Il mese scorso, a Parigi, mentre l’autobus mi portava dall’aeroporto Charles de Gaulle alla place de l’Opéra, guardavo dal finestrino i sobborghi della metropoli, con la loro popolazione di giovani e giovanissimi appartenenti alla seconda e alla terza generazione dell’immigrazione, e mi veniva spontaneo pensare alla copertina del Figaro che trent’anni fa si chiedeva: “Saremo ancora francesi fra trent’anni?”.
Notavo anche che quasi tutti quei giovani e giovanissimi erano alle prese con un cellulare, unico vero aspetto in comune con la popolazione bianca che incominciò a spuntare quando l’autobus si avvicinò al centro.
Le proteste che ancora una volta stanno incendiando le banlieue francesi non possono sorprendere. E infatti non sorprendono chi le conosce e da anni lavora nei “territori perduti della République”.
“I progetti per le periferie sono rimasti lettera morta”, dice al Foglio Nejma Belhadj, operatrice sociale di origini maghrebine che guida un’associazione impegnata nell’assistenza alle nuove generazioni del Petit Nanterre, quartiere popolare a ovest di Parigi.
“Dopo quarant’anni di presenza sul campo nel quartiere Petit Nanterre, conosco bene la situazione e non sono affatto sorpresa dalle rivolte” dice Nejma Belhadj. “Ho conosciuto i genitori e i nonni dei ragazzi che oggi protestano nelle strade. Già negli anni Settanta constatavamo carenze che oggi si sono amplificate. C’è anzitutto una carenza educativa, o meglio della catena educativa, che va dai genitori alla scuola fino al lavoro e alla formazione professionale. Non ci si rende conto delle difficoltà cui vanno incontro i figli dell’immigrazione in questa società, poiché vengono da culture spesso lontane. A scuola non c’è un vero coinvolgimento delle famiglie nell’educazione e non viene fatto abbastanza per l’inserimento professionale di questi ragazzi”.
Decenni di politiche assistenziali non hanno dato frutto. Perché intere comunità in realtà non vogliono integrarsi, ma si stabiliscono come corpi separati, all’interno dei quali la legge islamica spesso conta più di quella della Repubblica. E basta gettare un fiammifero perché la polveriera esploda.
Ma la domanda è: tutto ciò è avvenuto e avviene a discapito delle politiche adottate oppure perché c’è stato e c’è un progetto che va proprio in quella direzione?
A.M.V.
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Il programma dell’anarco-tirannia è in atto
di Roberto Dal Bosco
Alcuni lettori mi hanno scritto sconvolti per i fatti delle città francesi messe ferro ignique dalle bande nordafricane.
Qualcuno mi parla di profezie sulla Francia, qualcun altro si chiede, tremando, quando succederà in Italia. Altri ancora mi chiedono cosa stia accadendo nel profondo.
I militari non intervengono per poter istituire un sistema di controllo ancora più capillare? Oppure i soldati sono tenuti nelle caserme perché a quel punto si potrebbe ufficialmente parlare di guerra civile? (Che era, per nemesi storica, l’accusa che Macron in campagna elettorale rivolgeva alla sfidante Marine Le Pen)
La Francia non risolve la questione perché, sapendo che ha a che fare con gruppi armati, come visto in plurimi video circolanti, sa che vi sarebbe una carneficina, che sancirebbe la divisione etno-sociale una volta per tutte, mettendo fine alla finzione del Paese illuminato e multietnico?
Macron sta aspettando che passi a’nuttata, per spazzare tutto sotto il tappeto delle banlieue, esattamente come fece Chirac nel 2005?
Ognuna di queste possibilità può essere veritiera. Tuttavia, scendendo ad un livello ancora più profondo, credo che stiamo assistendo in diretta ad una mutazione programmata dallo Stato moderno. Una trasformazione dell’ordine sociale, del cosmo della cittadinanza, a lungo preparata, con operazioni immani durate decenni se non secoli, dai padroni del vapore.
