Nella traduzione Cei 2008 del Salmo 139, verso 24, ho trovato un errore che merita di essere evidenziato.
Andiamo subito al testo.
Cei 1974: “… Vedi se percorro una via di menzogna…” (Sal 139,24).
Vulgata: “… et vide, si via vanitatis in me est…” (Sal 139,24).
Cei 2008: “… vedi se percorro una via di dolore…” (Sal 139,24).
Andiamo ora a vedere il versetto originale ebraico: “ure’eh in derekh ‘otzev bi”.
Il termine in questione è “‘otzev”, che in ebraico ha tantissimi significati, tra cui anche dolore, afflizione.
Ogni termine, tuttavia, deve essere contestualizzato: in questo caso occorre considerare l’attinenza al tema espresso nel Salmo, così come avevano fatto la tradizione dei Padri della Chiesa e la Vulgata di san Girolamo (che ripristinerei come Bibbia ufficiale per tutta la Chiesa, per inciso). Il rischio è cadere in arbitrarie traduzioni/interpretazioni, spesso fuorvianti (vedi Cei 2008).
Tornando alla traduzione indiziata, tra i significati del termine “‘otzev”, – leggiamo nel dizionario ebraico Reymond edizione 1991 – c’è “idolo”.
A tal proposito la biblista Fiorenza Monti Amoroso, nel suo testo sulla traslitterazione e traduzione dei Salmi Un Canto ogni giorno, un Canto per ogni giorno (Gribaudi, 1999), con la presentazione del cardinale Carlo Maria Martini, traduce in questo modo: “e vedi se c’è via di idolatria in me”.
San Girolamo, d’altro canto, traduce con “vanitatis” (ogni idolo è vanità come insegna il Qoelet).
La Cei 1974 traduce con “menzogna” (e l’idolatria nella Scrittura non è altro che il contrario di Dio-verità, quindi menzogna).
Ora, come contestualizzare nel Salmo in oggetto il termine “dolore” (Cei 2008)?
Facciamo una prova di interpretazione, per capire meglio.
Il salmista chiede a Dio: “… vedi se percorro una via di idolatria/vanità/menzogna, e guidami sulla via della Vita”. Ovvero: Signore, vedi se il mio cammino è nella menzogna, e dirigimi sulla via della Vita.
Provate ora a mutare la mia frase interpretativa con la traduzione 2008: “… vedi se percorro una via di dolore, e guidami sulla via della Vita”.
La prima (si vedano le traduzioni precedenti al 2008) è una chiara supplica di conversione del cuore. La seconda (Cei 2008) perde il connotato più profondo, espresso nella prima.
Nelle traduzioni precedenti emerge l’umiltà del peccatore, però fedele a Dio, che prega perché Egli possa intervenire sul cuore malato, cuore di peccatore: che il Signore lo allontani dalla menzogna, dall’idolatria, dalla vanità. Il concetto di dolore, invece, non esprime di per sé colpevolezza o peccato. Per questo trovo impoverita e errata, dal punto di vista interpretativo, la traduzione 2008.
Nuovamente mi trovo in accordo e sintonia con chi nel passato aveva gli occhi più aperti dei nostri, uomini che ci hanno lasciato l’insegnamento (i Padri) e san Girolamo con la sua traduzione.
In conclusione, il Vangelo mi viene in aiuto, perché, è proprio il caso di dirlo, rimuovendo la vera intenzione del salmista la Cei 2008 ha tolto il salato al sale, come dice la Parola che tutti ben conosciamo: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che a essere gettato via e calpestato dagli uomini” (Mat 5,13).
Temo che di questo passo si renderanno insipidi numerosi passaggi della Bibbia. Peccato che non si tratti di una fettina di vitello, ma della Parola di Dio che per secoli altri hanno tramandato fedelmente e custodito.
Fonte: investigatorebiblico.wordpress.com