Sicuri che il problema siano i lefebvriani?

di Aurelio Porfiri

Come molti sapranno, sono apparsi su La Nuova Bussola Quotidiana alcuni articoli per precisare quelli che dovrebbero essere gli atteggiamenti da tenere nei confronti della Fraternità sacerdotale San Pio X, fondata dall’arcivescovo francese Marcel Lefebvre. Gli articoli, firmati da Luisella Scrosati, affrontano vari aspetti del fenomeno lefebvriano e certamente partono da una constatazione evidente: la crisi della Chiesa sempre più devastante spinge le persone a cercare nei lefebvriani, o in gruppi simili, quel conforto spirituale che non trovano più nella Chiesa cattolica, nella sua liturgia devastata da decenni di iniziative “pastorali” e che pastorali non sono, in quanto al popolo è stato negato quel senso di adorazione, quella bellezza, quella sacralità di cui avrebbe veramente bisogno.

Gli articoli di Luisella Scrosati hanno suscitato numerose proteste, e io credo che questo sia il fenomeno più interessante di tutta la vicenda, in quanto molti di coloro che si sono sentiti offesi dagli articoli non sono tecnicamente appartenenti alla Fraternità, ma sono così esasperati dalla situazione attuale che non riescono a sopportare nessun attacco al “mondo della tradizione”.

Ora, io già in passato ho tentato di mostrare come sia molto difficile parlare del “tradizionalismo cattolico” come di un fenomeno unitario. Semmai si può parlare di “tradizionalismi cattolici”. Mi sembra che fu proprio monsignor Lefebvre ad affermare che chi avesse fatto la storia della Fraternità sacerdotale San Pio X non avrebbe potuto fare a meno di raccontare anche la storia dei suoi scismi interni che hanno formato ulteriori versioni “tradizionaliste” inconciliabili tra loro.

Dobbiamo anche fuggire la tentazione di considerare il “tradizionalismo” come una casa: al massimo possiamo considerarlo un albergo. L’obiettivo deve essere quello di tornare alla normale vita di un cattolico insieme agli altri cattolici. Ma è questo obiettivo attualmente possibile? Ovviamente no.

Qui si innesta l’enigma che tormenta tante anime, quella sensazione di essere Sradicati, come ho cercato di raccontare in un libro scritto con l’amico Aldo Maria Valli. Molti, non solo i lefebvriani, hanno la sensazione di essere come acrobati alla ricerca di un equilibrio in una situazione oggettivamente di enorme gravità. La stessa Luisella Scrosati, in uno dei suoi articoli, dice: “Per giustificare la propria posizione, la FSSPX presenta un’argomentazione che sostanzialmente si basa sull’intreccio tra stato di necessità, salus animarum e virtù dell’epicheia. In sostanza, la gravità dell’attuale crisi – che noi della Bussola non neghiamo, anzi – giustificherebbe la sospensione di alcune leggi canoniche per poter raggiungere il fine della salvezza delle anime, che è la suprema lex della Chiesa. Dunque, per raggiungere il fine supremo cui mira la legge – la salus animarum – è lecito a volte andare contro la lettera della legge”. Ovviamente la posizione dell’autrice è che questo stato di necessità non giustifica la svolta lefebvriana. Ma certamente uno stato di necessità esiste, e io credo che nessuno possa negarlo. Dunque, come affrontarlo?

Non entro nel merito degli articoli ben ponderati della Scrosati e capisco pienamente l’intento cattolico delle sue parole. Nondimeno non posso evitare di considerare come degna di attenzione la rabbia manifestata da tutti coloro che si sono sentiti offesi da quegli articoli, perché capisco il senso di sgomento che provano nel voler essere parte di una Chiesa che sembra affaccendarsi in cose che non ci parlano più del summum bonum. Io che (purtroppo) ho passato i cinquant’anni, ho sempre conosciuto la Chiesa della liturgia devastata, della musica liturgica vergognosa, della teologia annacquata, e quante volte mi sono trovato a dire: Signore, da chi andremo? Non ho mai pensato che per me la FSSPX fosse la soluzione, ma non posso negare che dentro di me comprendo (non necessariamente giustifico) coloro che cercano sollievo a questa situazione in alcune manifestazioni di reazione alla crisi come la FSSPX.

Ho già raccontato che la prima e unica volta in cui ho partecipato a una Messa in una chiesa della FSSPX fu a Parigi nella loro storica chiesa di Saint Nicolas du Chardonnet. Il post che scrissi in proposito su Facebook ebbe un numero elevatissimo di like, e non mi stupisce. Ciò che dicevo era molto semplice: nella chiesa ci saranno state seicento persone, tantissimi giovani, e quella fu una delle poche volte in cui partecipai a una liturgia davvero pastorale, in quanto le parti dell’Ordinarium Missae le cantavano tutti, ma proprio tutti!

Si dirà: ma quelle sono persone motivate. Certo. Ma non dovrebbero essere tali tutte le persone che vanno a ogni Messa? Se i lefebvriani sono così ferventi, rigorosi e motivati, mentre gli altri non lo sono, forse la domanda da farsi sarebbe: sicuri che il problema siano i lefebvriani?

 

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