di padre Mario Begio
Caro Aldo Maria,
che cosa fare? La domanda al centro di un dibattito su Duc in altum è la stessa che anch’io ho ricevuto dopo le mie ultime lettere al blog.
Anzitutto propongo una risposta molto pragmatica e semplice, in cui riassumere le cose da fare e da evitare. Poi aggiungo una rapida considerazione sul ruolo del papato, e a cascata su tutte le figure che da esso dipendono.
Cosa fare? Restare saldi nella fede e coltivare con fedeltà i capisaldi del cattolicesimo, che nessun teologo o Papa può mutare. Preghiera e sacramenti, recita del Santo Rosario, osservanza dei comandamenti, carità e opere di misericordia verso il prossimo, santificazione del proprio quotidiano, rispetto verso il clero e i consacrati. Facendo questo, a ben vedere, non saremo in fondo così distanti dall’esempio di Maria Santissima e di san Giuseppe, i quali vissero la fede nel segreto del quotidiano, in un’epoca di tracollo religioso e politico, senza grandi azioni esterne, senza grandi discorsi, ma fecondi, perché tutti dediti a custodire e a far crescere la presenza di Cristo, partendo dalle propria mura domestiche.
E aggiungerei: non abbandonare nessuna delle cose appena elencate. Sono elementi semplici e basilari della fede cristiana. Abbandonarli significa suppergiù apostatare. Attenti: al diavolo non interessa se noi abbandoniamo la fede perché amiamo il peccato o perché rifuggiamo gli scandali di un qualche pontefice e del suo seguito. Almdiavolo basta che abbandoniamo la fede e le opere della fede.
Capisco il caso in cui ci siano gravi abusi nell’amministrazione dei sacramenti, però – Deo gratias – abbiamo ancora sacerdoti che ci credono e garantiscono un certo decoro. E poi, come hanno testimoniato le confortanti lettere di alcuni giovani davanti alle pagliacciate sacrileghe viste nella GMG, anche nel caso di sacramenti celebrati male, non è escluso presenziare alle funzioni almeno con intenzione riparatrice. Ancora una volta il modello è la Sempre Vergine: in piedi sotto la croce, non per connivenza con i torturatori del figlio, ma per dare a Lui il conforto del proprio materno amore.
Ed ecco la riflessione: ti ricordi, Aldo Maria, la dottrina dell’ex opere operato? Allora io propongo – col mio solito stile ironico, mica come principio di teologia! – la dottrina del Pontefice Pontificato. Che in compendio raccoglie un grappolo di idee: di base affermo che è meglio avere un Papa malconcio, che non avere un Papa: finché è garantita la figura del Papa, possiamo sperare in un Papa futuro che sia decente e rimetta in piedi la Chiesa, con l’aiuto di Dio; ma se si annienta la figura del Papa, allora siamo in balia di chiunque e perdiamo il potere più grande annesso al papato, che è quello dell’unità. Del resto, se insistiamo sul fatto che Gesù ci ha dato un Papa, allora onorarne la figura – non in quanto rinnega il Maestro, non in quanto sprofonda nelle acque, non in quanto guadagna i riproveri del Cristo, ma in quanto è da lui istituita come roccia per la Sua Chiesa – significa obbedire a Gesù. So che questo è più difficile del semplice voltare le spalle a Pietro, ma proprio per questo lo considero un atteggiamento più corretto. Non la vera fede bensì le eresie hanno infatti la tendenza a trovare una via di attuazione per breviorem e per faciliorem. La fede al contrario percorre la porta stretta con in spalla la Croce.
E mi fermo qui, per oggi.
28.continua
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