Una “leader parrocchiale” al posto del parroco. Non siamo in una comunità evangelica, ma in una parrocchia cattolica, in Svizzera. Mentre il sinodo si avvicina, ecco come vanno le cose a Riehen, cantone di Basilea, al confine con la Germania.
(A scanso di equivoci, preciso – non si sa mai – che mi occupo di questa realtà non perché la condivida, ma solo per informare su ciò che succede e su ciò a cui, forse, stiamo andando incontro).
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Se si entra nel sito della parrocchia di San Francesco a Riehen, nel cantone svizzero di Basilea, si resta un po’ sorpresi. Inutile cercare il parroco. Non c’è. Al suo posto c’è una signora, Dorothee Becker, la responsabile parrocchiale.
Dorothee, cinquantanove anni, proviene dall’arcidiocesi di Colonia. Dopo gli studi di teologia a Bonn, nel 2005 è diventata cappellana parrocchiale e poi Gemeindeleiterin, ovvero leader della parrocchia.
A coadiuvarla c’è un’altra donna, Heidrun Döhling, Pfarreiseelsorgerin, cioè cappellana parrocchiale. Della squadra fanno inoltre parte Marta Furrer (amministrazione), Katja Rietschi (sagrestana) e Daniela Moreno Petitier (assistente sociale). L’unico uomo è l’organista, Tobias Lindner.
Nella parrocchia St. Franziskus il prete viene due volte al mese. Per il resto è Dorothee a occuparsi del culto e dei sacramenti, come spiega lei stessa: “Sono principalmente un pastore e una persona di contatto per la gente della nostra parrocchia. Ciò significa che svolgo compiti pastorali e accompagno le persone. Organizzo celebrazioni della comunione, celebro battesimi e funerali, tengo incontri. I battesimi e i funerali, soprattutto, mi permettono di stare vicina alle persone, alle loro gioie, ai loro bisogni. Inoltre mi occupo di compiti amministrativi e collaboro con comitati e consigli”.
Nei due fine settimana in cui è disponibile, il sacerdote, un gesuita, celebra la Messa, confessa e amministra l’unzione degli infermi, cose che Dorothee non può fare.
“In realtà – spiega la leader parrocchiale – sarebbe tutto più facile se potessi anche amministrare l’unzione degli infermi, ma non mi è permesso. Quando accompagno le persone malate e vicine alla morte, devo consultare un sacerdote, ma sono io che conosco bene queste persone. Per me si tratta proprio di costruire relazioni con i credenti, stare con loro, non solo ascoltare ma simpatizzare, piangere insieme a loro e cercare insieme strade percorribili”.
Circa i battesimi, Dorothee ha ricevuto un mandato straordinario del vescovo per poterli celebrare, di solito la domenica, in date fisse. “Mi occupo anche della preparazione al battesimo, visito le famiglie a casa e prepariamo insieme la celebrazione. Vedo che le persone sono felici che una donna abbia assunto questo ministero”.
Dorothee Becker è una delle cofondatrici di Junia Initiative, organizzazione che si propone di ottenere che “donne e uomini siano ordinati per il ministero sacerdotale, indipendentemente dal sesso e dallo stile di vita”. L’obiettivo è “modificare le condizioni di ammissione al ministero sacerdotale”.
In effetti, spiega la leader della parrocchia, “vogliamo pari diritti per le donne e gli uomini sposati che si sentono chiamati al ministero sacerdotale. Si tratta in una certa misura di cambiare l’immagine del prete, di radicarlo meglio nella società, contro il clericalismo che papa Francesco ha più volte denunciato: il clericalismo va abolito affinché cessino gli abusi di potere. Dio si è fatto uomo in Cristo. Le differenze di genere non dovrebbero più avere alcun ruolo”.
Da tempo Dorothee Becker si batte per il sacerdozio femminile. “Ogni battezzato – dice – è unto con il crisma della dignità sacerdotale. Qualche anno fa ho parlato con un confratello sacerdote della possibilità di diventare diacono. E lui mi ha detto: ti vedo già come una sacerdotessa. Per me è stato uno stimolo a riflettere più profondamente su questa forma di vocazione, che avverto in me da molto tempo. Sì, credo che tutti noi che lavoriamo nella Chiesa, con e per la gente, siamo ministri sacerdotali, uomini e donne. Non può più esserci differenza”.
In quella che viene chiamata celebrazione della comunione Dorothee distribuisce le ostie, precedentemente consacrate da un sacerdote: “Ci riuniamo con le persone che hanno precedentemente celebrato l’Eucaristia nella nostra chiesa e celebriamo la comunione reciproca. Recentemente abbiamo istituito un gruppo liturgico che aiuta a organizzare i servizi e, in futuro, potrebbe anche preparare e guidare le celebrazioni della comunione in caso di emergenza”.
“Quando sono stata insediata come leader della chiesa – spiega Dorothee – ho ricevuto dal rappresentante del vescovo un Vangelo, con questo solo compito: predica il Vangelo! È quello che faccio, non solo in chiesa. Di recente ho letto il Vangelo a voce alta nella piazza del mercato. La comunità polacca non l’ha presa bene: hanno detto che per queste cose ci vuole un prete. Ma molte altre reazioni sono state positive. Ciò rende chiaro che le chiese locali si trovano in momenti diversi all’interno del processo di riforma. Potremo andare avanti solo dialogando gli uni con gli altri. E forse non tutto deve avvenire alla stessa velocità”.
Quando le chiedono perché sta nella Chiesa cattolica, nonostante l’impossibilità di diventare prete e gli scandali connessi agli abusi, Dorothee risponde: “Semplicemente perché la Chiesa ha un messaggio prezioso e liberatorio sull’amore di Dio. È triste e straziante che questo messaggio sia oscurato da eventi orribili. Tuttavia, nella Chiesa mi sento a casa e, come pastore, vorrei far provare questa sensazione anche ad altri. Tenere accesa la fiaccola, trasmettere la fede nel bene: questo è ciò che mi motiva. Inizio ogni giornata con uno studio delle Scritture. Questo è importante per la mia fede e per il mio lavoro. Credo che qualcosa cambi quando mi lascio cambiare. Molto è già cambiato in meglio e continuerà a cambiare. Nel processo sinodale vengono affrontate questioni che prima non erano mai state poste a questo livello. Sì, qualcosa sta cambiando. Il resto lo affido allo Spirito Santo”.
Fonti:
Nella foto (katholisch.de), Dorothee Becker durante la “celebrazione della comunione”
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