di J.S.P.
Caro Valli,
sto seguendo con attenzione il dibattito seguito alla pubblicazione dell’articolo di The Wanderer (autore che leggo sempre con vivo interesse), pubblicato il 16 luglio scorso (La Chiesa verso l’autodissoluzione. E noi che faremo?). È una domanda che molti oggi vanno ponendosi; e io fra loro. Non sono però d’accordo con l’impostazione che, in genere, viene data al problema. Mi spiego. Siamo ormai talmente condizionati dal processo di “istituzionalizzazione” che la Chiesa ha subito nel corso dei secoli – processo a cui la definizione dogmatica del Vaticano I ha dato un contributo decisivo (e in ciò mi trovo d’accordo con The Wanderer) – che molti pensano che il problema che stiamo vivendo non possa che avere una “soluzione istituzionale”. Ma dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che, procedendo su questa strada, ci si infila in un vicolo cieco. Tutti coloro che sostengono che Francesco sia un papa eretico o un antipapa – e pertanto meritevole di deposizione – interpellati su come dare attuazione a tale progetto, riescono solo a balbettare: “Tocca ai vescovi e/o ai cardinali dichiarare che…”, dimenticando che “Prima sedes a nemine iudicatur” (can. 1404) e che, cosí facendo, si corre il rischio di finire nel conciliarismo. Alcuni, consapevoli di tali difficoltà, si sono rassegnati ad attendere il prossimo conclave, illudendosi che, attuando un adeguato lavoro di lobbying, possa essere eletto un candidato “decente”, se non tradizionalista o conservatore, perlomeno moderato. Ma non si rendono conto che ciò che sta facendo Papa Francesco mira proprio ad assicurare continuità al proprio operato, ponendo le condizioni perché, nel prossimo conclave, venga eletto un candidato che sia la sua fotocopia.
Ma allora che fare? Mi pare che la soluzione la indichi proprio The Wanderer nell’articolo Tutto sembrava perduto, ma ecco che apparve Aragorn… Lí si fa riferimento a Il Signore degli anelli; io, insieme col Newman citato da The Wanderer, preferisco rifarmi alla tradizione biblica, che parla di profeti. I profeti non sono solo personaggi storici, appartenenti all’Antico Testamento. Spesso si pensa che il fenomeno del profetismo si sia concluso con Giovanni Battista. No, anche la Chiesa è edificata “sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti” (Ef 2: 20). La dimensione profetica (o “pneumatica” o “carismatica”) della Chiesa è altrettanto essenziale quanto quella istituzionale. La profezia è uno dei carismi diffusi nella Chiesa primitiva (1Cor 14), e non solo. E se è vero che il giudizio sulla genuinità dei carismi e sul loro ordinato esercizio spetta ai pastori della Chiesa (LG 12), è altrettanto vero che “l’uomo spirituale (‘pneumatico’) giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno” (1Cor 2: 15). Se esiste un primato di giurisdizione nella Chiesa, esiste pure un previo primato dello Spirito (divino) sul diritto (umano).
L’Antico Testamento dimostra quale sia il ruolo svolto dalla profezia nella storia della salvezza: “Il Signore non fa cosa alcuna senza aver rivelato il suo consiglio ai suoi servitori, i profeti” (Am 3: 7); i primi re (Saul e David) sono scelti e unti da un profeta (Samuele); gli israeliti vengono puniti con l’esilio perché non hanno obbedito ai profeti (Dn 9: 6). I profeti – non i re, non i sacerdoti – sono gli strumenti di cui Dio si serve per parlare al suo popolo.
Per quanto riguarda il Nuovo Testamento, basti un esempio. Paolo, che rivendica appassionatamente di essere un apostolo, seppur l’infimo (1Cor 15: 9), è innanzi tutto un profeta (At 13: 1-2). E, forse, proprio a questo titolo si sente autorizzato a opporsi a Pietro a viso aperto ad Antiochia (Gal 2: 11-14).
Bene, anche ora la Chiesa ha bisogno di un profeta che esprima un giudizio sulla situazione in cui essa versa attualmente; che possa, con l’autorità che gli viene da Dio stesso, opporsi, se necessario, a viso aperto anche a colui che di Pietro è il successore, senza per questo cadere nei lacci del diritto canonico. Sia ben chiaro, il profeta non dovrà essere lui il prossimo papa (non è suo compito), ma forse dovrà essere lui a indicarlo.
Che cosa fare dunque? Dobbiamo cominciare a pregare perché il Signore susciti in mezzo a noi un profeta (cf Dt 18: 15), ce lo faccia riconoscere e ci dia la grazia di ascoltare la sua parola.
“Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente” (Lc 18: 7).