d’animo di Madre Teresa Agnes e delle sue consorelle, private della Messa e dei Sacramenti come sotto interdetto canonico.

Dalla testimonianza diretta suor Francis Therese ho saputo che il vescovo avrebbe dichiarato di essere a conoscenza di messaggi che la superiora le avrebbe inviato da un nuovo cellulare: come faceva ad esserne a conoscenza, senza disporre di sistemi di intercettazione? E chi ha autorizzato queste intercettazioni, dal momento che l’ordinario non ha alcuna autorità sul carmelo? A che titolo sono stati sequestrati telefono, iPad e computer della Madre priora?

Il 15 maggio mons. Olson invia una comunicazione a tutto il clero diocesano con cui divulga le infamanti accuse nei confronti di Madre Teresa Agnes, senza fornire alcuna prova, e vieta a qualsiasi sacerdote di celebrare Messa al Carmelo e di visitare o comunicare in alcun modo con le carmelitane.

Il 16 maggio viene pubblicato un comunicato sul sito della diocesi (qui) in cui si ripetono le accuse alla Madre priora e il 31 maggio si informa della sua esclaustrazione dal carmelo, ancora prima della conclusione dell’intero procedimento canonico. Il giorno 11 giugno successivo mons. Olson pubblica sullo stesso sito un video di analogo contenuto (qui). Questa reiterata operazione diffamatoria – resa accessibile a tutti, dopo la pubblicazione su internet e il clamore mediatico suscitato dalla notizia – è stata condotta dolosamente e nella più vergognosa violazione delle garanzie processuali. Madre Teresa Agnes è stata ascoltata una sola volta, il 24 aprile, in situazione di estrema debolezza fisica, senza alcuna possibilità di difendersi, senza consentirle di avvalersi di un avvocato e senza redigere un verbale dell’interrogatorio e darne copia alla priora, assieme alla trascrizione della registrazione audio, con il risultato di infierire crudelmente su madre Teresa Agnes e suor Francis Therese. E ciò che scandalizza maggiormente, è l’assoluta spregiudicatezza nell’esporre la priora di un carmelo, una monaca, una donna gravemente malata alla gogna mediatica, distruggendo la sua reputazione senza nemmeno condurre un equo processo che verifichi imparzialmente la fondatezza delle accuse e l’attendibilità dei testimoni. Quelli che i media chiamano “fonti interne al monastero” non depongono in merito alle accuse formulate da Olson, ma sostengono che madre Teresa Agnes faccia uso di marijuana e che si sia persino recata in Colorado per procurarsene, pur ammettendo allo stesso tempo di non averla mai vista personalmente consumare stupefacenti. In un video dell’emittente locale WFAA (qui) tre di questi testimoni, nonostante siano stati resi irriconoscibili e con la voce modificata, sembrano essere persone con precedenti motivi di rancore nei riguardi del carmelo, e quindi del tutto inattendibili. Nonostante questo, la Curia di Fort Worth li ha incoraggiati a rilasciare dichiarazioni all’emittente.

Nel frattempo il Vescovo semina terrore tra le consorelle, minacciandole di esclaustrazione se non avessero obbedito a tutti i suoi ordini, ivi compreso quello fatto alla sottopriora, suor Joseph Marie, di tenere nota scritta di tutte le chiamate, visite del medico e altre attività della Madre priora e della sua assistente suor Francis Therese, vincolate in questo a chiederle esplicito permesso per ogni cosa. Una richiesta assurda e impraticabile per la vita normale di una comunità monastica.

La causa civile

Viste le ripetute violazioni di ogni più basilare norma di giustizia, di verità e delle sue condizioni di salute, la priora ha denunciato in sede civile mons. Olson per l’irruzione non autorizzata al carmelo (qui) e per la diffamazione di cui ella è stata oggetto, mentre si appresta a presentare ricorso avverso il decreto del Dicastero per i religiosi tramite un avvocato canonista.

La prima udienza penale al tribunale, prevista per il 23 giugno, è stata rinviata a causa della richiesta della diocesi di presentare ulteriori prove e di rivendicare la competenza del foro ecclesiastico (qui e qui). Ma questa pretesa – che evoca lo spettro del clericalismo tanto aborrito a parole da Bergoglio – è contraddetta dal fatto che lo stesso Olson abbia abusato del proprio potere procedendo arbitrariamente contro la Madre priora ancor prima che il Dicastero per i religiosi decidesse – in modo totalmente pregiudizievole per la monaca coinvolta – di nominarlo commissario; e che con questo abuso egli abbia infranto le leggi civili del Texas e i diritti costituzionali di Madre Teresa Agnes e del carmelo, che l’autorità ecclesiastica è tenuta a rispettare.

