di Rita Bettaglio
Per uno strano incrocio delle misteriose vie della rete, mi sono imbattuta in un recente comunicato della diocesi di Spoleto-Norcia (lo potete leggere qui).
Forse perché sono andata in vacanza in zona e Google non me l’ha perdonata…
Non conosco quella diocesi perché vivo al Nord Italia. So solo, se ho capito bene, che a Norcia, a oltre sei anni dal terremoto del 2016, nessuna chiesa è stata restituita al culto. Spero, ovviamente, di non aver capito bene e di essere smentita.
Comunque, non è di questo che volevo discorrere con voi.
Il comunicato del 21 agosto, da parte del Consiglio presbiterale diocesano, fa riferimento a una riorganizzazione delle parrocchie in pievanie con la collaborazione di laici, i cosiddetti operatori pastorali, “reinterpretando il concetto di parrocchia, il ministero del parroco e degli operatori pastorali” (sic).
Il che, potremmo dire parafrasando Guareschi, è bello e (d)istruttivo. Ed è ormai il refrain di quest’estate, come molti di voi segnalano da molte parti del nostro malcapitato (ma sempre benedetto) Paese.
Ebbene, pare che nella diocesi umbra il terremoto ecclesiale ed ecclesiastico non sia andato giù così facilmente e le proteste siano fioccate.
Recita il comunicato: “La recente riorganizzazione pastorale delle parrocchie e il conseguente trasferimento di alcuni sacerdoti ad altro ministero hanno destato commenti, valutazioni e giudizi non sempre rispettosi delle persone e della verità, arrivando anche a ferire gravemente la comunione ecclesiale”.
Ragion per cui si è corsi a stendere cotale letterina, tra il corrucciato e il paternalistico, per indorare la pillola, palesemente indigesta.
Qualcuno osa storcere il naso o protestare? Giammai.
Ma non era in atto il cammino sinodale? Non pervenuto.
Per tutta risposta si legge che “i membri di questo Consiglio hanno riflettuto con il Vescovo sul modo più opportuno di attuare quanto oggi lo Spirito Santo chiede alla nostra Chiesa spoletana-nursina”.
Capite? Lo Spirito Santo. Niente meno.
Io non sono nessuno, una laica qualunque, ma avverto un gatto vivo nello stomaco quando mi vengono spacciati così smaccatamente come azione dello Spirito Santo provvedimenti organizzativi che oggi possono parere validi e tosto se ne potrebbe vedere il totale fallimento.
Ora io mi domando, e domando a chi è più intelligente di me: era proprio il caso di tirare in ballo lo Spirito Santo?
Siete sicuri che la terza persona della Santissima Trinità chieda proprio questo alla Chiesa di Spoleto-Norcia o ad ogni altra?
Se il Santo Padre ha l’infallibilità solo in pronunciamenti ex cathedra e solo in materia di fede e morale, un Consiglio presbiterale diocesano qualunque che prerogative soprannaturali ha?
Non era forse più prudente volare un po’ più basso?
Dalle mie parti si usa il detto: poteva cadere da più in alto e darsi meno male. Ma chi si spinge troppo in alto rischia di ruzzolare.
Chi sta in piedi, guardi di non cadere, dice san Paolo.
Il che ha sempre suggerito alla Santa Chiesa cattolica e ai suoi uomini la somma prudenza in ogni azione.
Ci sovviene, inoltre, che nella Messa antica (cosa che poi è stata brutalmente espunta nel rito nuovo) il sacerdote, prima di salire i gradini dell’altare, recita per primo il Confiteor e i chierichetti (in vece del popolo) chiedono per lui misericordia e perdono dei suoi peccati. Solo a quel punto il popolo chiede perdono per sé.
Il che, nuovamente, è bello e istruttivo.