La democrazia liberale scompare. Le fiamme di Nanterre e delle altre città francofone d’Europa sono i colori esatti del suo tramonto. Al contempo, quei bagliori coincidono con la forma futura della società: l’anarco-tirannia.
Il termine fu coniato dallo scrittore e giornalista americano Sam Todd Francis (1947-2005) a inizio degli anni Novanta, per poi riprenderlo a inizio 2000 in un brevissimo saggio intitolato Synthesizing Tyranny. Francis preconizzava l’imminente ascesa di una dittatura armata che però, a differenza di quanto visto in passato, non imponesse in alcun modo alla popolazione una legge, anzi, lasciasse la società in balia dell’incertezza e della violenza.
Si trattava, scrive Francis, «di una sorta di sintesi hegeliana di due opposti: l’anarchia e la tirannia», cioè una dimensione in cui uno Stato che regola in modo tirannico o oppressivo la vita dei cittadini ma non è in grado o non vuole far rispettare la legge protettiva fondamentale.
«Il concetto elementare di anarco-tirannia è abbastanza semplice. La storia conosce molte società che hanno ceduto all’anarchia quando le autorità governative si sono dimostrate incapaci di controllare criminali, signori della guerra, ribelli e predoni invasori. Oggi, questo non è il problema negli Stati Uniti. Il governo, come può dirvi qualsiasi contribuente (soprattutto quelli morosi), non accenna a crollare o a dimostrarsi incapace di svolgere le sue funzioni. Oggi negli Stati Uniti il governo lavora in modo efficiente. Le tasse vengono riscosse (puoi scommetterci), la popolazione viene contata (più o meno), la posta viene consegnata (a volte) e Paesi che non ci hanno mai infastidito vengono invasi e conquistati».
L’anarco-tirannia, secondo lo scrittore, permette ai violenti di prosperare. L’importante è la sottomissione, innanzitutto fiscale, della maggioranza della popolazione».
«Sotto l’anarco-tirannia, il controllo di elementi veramente pericolosi come (…) è messo in secondo piano. Il vero problema è come spremere denaro dai comuni cittadini che non si lamenteranno, non reagiranno e non inizieranno a colpire le persone in faccia».
Sbaglia chi pensa che si tratti di un segno di debolezza terminale di una società che ha perso radici e orientamento morale. «L’anarco-tirannia, quindi, non è solo una deformazione del sistema di governo tradizionale né un sintomo di “decadenza”» avverte Francis.
No, «l’anarco-tirannia è del tutto deliberata, una trasformazione calcolata della funzione dello stato da quella impegnata a proteggere la cittadinanza rispettosa della legge a uno Stato che tratta il cittadino rispettoso della legge come, nel migliore dei casi, una patologia sociale e, nel peggiore, un nemico».
È la sensazione che hanno molti, quando magari aspettano ore in questura per denunciare che gli hanno svaligiato la casa, e poi trovarsi nessun risultato, e magari gli stessi poliziotti che li fermano per strada in modo randomatico. È l’idea che usciva dalla bocca di una borseggiatrice di autobus, beccata dal famoso programma televisivo delle otto e mezza di sera. La ragazza, rincorsa dal giornalista-giustiziere, diceva con sicumera: ma cosa vi interessa se rubo, non interessa neanche alla polizia…
Tuttavia, il cittadino può ricordare, e con un certo fremito, il comportamento delle forze dell’ordine durante la pandemia, con i jogger inseguiti in spiaggia, i droni, i controlli nei bar, il timore generico che si aveva degli agenti pandemici. Ricordate, per caso, quelle immagini di due anni fa, le ultime proteste a Milano? Noi sì, e ancora ci divora la tristezza.