Il decreto del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica

Il 31 maggio 2023, ossia solo poco più di un mese dopo la prima irruzione al carmelo – avvenuta il 24 aprile precedente – viene emesso dal Dicastero per i religiosi il decreto di nomina di mons. Michael F. Olson a commissario pontificio (qui), con protocollo anomalo (2566/2020) e con la menzione errata del nome del monastero di San Giuseppe delle suore carmelitane scalze di Arlington: è quindi a questo inesistente monastero che viene attribuita la competenza commissariale a mons. Olson. Come si vede, si ripropongono i medesimi errori di stesura del caso delle benedettine di Pienza, da parte del medesimo dicastero e dei medesimi congiurati: primo fra tutti, ilsSegretario mons. José Rodríguez Carballo, quello che parlando il 21 novembre 2018 alle claustrate ad un convegno in Vaticano su Cor orans, le esortò con rara e sacrilega impudenza a comportarsi «da adulte, e non da adultere» (qui), aggiungendo un consiglio che evidentemente egli non si accorgeva quanto fosse applicabile a se stesso e ai suoi mandanti:

Non fatevi manipolare! Siete voi che dovete gestire la vostra vita, da donne adulte! Non una, ma tre grate ci vogliono per dividervi da quelle persone che vi vogliono manipolare, anche se sono vescovi, cardinali, frati o altre persone. Siete voi che dovete fare discernimento, perché c’è gente che vi sta facendo molto male. Perché stanno proiettando su di voi le idee che loro hanno.

Andrebbe sottolineato che il decreto è stato emesso il 31 maggio, quando il caso del carmelo di Arlington era già stato reso di pubblico dominio, e in assenza di precedenti nomine che legittimassero – anche solo per una formalità meramente cronologica – gli abusi di mons. Olson. La Santa Sede ha praticamente sanato ex post la situazione che Olson aveva creato con un abuso di potere, e allo stesso tempo ha designato come rappresentante papale in un’azione di sindacato ispettivo colui che dovrebbe giudicare, nel ruolo di commissario, il proprio operato di vescovo che interferisce gravemente nella giurisdizione di un monastero sui juris.

Anche in questo caso, come in quello delle benedettine di Pienza, il documento vaticano menziona una generica «situazione particolare del monastero», senza esplicitare le ragioni che hanno determinato la promulgazione del decreto stesso e la decisione di nominare un commissario.

Faccio notare che il decreto del commissario pontificio (qui) è datato 1 giugno 2023, ossia il giorno successivo alla nomina del commissario. Il tempo intercorso tra la nomina, l’indagine, l’escussione dei testimoni, l’interrogatorio dell’indagata, la redazione della relazione finale e del Decreto di esclaustrazione dovrebbe far comprendere che il processo era già predisposto e il patibolo già allestito ancor prima di interrogare fraudolentemente e con minacce Madre Teresa Agnes, peraltro senza garantirle né il diritto alla difesa né all’imparzialità del giudice. È a questo, che si riferisce Carballo nel decreto da lui firmato, quando parla degli «atti amministrativi e legali già compiuti dallo stesso vescovo», che il Dicastero intende sanare ex post?

Nel primo decreto di Olson del 24 aprile 2023 – l’avviso di garanzia di indagine da parte dell’ordinario –si menziona il can. 695 del Codice di diritto canonico, che prevede la dimissione dallo stato clericale per i chierici colpevoli di determinati delitti, tra cui i peccati contro il Sesto Comandamento del Decalogo commessi da chierici pubblicamente o con la forza. Ma Madre Teresa Agnes non è un chierico, bensì una religiosa. Mi chiedo allora: per quale motivo la Santa Sede ha voluto ratificare degli «atti amministrativi e legali» di un vescovo diocesano, e che proprio Bergoglio ha ridefinito con il motu proprio Competentias quasdam decernere dell’11 febbraio 2022, estromettendo l’ordinario dal processo nei confronti di una monaca di un Monastero sui juris? E perché farlo quando i due decreti di Olson del 24 aprile erano palesemente illegittimi e nulli – in quanto eccedevano la giurisdizione dell’ordinario su un monastero sui juris– oltre che sospesi dal pendente ricorso presentato il 4 maggio precedente dalla Madre priora al vescovo?

