di Giglio Reduzzi
Questa volta non si può dire che papa Francesco non sia stato chiaro.
Facendo nomi e cognomi dei cardinali che intende nominare il prossimo 30 settembre, egli ha rivelato chiaramente, e con largo anticipo, quale sia il suo piano: spianare la strada al suo successore, in modo che questi possa portare a termine le radicali riforme che egli ha iniziato ma che prevede, per tante ragioni, di non poter concludere.
Questa chiarezza, di per sé encomiabile, lascia tuttavia interdetti i cattolici del piccolo gregge ratzingeriano, cioè i fedeli che invece consideravano il corrente papato come una specie di pausa pranzo, dopo di che i papi avrebbero ripreso la strada della bimillenaria tradizione apostolica.
È a tutti noto infatti che i cardinali di nuova nomina uniti a quelli nominati da papa Francesco in precedenza costituiscono, per circa l’80%, i grandi elettori del futuro papa.
Certo, poi c’è l’aiuto dello Spirito Santo, ma l’esperienza insegna che deve trattarsi di un’assistenza molto discreta; al punto da non essere neppure percepita.
Rebus sic stantibus, molti sono i vecchi cattolici che in questi giorni si stanno chiedendo: “E allora cosa dobbiamo fare?”.
La ricetta suggerita da Fabio Battiston [qui] non mi convince, perché “vigilare e resistere” assomiglia troppo a quella raccomandata dalle autorità italiane per non prendere il Covid (tachipirina e vigile attesa).
A mio avviso, la soluzione è in mano ai presbiteri di ogni ordine e grado, a partire ovviamente dai vescovi.
Naturalmente mi riferisco solo ai vescovi (che però mi sembrano ancora maggioritari) che non approvano il piano del pontefice in carica. Piano che in pratica consiste nel lasciare al suo successore il compito, non lieve, di cristallizzare in forma dottrinale ciò che lui stesso ha già iniziato a fare sul piano pastorale.
Se davvero non vogliono quella Fine del Cristianesimo che Diego Fusaro dà come già avvenuta, devono agire subito. Farlo dopo il concistoro del 30 settembre sarebbe inutile.
La giusta finestra temporale è adesso.
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