O Crux ave, Spes unica!

Arbor decora et fulgida,

ornata Regis purpura,

electa digno stipite

tam sancta membra tangere.

di monsignor Carlo Maria Viganò

Quello che Cicerone definì come «il supplizio più terribile e più infamante», la pena riservata agli schiavi e che i Romani guardavano con orrore, è divenuto per i Cristiani motivo di gloria: Mihi autem absit gloriari, nisi in cruce Domini nostri Jesu Christi: per quem mihi mundus crucifixus est, et ego mundo (Gal 6, 14) esclama San Paolo. L’Introito della Messa odierna ci ricorda che nella Croce risiede la nostra salvezza, la nostra vita, la risurrezione, e che tramite essa siamo stati salvati e liberati.

È dall’anno 335 dell’èra di Cristo che la Chiesa celebra solennemente la festa della Santa Croce, anticamente pari per dignità alla Pasqua e all’Epifania, quando il Sacro Legno venne ritrovato dall’Imperatrice Sant’Elena, madre di Costantino. La festa della ὕψωσις, la esaltazione della Croce fu adottata dall’Imperatore Eraclio nel 612, ma due anni dopo i Persiani misero a ferro e fuoco Costantinopoli e il loro re Cosroe II si impadronì della Croce e dal suo legno ricavò un faldistorio, in segno di spregio. Nel 628 Eraclio, vittorioso sui Persiani, riportò la Santa Croce prima a Costantinopoli e poi a Gerusalemme.

I testi della liturgia echeggiano ancora l’indole penitenziale e la tristezza del momento in cui l’Impero bizantino, travagliato dalla guerra contro i Persiani, si vedeva sottratta e profanata la Santa Croce, che fino ad allora veniva portata alla testa dell’esercito cristiano. Anche noi, oggi, ci troviamo travagliati da questi duplici sentimenti: da un lato, la gioia per il trionfo della Croce di Cristo; dall’altro, il dolore per lo stato in cui versano le Nazioni e la Chiesa stessa. Anche noi vediamo nuovi Cosroe profanare il simbolo della Redenzione da parte di invasori della società civile e del corpo ecclesiale. E quel che maggiormente ci addolora è assistere a questa empia profanazione nel silenzio o con la complicità della Gerarchia della Chiesa, asservita al nemico e traditrice di Cristo.

L’odio di Satana contro Nostro Signore si scatena proprio contro la Santa Croce perché, come scrive Sant’Anselmo, «per Te è spogliato l’inferno; è chiuso, per tutti coloro che in Te sono stati riscattati. Per Te i demoni sono terrificati, compressi, vinti, schiacciati. Per Te il mondo è rinnovato, abbellito, in virtù della verità che splende e della giustizia che regna in Lui. Per Te la natura umana peccatrice è giustificata: era condannata ed è salvata; era schiava del peccato e dell’inferno ed è resa libera; era morta ed è risuscitata. Per Te la beata Città celeste è restaurata e perfezionata. Per Te Dio, Figlio di Dio, volle per noi obbedire al Padre fino alla morte (Fil 2, 8-9). Per questo Egli, elevato da terra, ebbe un nome che è al di sopra di ogni nome. Per Te Egli ha preparato il suo trono (Sal 9, 8) e ristabilito il Suo Regno».

Ma questo odio infernale nulla può contro la Croce di Cristo: le tribolazioni presenti – cui tutti siamo sottoposti per meritare il Cielo seguendo il divino Maestro sulla via del Calvario – finiranno come ebbero fine le violenze e le profanazioni di Cosroe e di tutti i tiranni scagliati dall’Inferno contro la Chiesa e la società cristiana.

Sul basamento dell’Obelisco Vaticano, in cima al quale sono poste le Reliquie della Vera Croce, è scritto: Ecce Crux Domini: fugite partes adversæ. Vicit Leo de tribu Juda. E ancora: Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat, Christus ab omni malo plebem suam defendat. Vittoria e sconfitta, trionfo e patibolo, vita e morte: sono le apparenti contraddizioni che accompagnano la nostra vita terrena.

Vittorie alterne: della nostra anima sulle tentazioni; della civiltà cristiana sul mondo empio e pagano; della Santa Chiesa Militante sui suoi nemici interni ed esterni. Trionfi silenziosi della Grazia, che si riversa sulle anime sgorgando dal Costato aperto del Salvatore crocifisso. E il Signore della Vita che, patendo gli indicibili tormenti della Passione, inchioda a questo Legno benedetto l’antico Serpente, sicché l’albero che segnò la nostra dannazione con la disobbedienza di Adamo all’alba della storia dell’umanità è soppiantato dall’albero salvifico della Croce e dall’obbedienza del nuovo Adamo e dalla mediazione della nuova Eva, Maria Santissima.

Giovanni Crisostomo ha scritto: «I Re togliendosi il diadema prendono la Croce, il simbolo della morte del loro Salvatore; sulla porpora, la Croce; nelle loro preghiere, la Croce; sul sacro altare, la Croce; in tutto l’universo, la Croce. La Croce risplende più chiara del sole». Prostriamoci dunque a questo Legno e ripetiamo con le parole dell’inno: O Crux ave, Spes unica! Sarà questa Croce santissima che baceremo nell’agone della morte; sarà questa Croce che vedremo apparire gloriosa alla fine dei tempi, quando tutte le cose saranno ricapitolate in Cristo. E così sia.

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

14 settembre 2023, festa dell’esaltazione della Santa Croce

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