Il § 2 del can. 695 recita: in tali casi il superiore maggiore, raccolte le prove relative ai fatti e alla imputabilità, renda note al religioso da dimettere e l’accusa e le prove, dandogli facoltà di difendersi. Tutti gli atti, sottoscritti dal superiore maggiore e dal notaio, siano trasmessi al moderatore supremo insieme alle risposte del religioso, verbalizzate e dal religioso stesso sottoscritte. Come giustamente ha notato l’avvocato delle religiose, Olson non ha fornito né l’accusa, né le prove, né ha dato la facoltà alla priora di difendersi, né ha redatto un verbale facendoglielo firmare. Al contrario, le ha comminato una serie di misure restrittive e di divieti che parrebbero costituire più la punizione anticipata dei presunti delitti che non un mezzo di prudente tutela delle indagini. Si direbbe anzi che con quelle proibizioni Olson abbia voluto quasi evitare di dover produrre le prove delle infamanti accuse, procedendo all’esclaustrazione di Madre Teresa Agnes a causa della sua disobbedienza a quei divieti, e non per la sua reale colpevolezza. L’abitudine a questi mezzi vili e disonesti per raggiungere i propri scopi è dimostrata dalla perizia mefistofelica con cui Olson ha dosato minacce, intimidazioni, pressione psicologica e ricatti in palese violazione del Diritto e del dovere di verità e giustizia. In questo quadro anche la sfrontata violazione da parte del Vescovo dei doveri di riservatezza proprio dopo aver comunicato alla Madre priora, con il primo decreto, che le indagini avrebbero dovuto evitare scrupolosamente di danneggiare la sua reputazione suona come un’affermazione di arrogante impunità, che trova conferma nella indecorosa sanatio del decreto del Dicastero per i religiosi.

Con quale spregiudicatezza Carballo ha potuto nominare commissario proprio colui che, dopo aver abusato del suo potere contro padre Richard Kirkham nel 2018 ed esser stato sconfessato nel 2019 dalla Congregazione per il Clero; dopo aver rimosso e sospeso numerosi parroci e sacerdoti con scandalo dei fedeli, tale da suscitare una petizione per rimuoverlo, si era ulteriormente compromesso con violazioni canoniche contro il carmelo della Santissima Trinità e contro Madre Teresa Agnes, diventando parte in causa e perdendo quindi ogni apparenza di imparzialità necessaria all’esercizio di un compito delicato come quello di un commissario pontificio? Abbiamo qui una plastica rappresentazione dell’arroganza con cui il potere dei corrotti ostenta i propri abusi, addirittura pretendendo di poter piegare la legge – e la Giustizia! – al proprio disegno criminale.

Va da sé che gli errori madornali del decreto vaticano lo rendono ipso facto nullo. Riguarda persino un inesistente monastero Saint Joseph! È su questo monastero fantasma che viene attribuita dal dicastero la competenza del Commissario Olson! Anche in questa tristissima vicenda emerge la complicità tra i mandanti Braz de Aviz e Carballo, e i loro sicari nelle diocesi; assieme all’evidenza di un disegno criminale portato a termine seguendo uno schema preciso, con chiarissime finalità eversive.

L’intervento della presidente dell’Associazione carmelitana

Diffusa la notizia dell’iscrizione di mons. Olson nel registro degli indagati, ecco intervenire prontamente Madre Marie dell’Incarnazione o.c.d., presidente dell’Associazione carmelitana Christ the King. In una lettera in cui si rivolge alla priora con il suo nome secolare, Madre Marie cerca di indurre lei e suor Francis Therese ad accettare supinamente le decisioni assunte dal vescovo e dalla Santa Sede e a ritirare la denuncia depositata al tribunale civile, in nome di un distorto concetto di obbedienza e di remissione alla volontà di Dio. Faccio notare che questo ricorso alla Santa Obbedienza vale sempre e solo per i chierici, i religiosi e i fedeli tradizionali, mentre d’incanto si dissolve quando si tratta di eretici, fornicatori o pubblici peccatori progressisti. Ne è un esempio l’ultimo Instrumentum laboris del Sinodo sulla sinodalità, che invita all’accoglienza di tutti, ad eccezione dei Cattolici che non condividono l’apostasia della setta bergogliana. Ma, come insegna la Sacra Scrittura, bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 5, 29), soprattutto quando gli uomini si fanno scudo dell’autorità di Dio per scardinare i fondamenti della Chiesa che Egli ha fondato a prezzo del Suo Sangue.

