Una storia d’amore e speranza. In un libro le lettere tra santa Gianna Beretta e il marito Pietro Molla
«Vorrei proprio farti felice»; «Il tuo grande amore mi aiuterà a essere forte»; «Pregusto già la gioia di rivederti». Queste alcune delle espressioni contenute nelle tante lettere che santa Gianna Beretta (1922 – 1962) e Pietro Molla (1912 – 2010) si scambiarono nel corso della loro vita, prima come fidanzati poi come sposi. Un carteggio che ora possiamo leggere e gustare nel libro Lettere. Una storia di amore e di speranza, edito da Cantagalli e curato da Elio Guerriero.
Fin dai primissimi incontri, alla fine del 1954, il carteggio mette in rilievo due anime destinate a unirsi in modo speciale, ma non attraverso fatti straordinari, bensì nella vita ordinaria.
Sappiamo che Gianna, per permettere la nascita di “Giannina”, nel 1962, rinunciò alle cure dando la propria vita pur di salvare la bimba, e per questi e altri meriti Giovanni Paolo II nel 2004 la proclamò santa. Ma le lettere non rivelano una superdonna, né Pietro (che più volte disse con disarmante sincerità di non essersi mai accorto di aver vissuto accanto a una santa) ne esce come un superuomo.
Le vicende e i problemi sono quelli di tante famiglie. Traspaiono le gioie e le preoccupazioni per i figli, emerge la sofferenza dovuta ai frequenti viaggi di lavoro dell’ingegner Pietro, dirigente di una grande azienda. Una storia d’amore concretissima e umanissima, ma aperta da subito a una dimensione, quella della fede, che tutto trasforma e illumina.
Nella vita di Gianna e Pietro – sposi il 24 settembre del 1955 nella basilica di San Martino a Magenta – la presenza del Verbo che si è fatto carne si può toccare. Il dono generoso di sé e la totale gratuità non sono obblighi imposti da una morale, ma spontanei doni reciproci che riempiono la vita di significato e regalano la serenità autentica.
Lo scambio epistolare tra la futura santa e suo marito è un diario di viaggio che racconta la scoperta di Dio, la certezza che Cristo rende nuove tutte le cose ed è l’unica speranza che non delude mai.
Un assaggio delle lettere? Scelgo di andare proprio all’inizio della relazione, quando i rispettivi caratteri si manifestano in tutta la loro differenza ma già si delinea il progetto disegnato dal Signore.
Il 12 gennaio 1955 un assai austero Pietro Molla, impegnato in un viaggio di lavoro a Stoccolma, scrive a Gianna Beretta con malcelato imbarazzo: “Gentile Dottoressa, un succedersi senza posa di visite, riunioni ed anche di banchetti con gli interminabili e pesanti cerimoniali nordici, mi ha concesso al riposo poche ore al giorno e mi vede giungere sino a questa sera, senza avere rinnovato a Lei il più vivo e doveroso ringraziamento per la bella e simpatica serata trascorsa insieme [il riferimento è a uno spettacolo di balletti alla Scala di Milano il 31 dicembre 1954, dopo che Gianna e Pietro si erano conosciuti, nel giorno dell’Immacolata, per l’ordinazione sacerdotale di padre Lino Garavaglia, futuro vescovo di Cesena]. Al mio ritorno, Le racconterò le “curiosità” del mio viaggio. Un cordiale saluto da Pietro Molla».
Ed ecco come una ben più spigliata e diretta Gianna si rivolge a Pietro il 21 febbraio 1955: «Carissimo Pietro, scusa se decisamente inizio questo mio scritto col chiamarti per nome e darti del tu. Dopo l’incontro di ieri, in cui ci siamo scambievolmente aperti, penso che possiamo passare a questo grado di confidenza che ci permetterà di capirci sempre di più e di volerci bene. Vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buona, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà. Non ti ho ancor detto che sono sempre stata una creatura avida di affetto e molto sensibile. Finché ho avuto i genitori, mi bastava il loro affetto; poi pur rimanendo molto unita al Signore e lavorando per Lui, ho sentito il bisogno di una madre e la trovai in quella cara suora di cui ieri ti parlai. Ora ci sei tu, a cui già voglio bene ed intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana. Ciao, caro Pietro, perdona la confidenza, ma son fatta così. Arrivederci. Con affetto, Gianna»
Ecco come tutto incominciò. Come incominciò, per usare le parole di Pietro in un’altra lettera, «la vita del nostro affetto».
La figlia di Gianna e Pietro, Gianna Emanuela, nella prefazione, rivolgendosi al papà scrive: «Quando eri in vita, mi inginocchiavo dinnanzi a te e chiedevo la tua benedizione, ora che sei in Cielo, accanto alla Mamma per sempre, non so davvero come ringraziare il Signore per il dono immenso che mi ha fatto – insieme al dono della vita – di due Santi Genitori. E lo prego ogni giorno, meglio che posso, perché mi renda degna di Voi, per potervi raggiungere e riabbracciare un giorno, e per sempre».
A.M.V.
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