di Nicolò Raggi
Caro Valli,
dopo la lettura dell’articolo di Duc in altum [qui] sulla reggente parrocchiale Dorothee in Isvizzera e dei suoi auspici generici mi sono venuti in mente alcuni aneddoti specifici.
Conosco una suora quarantenne di famiglia salentina, ma nata e cresciuta a Zurigo, che raccontò – con grande mio stupore – di essersi fatta suora senza averne mai vista una nella sua città, prima di tornare in Italia non appena maggiorenne.
Ho poi conosciuto un frate, fondatore di una associazione religiosa in seguito sciolta dal vescovo, che ripeteva: “Avremmo dovuto aprire in Isvizzera, lì nessuno si sarebbe attaccato ai cavilli”.
I cavilli consistevano nel far praticare dei cosiddetti esorcismi ai novizi, invece di insegnare loro l’abc della vita cristiana e fraterna.
Devo comunque constatare, a distanza di non molti anni, che probabilmente aveva ragione: in Isvizzera se sei donna e preferibilmente lesbica entri subito in lizza per l’incarico di parroco, in attesa che tutti questi indietristi riconoscano finalmente che Gesù stesso non ha fatto differenze di genere e, oltretutto, non ha mai detto di non essere donna!
Per una maggiore correttezza generica mi viene anche spontaneo chiedere a gran voce che il fenomeno linguistico della “i prostetica” – come in Isvizzera, in iscuola, per iscritto [si veda qui] – venga sollecitamente ribattezzato (mi scuso con le sorelle e i fratelli diversamente credenti) in “i prostatica”, al fine di non escludere arbitrariamente nessun* da nessuna prerogativa.
Grazie e avanti così, come Thelma & Louise.
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Illustrazione: judyflander.org