Nuovi “diritti” / Sepolti con il proprio animale domestico?
di Vincenzo Rizza
Caro Aldo Maria Valli,
leggo in un recente articolo [qui] che in alcuni luoghi italiani è possibile essere sepolti insieme al proprio animale domestico.
Ancora sono poche le città che garantiscono tale “diritto” (molte di più quelle che prevedono l’istituzione di appositi cimiteri per soli animali), ma sono certo che in poco tempo il fenomeno si amplierà e presto tutti i cimiteri saranno obbligati a ospitare uomini e animali (non solo domestici: troverei gravemente discriminatorio consentire la sepoltura con un cane e non anche con un cavallo).
Sarò un irriducibile e imperdonabile “indietrista”, ma pur amando gli animali rimpiango i tempi in cui i cimiteri erano ancora terra consacrata e chi vi accedeva si faceva rispettosamente il segno della croce. Non rimpiango, naturalmente, il divieto passato che impediva ad atei o appartenenti a religioni diverse dal cristianesimo di avere degna sepoltura, ma rivendico la necessità che i cimiteri siano comunque considerati luoghi sacri meritevoli di maggior rispetto.
Vero che a volte certi animali sembrano più umani dei loro padroni, ma il “culto” loro riservato mi sembra davvero eccessivo.
Nel foglietto La Domenica del 27 agosto [qui], tra le preghiere dei fedeli,c’era l’immancabile riferimento alla tutela del creato e in particolare “Per tutti i cristiani: contribuiscano alla custodia del creato, prendendosi cura della terra e di tutti i suoi abitanti, delle piante, degli animali e delle acque, valorizzando tutti i doni della provvidenza divina”. Mi ha colpito l’ordine con cui i cristiani dovrebbero contribuire alla custodia del creato: innanzitutto dovrebbero prendersi cura della terra, quindi genericamente di tutti i suoi abitanti, poi delle piante e degli animali, infine delle acque. Prima la terra (la madre terra?) e poi i suoi abitanti (uomini compresi?); o forse mi sbaglio e le piante e gli animali sarebbero una specificazione di “tutti i suoi abitanti”, volendo così escludere da ogni tutela proprio gli uomini, cancro che opprime la madre terra?
I nuovi diritti avanzano prepotentemente e agli animali sono riservate prerogative che ormai si negano agli uomini. Basta osservare il “Regolamento comunale sulla tutela degli animali” del Comune di Roma [qui], approvato nel lontano 2005 (con annessa lettera di presentazione di Monica Cirinnà, nota per aver partecipato a una manifestazione con un cartello “Dio, Patria, Famiglia, che vita di m….” e per essere proprietaria di un cane assai benestante), che all’art. 8, comma 6, fa espresso divieto di “separare i cuccioli di cani e gatti dalla madre prima dei sessanta giorni di vita se non per gravi motivazioni certificate da un medico veterinario”. Come spiegare quest’articolo a una madre surrogata, obbligata per legge (laddove questa pratica è consentita) a privarsi del proprio bambino subito dopo il parto? In realtà la madre surrogata potrebbe avere un’alternativa: visti i tempi, potrebbe invocare una carriera alias e dichiarare di sentirsi un cane o un gatto; avrebbe così la possibilità di rimanere con il proprio cucciolo per altri due mesi.