C’è, sì, una bella inversione. Il criminale, quello che vive infrangendo l’ordine, viene ignorato, tollerato, e se acciuffato per qualcosa, in caso liberato subito. Il cittadino che vive rispettando la legge può vedere invece, come in Francia, la sua macchina bruciata in strada, gli spari di Kalashnikov sotto casa, il proprio negozio distrutto da una razzia furiosa.
Anche senza i fuochi di Nanterre, tuttavia, possiamo vedere come la questione riguardi oramai la struttura stessa delle città. I cittadini assistono impotenti allo spaccio di droga, che avviene sempre nei soliti posti, e che avvelena la gioventù.
I proprietari di case possono vedere il valore dell’immobile dimezzarsi o ancora peggio quando lo Stato, senza spiegare perché, piazza nel condominio, o nel condominio a fianco, masnade di sconosciuti africani arrivati con i barconi, mantenuti per anni tra vitto e alloggio gratuito, telefonini, vestiti alla moda, monopattini elettrici. Il tutto a spese, ovviamente, della stessa persona che paga le tasse pur vedendo degradato il valore dei suoi beni. Alcuni figliano, perché magari chi li gestisce gli ha sussurrato qualcosa sullo ius soli e i ricongiungimenti.
Nelle cittadine, anche piccole, sorgono moschee abusive, che generano sempre movimento, e finiscono magari nelle cronache perché si scopre che dentro c’è qualcuno che predica l’islamismo salafita, con magari qualche possibile connessione con il terrorismo internazionale.
Tutti questi fenomeni sono pienamente accettati dalla popolazione: è questa la vera chiave di volta per comprendere l’anarco-tirannia.
Perché la violenza anarcoide portata programmaticamente dalle masse importate con i gommoni Kalergi è solo una faccia della medaglia. L’altra, la tirannia, prevede proprio la sottomissione del popolo. È la famosa inversione dello stato di diritto vista con il green pass, che sarà ancora più evidente quando, a breve, la nostra esistenza sarà piattaformata tramite ID digitale (prima preoccupazione di Macron appena rieletto) e danaro programmabile, cioè dall’euro digitale di sorveglianza della BCE Lagarde.
Se il cittadino non è libero, è uno schiavo. Se lo Stato non offre libertà, allora infligge la sottomissione. E la forma politica della sottomissione è la tirannide.
Potete vedere ovunque segni di questo squilibrio. Le tasse rendono impossibile la vita di tantissimi – specie i lavoratori autonomi – tuttavia ecco stanziamenti gargantueschi per mantenere gli immigrati (anche durante il governo Meloni: quanti sono? Tre miliardi? Cinque? Otto? Qualcuno lo vuole dire), più fiumi di danari e armi (al punto da rendersi sprotetti!) all’Ucraina.
Una decisione del vertice, neanche italiano magari, ma verso cui il popolo non pensa di reagire. Allarga le braccia, china la testa. Lavora, arriva a fine mese. Tollera tutto. Non ti muovere, stai lì e subisci, come una pietra, come un santo, come Fantozzi, come la brava persona che sei, che deve pensare prima a portare a casa da mangiare per la famiglia, e che non vuole grane con la polizia o con la magistratura.
È così che l’anarco-tirannide è divenuta strutturale. Colpisce, ad esempio, il recente omicidio di Primavalle, a Roma, quello della ragazza trovata nel cassonetto. Il ragazzo fermato, immigrato di seconda generazione, dicono l’abbia uccisa per un debito di droga da 30 euro. Il giorno prima di venire massacrata aveva presentato il sospetto assassino alla madre. «Signora, stia tranquilla, voglio bene a sua figlia». Poi, coltellate al collo, alla schiena, all’addome, il cadavere sanguinante messo su un carrello verso i bidoni della spazzatura. Su Instagram il ragazzino di origine cingalese ha più di 10 mila follower, ha inciso un pezzo Trap pubblicato su Spotify, si atteggia da duro. Lei invece era attiva in altri ambiti: faceva la volontaria al Centro accoglienza degli immigrati.
