Cari amici di Duc in altum, qualche giorno fa Elena ed Enrico nella loro Lettera dall’Austria [qui] hanno posto alcuni interrogativi circa il Kirchenbeitrag, ovvero il tributo che i fedeli devono obbligatoriamente versare alla Chiesa cattolica nei paesi di lingua tedesca. Avendo deciso di non pagare la tassa, Elena ed Enrico chiedono all’autorità ecclesiastica:
- Poiché non paghiamo la tassa, siamo doppiamente scomunicati per scisma e apostasia (quindi destinati all’inferno) fintanto che non ricominciamo a versare il tributo?
- Se paghiamo per ricevere i sacramenti, secondo il Codice di diritto canonico, incorriamo nel grave peccato di simonia, quindi non ci salviamo comunque?
- Se ci accostiamo ai sacramenti nonostante la scomunica, offendiamo e inganniamo palesemente l’autorità, quindi comunque, pecchiamo in modo grave…
- Se riceviamo i sacramenti nei giorni feriali da chi non pretende la tassa (però potrebbe darceli legittimamente solo la domenica perché appartenente alla FSSPX) commettiamo di nuovo il peccato grave di scisma, quindi ci danniamo? Infatti la nostra scomunica ha la stessa radice di quella della FSSPX. Disobbedienza all’autorità ecclesiale = scisma. (Se valesse l’aritmetica in ambito giuridico, potremmo sperare che le due scomuniche si annullino a vicenda).
Alla lettera di Elena ed Enrico risponde monsignor Carlo Maria Viganò.
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Cari Elena ed Enrico, Laudetur Iesus Christus!
ho letto la Vostra lettera, pubblicata su Duc in altum, che l’amico Aldo Maria Valli mi aveva segnalato perché vi dessi un mio parere in merito alla tassa ecclesiastica.
L’usanza delle decime, secondo il Catechismo, varia da nazione a nazione: gli Stati di lingua tedesca non fanno eccezione. In condizioni normali, il cattolico è tenuto a versare alla Chiesa – anche per tramite dello Stato – un contributo per il clero. Ma la situazione in cui ci troviamo oggi non è, come sappiamo, una situazione normale: moltissimi vescovi e gli stessi vertici della gerarchia cattolica propagandano dottrine eterodosse, incoraggiano alla violazione della Morale e della Legge naturale, adulterano la Sacra Liturgia, sostengono apertamente il piano eversivo del Nuovo Ordine Mondiale. Questa apostasia non può essere in alcun modo appoggiata né finanziata dai fedeli, che hanno il diritto e il dovere di astenersi dal contribuire in qualsiasi modo alla diffusione degli errori della chiesa bergogliana, ivi compreso il pagamento delle decime.
La questione non verte quindi su una possibile simonia – giacché la Chiesa ha il diritto di chiedere ai suoi fedeli di contribuire al sostentamento del clero – ma sulla legittimità degli attuali esponenti della Gerarchia a pretendere dai cattolici il finanziamento della propria opera disgregatrice. La decisione di non versare la tassa ecclesiastica allo Stato è dunque a mio parere legittima, a patto che un congruo importo sia comunque destinato a sacerdoti, religiosi o istituti di sicura ortodossia. Se da ciò deriva una presa di distanza da chi usurpa l’autorità nella Chiesa di Cristo, non per questo ne deriva automaticamente un atto di apostasia, checché ne dicano i seguaci della setta bergogliana. È d’altra parte comprensibile che i prelati modernisti vogliano disporre di finanziamenti per la loro azione nefasta, se questi sono loro garantiti da una legge dello Stato; ma questo non rende meno illegittima la loro pretesa.
Tenete presente che in Italia, dove il regime concordatario prevede la possibilità di destinare l’otto per mille alla Chiesa cattolica, moltissimi fedeli tradizionali hanno preferito astenersi da ogni contributo, e questo è un segnale inequivocabile per le casse (disastrate) della Conferenza episcopale italiana. Ma chi penserebbe che questi cattolici, rifiutandosi di sostenere l’agenda bergogliana, vogliano abbandonare la Chiesa?
Va da sé che quello che la Conferenza episcopale austriaca – che è un organismo consultivo – considera un atto formale di abbandono della Chiesa cattolica è piuttosto una forma di dissenso dal tradimento dei vescovi e del clero, e come tale costituisce un’abiura degli errori che essi diffondono, piuttosto che un’apostasia dalla vera Fede. D’altra parte, la minaccia di privarvi dei Sacramenti e della sepoltura ecclesiastica in caso di mancato pagamento della tassa ecclesiastica non dovrebbe rappresentare una sciagura: non credo ci teniate tanto ad assistere ai riti della setta bergogliana o ad essere accompagnati al cimitero da una diaconessa.
Seguite dunque il precetto evangelico: Se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non salutatelo; poiché chi lo saluta partecipa alle sue opere perverse (2Gv 10-11). Mi pare che questo monito possa rassicurarvi sul fatto che non siete assolutamente scomunicati per non voler pagare la tassa ecclesiastica a degli eretici e a dei corrotti, così come non sono scomunicati tutti i chierici, i religiosi e i laici che la Gerarchia condanna illecitamente a causa della loro fedeltà al Magistero immutabile della Chiesa.
Di tutto cuore Vi benedico, incoraggiandovi a resistere forti nella Fede.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
28 luglio 2023
Ss. Nazarii et Celsi Martyrum