Due pesi e due misure

Cosa aspettarsi dunque da un vescovo del tutto organico al sistema, se non la replica di un copione già sperimentato? D’altra parte, se la messa in scena è la stessa, possiamo comprendere sin dalle prime battute che nel caso di Arlington stiamo assistendo ad un nuovo allestimento teatrale della stessa farsa del duo Braz de Aviz – Rodríguez Carballo, questa volta con la partecipazione di Olson nei panni dell’intemerato moralizzatore dei degenerati costumi di una priora sacrilega. La quale, nel grottesco canovaccio messo insieme in fretta e furia, secondo una prima dichiarazione si sarebbe ripetutamente abbandonata a turpi commerci con un fantomatico sacerdote di un’altra diocesi, e sarebbe anche dedita al consumo di cannabis indica. Tali gravissime accuse sono state di grande dolore per le religiose e di scandalo per i cattolici di Fort Worth, se non fosse che le condizioni di salute della religiosa non le consentono materialmente di compiere alcuna delle colpe di cui Olson ha avuto la perversa viltà di accusarla, ovviamente senza prove e in violazione di qualsiasi norma penale, civile e canonica.

La modalità con cui queste accuse scabrose sono state propalate senza alcun rispetto per le persone coinvolte, mal si concilia con l’indulgenza non disinteressata riservata ad altri casi di inaudita gravità, non ultimo quello del gesuita Rupnik, che la Compagnia di Gesù ha espulso senza che gli venisse inflitta alcuna sanzione canonica proporzionata ai delitti commessi. Peggio ancora: la Scomunica che gli era stata inflitta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per sacrilegio e per aver assolto in Confessione un complice in un delitto contra Sextum, gli è stata rimossa per diretto intervento di Bergoglio. Senza menzionare gli scandali di McCarrick e della sua corte, tutti prontamente insabbiati, ad iniziare dal suo processo che, per decisione sovrana, è passato a res judicata senza dibattimento, senza escussione dei testimoni, in totale dispregio delle vittime. E se vogliamo rimanere a Fort Worth, il caso di don Richard Kirkham dimostra un accanimento contro un innocente e viceversa la massima tolleranza – e riservatezza – verso un sacerdote dedito ad alcol, droghe, pornografia e sesso.

Andrebbe ricordato che il carmelo sorge su un terreno ricchissimo di petrolio: ecco quindi venire a galla il vero motivo di tanta foga censoria da parte di Olson o – più verosimilmente – dei suoi mandanti. L’avvocato Bobo ha recentemente dichiarato (qui) che in precedenza il Vescovo aveva chiesto alle monache di comunicargli la lista dei loro benefattori senza successo, e che probabilmente il sequestro del cellulare, dell’iPad e del computer da parte del tecnico forense che aveva accompagnato Olson nella prima incursione era finalizzato proprio ad impossessarsi di questo elenco di donatori.

Queste operazioni intimidatorie hanno due scopi: da un lato alimentare le brame di chi materialmente si deve incaricare della soppressione di una Comunità tradizionale e spera di trarne vantaggio personale (la lista dei donatori o la proprietà immobiliare) e riconoscimenti di carriera; dall’altro portare avanti l’opera di smantellamento degli ordini contemplativi femminili, considerati un pericoloso presidio di Grazie che disturba l’azione nefasta dei nemici della Chiesa. Non dimentichiamo che il demonio è il primo ispiratore tanto dei corrotti che infestano le istituzioni pubbliche quanto dei loro omologhi che occupano le istituzioni ecclesiastiche: e il demonio sa bene quanto temibile sia la Messa cattolica dei sacerdoti “refrattari” e quanto efficace la vita di preghiera e penitenza delle claustrate.

Conclusione

Non è possibile giudicare la vicenda del carmelo di Arlington come un fatto a sé: esso si inquadra in un piano eversivo ben più ampio, coerente con l’intero impianto ideologico del presente “pontificato” e più in generale con le deviazioni del Concilio Vaticano II, oggi portate alle loro estreme conseguenze. L’azione di mons. Olson è inficiata da precedenti che dimostrano la sua indole autoritaria e i suoi pregiudizi contro la Tradizione, oltre alla sua obbedienza alla linea degli eredi di McCarrick, tuttora in carica ed anzi promossi a posti di prestigio e di potere. Ma chi manovra queste azioni sta a Roma, al Dicastero per i religiosi, e non fa mistero dell’intenzione di distruggere tutto quello che nella Chiesa rimaneva, dopo sessant’anni di devastazioni, della Vita contemplativa e più in generale della Vita religiosa. Parallelamente, l’opera dissolutoria del Vaticano si muove anche in ambito liturgico, con la progressiva cancellazione della Messa apostolica e con la “riprogrammazione” dei sacerdoti tradizionali secondo i dettami della nuova ecclesiologia. Infine, a sancire l’apostasia come finalità di questa setta di eretici e fornicatori, si aggiungono la Dichiarazione di Abu Dhabi e le recenti, inquietanti dichiarazioni dell’Instrumentum laboris spacciato fraudolentemente come frutto di una consultazione “della base”, mentre altro non è se non il prodotto sacrilego di menti deviate e anime corrotte.