È un’immagine che dice tutto. Tuttavia, non possiamo non sentire gli echi di situazioni passate: Pamela Mastropietro, venti anni, squartata da spacciatori dell’Africa nera con precisione mai vista, forse rituale. Oppure Desiré Mariottini, drogata, stuprata e uccisa da un branco che ha poi lasciato il cadavere in uno stabile abbandonato. Aveva sedici anni. E poi, chissà quanti altri casi, e non solo in Italia. In Francia si è avuto il caso, agghiacciante, di Lola Daviet, violentata e torturata e uccisa, messa in una valigia da una strana immigrata maghrebina, forse anche qui con una cifra rituale non ancora ben compresa.
Non sono storie dell’orrore metropolitano, e nemmeno è solo cronaca nera dell’immigrazione: si tratta di tasselli che compongono il quadro dell’anarco-tirannia che va caricandosi nel sistema operativo dello Stato europeo.
Pensate agli stupri collettivi subiti dalle donne tedesche sotto il Duomo di Colonia. O, sempre a capodanno, allo stesso fenomeno inflitto alle ragazze milanesi sotto il Duomo di Milano.
Pensate all’invasione di Peschiera del 2 giugno 2022, dove divenne visibile, e pure filmata e messa sui social, l’impotenza delle forze antisommossa, che caricavano sul lungo lago tra sghignazzi, urla e cachinni, completamente circondati da orde di ragazzini di origine africana che rivendicavano di aver de-italianizzato la cittadina lacustre, resa, per un giorno «Africa».
Come noto, nel treno stracarico, al ritorno verso Milano, vennero molestate delle minorenni italiane (a cui, al contempo, è stato usato razzismo: il vagone era solo per africani, dissero) che tornavano da Gardaland. È notizia di pochi giorni fa che l’inchiesta sarà archiviata, le vittime non riescono a riconoscere i volti della bolgia, e le telecamere sul regionale, sorpresa, non funzionavano…
E ancora: i «festeggiamenti» per le vittorie ai mondiali del Qatar del Marocco li rammentate? E dell’ultimo capodanno di Berlino qualcuno, a parte Renovatio 21, vi ha parlato?
Oppure, uscendo dalla questione migratoria, pensate alla storia dei grandi rave estivi: migliaia di persone che occupano un terreno privato, spacciano in modo massivo, producono continue emergenze sanitarie (l’MDMA, alle volte, non fa benissimo), inquinano come niente. La polizia è fuori a guardare, non interviene.
Ognuno di questi episodi serve a farvi comprendere che, malgrado paghiate le tasse e rispettate la legge, siete in balìa di una ferocia che può scoppiare da un momento all’altro, e togliervi tutto: l’attività, la macchina, la casa, la dignità, la sicurezza… i figli.
Ogni luogo che credevate dominato dallo Stato democratico è in realtà passibile di divenire una TAZ, una «zona temporaneamente autonoma», come teorizzava negli anni Novanta l’ideologo dell’antagonismo da centro sociale Hakim Bey (il quale, en passant, era un grande apologeta della pedofilia).
Di più: ogni tessera di questo mosaico umiliante serve in realtà a sottomettervi in modo ancora più profondo, intimo. È quella che, quasi sessanta anni fa, l’esperimento dello psicologo Martin Seligman chiamò Learned Helplessness, ossia «impotenza appresa».
Seligman metteva dei cani in una grande scatola, divisa in due da una piccola barriera, che la cavia poteva superare con un piccolo salto, cosa che il cane faceva subito quando si mandava una pesante scossa elettrica sotto le zampe della sezione in cui si trovava. Tuttavia, notò lo psicologo, se si elettrificavano entrambi i pavimenti della scatola – non lasciando quindi uno spazio privo di scosse – il cane rinunciava a muoversi. Diveniva, tecnicamente, depresso, accettava il fatto di essere percosso da una violenza continua e invisibile. Tale tecnica, è emerso in questi anni, è stata utilizzata dalla Cia negli interrogatori nei suoi black sites sparsi in giro per il mondo. E la forma di tortura che piega definitivamente l’animo umano, facendolo sentire, una volta per tutte, impotente…
Ecco cosa vi sta succedendo. Ecco perché vi sentite così. Ecco perché stanno lasciando che le vostre vite siano distrutte. Per insegnarvi a sentirvi impotenti, esasperati, senza via d’uscita.
Sarete così esausti che obbedirete a tutto. Al massimo, ve la prenderete con il criminale lasciato – appositamente – a delinquere rovinandovi la vita. Ma non vi rivolterete mai. Perché voi siete stati resi docili dal miraggio del pascolo, vi hanno distolto dalla prospettiva del macello che vi aspetta facendovi ruminare uno stipendio e tanta roba d’intrattenimento (Netflix, gli hobby, lo sport, la musica classica e moderna, la libertà sessuale e religiosa, i diritti degli animali e degli LGBT). Siete stati bovinizzati, perché voi siete la massa vaccina.
Ma chi può volere una cosa del genere?
Se ve lo chiedete, non conoscete l’élite al potere, o quantomeno ignorate quale cultura la informi, una cultura che odia l’uomo, odia la donna, odia il bambino, predica la loro riduzione ed escogita trappole di ogni tipo per ferirli, mutilarli, distruggerne il corpo, l’esistenza, la dignità, una cultura che inverte tutto, il bello con il brutto, la fertilità con la sodomia, l’innocenza con la perversione, la vittima con il carnefice. In una parola la Necrocultura, la Cultura della Morte.
Tutti i libri che leggono quelli che vi comandano – Attali, Harari, Platone – parlano solo di questo, rassicurano i membri dell’Olimpo che è giusto così, alla popolazione umana va inferta la tecnocrazia più crudele, e loro saranno premiati, vivranno in stupende magioni protette dai lapilli della violenza in strada, magari estenderanno pure la loro vita indefinitamente grazie alla tecnologia transumanista.
Si tratta degli alti funzionari di quello che hanno chiamato la Managerial Class, cioè il personale del Managerial State, lo «Stato gestionale», ossia l’élite che gestisce il Moloch burocratico statale e sovrastatale. In pratica, i guardiani del totalitarismo dell’ora presente, reale quanto non dichiarato.
A loro è stato promesso che avranno un destino diverso rispetto a quello dei popolani. Pensate al Macron di queste ore: la Francia brucia, ma lui è a ballare al concerto dell’omosessuale affittatore di uteri Elton John (quello celebrato dal film biografici finanziati dal Vaticano…).
Il senso di impudenza, di tracotanza, di vera hybris che questi trasudano è incredibile: tuttavia in nessun modo essi perderanno il potere che hanno accumulato, spiegava Francis decenni fa.
Perché «dopo aver conquistato l’apparato statale, gli anarco-tiranni sono la vera classe egemonica nella società contemporanea, e la loro funzione è quella di formulare e costruire la nuova “cultura” del nuovo ordine che immaginano, una cultura che rifiuta come repressiva e patologica la cultura tradizionale e civiltà».
Siamo a bordo di una civiltà dirottata per distruggere se stessa, da cui ricomporranno un ordine nuovo, un mondo nuovo dove subirete violenza perenne, gratuita, pur continuando ad obbedire – vaccinandovi, accettando ogni parafilia insegnata ai vostri figli, facendovi portare amabilmente verso la guerra contro una potenza termonucleare – e non smettendo mai di pagare le tasse.
Sottomessi, assistete all’inversione di tutte le cose: il bene con il male, la virtù con il peccato, la salute con la malattia, l’onestà con l’assassinio, la pace con la guerra, la vita con la morte.
Questo mondo in caricamento, sì, somiglia un po’ all’inferno.
Ci arrivate, ora, a capire cosa sta succedendo?
Fonte: renovatio21.com