Esorto quindi i miei Confratelli, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli non solo alla preghiera e alla penitenza per invocare dal Cielo un intervento che ponga fine a questo scandaloso tradimento della Gerarchia cattolica, ma anche a levare la voce perché i falsi pastori e i mercenari siano definitivamente allontanati dalla Chiesa e debitamente puniti per i loro crimini esecrandi. E se tra i sacerdoti che leggono questo mio appello ve ne fossero alcuni che potessero rendersi disponibili per garantire assistenza spirituale alle monache di Arlington e celebrare per loro la Santa Messa secondo il venerando Rito tridentino, penso che con questo gesto – che onorerebbe il loro Sacerdozio – potrebbero compiere un’opera di vera Misericordia che il Signore non mancherà di ricompensare. È tempo di atti eroici, di anime generose, di spiriti combattivi che reagiscano all’apostasia sempre più dilagante nel corpo ecclesiale.

Ritengo inoltre che sia quantomai necessario sospendere ogni contributo all’attuale compagine ecclesiastica, in modo che gli interessati vi vedano un inequivocabile segnale di dissenso da parte dei fedeli laici. Aiutino generosamente le comunità tradizionali, come quella di Arlington o di Pienza, i sacerdoti e i religiosi perseguitati dal regime bergogliano!

Faccio mie le parole di san Pietro nel rivolgermi alle monache: resistete, forti nella fede! E sappiate che anche gli altri cristiani sparsi per il mondo devono soffrire le stesse difficoltà, come voi (1 Pt 5, 9). Restate unite a Cristo, vostro Signore e vostro Sposo, per rimanere unite tra voi nell’osservanza della santa Regola carmelitana e nel solco della Tradizione.

Invito tutti alla preghiera, perché il Signore dia forza, coraggio e serenità alla reverenda Madre Teresa Agnes di Gesù Crocifisso e alle sue consorelle del Carmelo della Santissima Trinità, affinché la verità dei fatti sia portata alla luce, e con essa la pretestuosità delle accuse, il dolo di chi le ha diffuse e la turpe ipocrisia di chi copre colpevolmente scandali vergognosi, ma non esita ad accanirsi sulle Monache.

Valgano per essi le parole che il Pontificale Romano, nel rito della consacrazione delle Vergini, rivolge a quanti osano perseguitarle:

Con l’autorità di Dio onnipotente e dei suoi Apostoli beati Pietro e Paolo, fermamente e sotto minaccia di scomunica proibiamo a chiunque di distogliere le presenti vergini o monache dal servizio divino, al quale si sono assoggettate sotto il vessillo della castità; nessuno si appropri dei loro beni, ma esse li posseggano nella tranquillità. Se però qualcuno avrà l’ardire di attentare questo, sia maledetto in casa e fuori casa, maledetto in città e in campagna, maledetto quando veglia e quando dorme, maledetto quando mangia e quando beve, maledetto quando cammina e quando sta seduto; maledette siano la sua carne e le sue ossa, e dalla pianta dei piedi alla sommità del capo non abbia salute. Venga su di lui la maledizione dell’uomo che per mezzo di Mosè, nella Legge, il Signore ha lanciato ai figli dell’iniquità. Che il suo nome sia cancellato dal libro dei viventi e non sia ascritto con i giusti. La sua parte di eredità sia con Caino fratricida, con Datan e Abiron, con Anania e Saffira, con Simon mago e Giuda traditore e con coloro che dissero a Dio: «Allontanati da noi; non vogliamo il sentiero delle tue vie». Vada in perdizione nel giorno del Giudizio; il fuoco eterno lo divori con il diavolo e i suoi angeli, se non avrà restituito e non sarà giunto ad emendazione. Così sia, così sia!

+ Carlo Maria Viganò, arcivescovo e nunzio apostolico

24 giugno 2023

In Nativitate S. Joannis Baptistæ

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Per una lettura critica dei documenti vaticani Cor orans e Vultum Dei quaerere ricordiamo questo saggio: Aldo Maria Valli, Claustrofobia. La vita contemplativa e le sue (d)istruzioni, Chorabooks

Aldo Maria Valli:
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