Il libro del generale Vannacci / Opinioni a confronto
L’articolo di Paolo Gulisano Sul libro del generale Vannacci / “Ecco perché l’operazione è sospetta e non mi unisco al coro di elogi” [qui] ha suscitato numerose reazioni critiche. Ospito quella di Paolo Deotto, al quale subito dopo replica lo stesso Paolo Gulisano.
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“Criticare Vannacci vuol dire cadere nella solita ossessione perfezionista”
di Paolo Deotto
Caro Valli,
ho letto l’articolo che Paolo Gulisano ha scritto sul generale Vannacci e che hai ripreso [qui] nel tuo blog Duc in altum. Consentimi di intervenire con un breve commento.
Premetto che conosco e stimo Paolo Gulisano, ma ho l’impressione che su questo argomento sia caduto in quell’errore che si ripete da anni annorum nel nostro ambiente cattolico “conservatore”. Diciamo in genere nell’ambiente dei cosiddetti “tradizionalisti”.
In questo ambiente vivo e opero da tanto tempo e ho visto, fin troppo spesso, come una sorta di ossessione perfezionista – che parte senza dubbio da ottime intenzioni – finisca per rovinare tante cose, tante possibilità di rapporti che potrebbero crescere ed essere utili.
Andando nel caso specifico, ho letto il libro del generale Vannacci e mi è piaciuto. Perché? Semplicemente perché, senza pretese, dice tante cose di buon senso. Quel semplice, banale, buon senso che il cittadino qualunque ha ormai paura di esprimere.
Poi certamente il generale non dice alcune cose, su altre potrà anche avere torto, ma il quadro complessivo che ne vien fuori – almeno a parere del sottoscritto – è quello di un uomo libero che si è rotto le scatole del “politicamente corretto” e che non esita a palesare il suo fastidio su alcune “verità assolute” che il Pensiero Unico vuole imporci.
Poi scopriamo che il generale Vannacci è ammiratore di Garibaldi, Mazzini e compagnia bella. Scopriamo che è portatore di un nazionalismo puramente laicista. Ok, tutto vero.
Ma anzitutto, chi ha fatto del generale Vannacci una bandiera o una figura di riferimento? Francamente non saprei. Ha suscitato lodi che forse non meritava? Può darsi, ma la cosa è comprensibile, perché nel clima plumbeo in cui viviamo chi ha il coraggio di andare fuori squadra anche per pochi millimetri, viene già visto come un eroe.
E perché quell’inutile sarcasmo, definendo il generale come “apprendista scrittore in tuta mimetica” e dandogli del “tuttologo”. Tra l’altro, mi si consenta, proprio su questo termine dovremmo stare molto attenti. Nel nostro ambiente “tradizionalista” ho visto un sacco di teologi/storici/politologi/sociologi eccetera improvvisati.
E ho visto purtroppo anche questa ossessione perfezionista, a cui magari negli anni sono sfuggite un po’ di cose. Ne cito solo due: uno dei primi a muoversi in difesa di Eluana Englaro fu Giuliano Ferrara, che si definiva ateo, e l’unico politico che cercò di salvarle la vita fu Silvio Berlusconi, donnaiolo, libertino e altro.
E vogliamo andare avanti? Indro Montanelli era divorzista; però chi potrebbe negare che si è sforzato onestamente di fare del bene all’Italia che si avviava sulla strada del grigio conformismo in cui tutti ora siamo immersi?
E veniamo ai giorni nostri. Un Marco Rizzo o un Gianluigi Paragone sono difensori della Tradizione? Non direi proprio, ma sono stati in questi ultimi anni due voci libere, che hanno sostenuto posizioni di buon senso, più che condivisibili.
Certamente noi sappiamo bene che una vera ripresa civile e sociale potrà esserci, se mai ci sarà, solo se la morale cattolica e la sana Dottrina torneranno ad essere la base della convivenza, della legislazione, dell’organizzazione dello Stato.
Ma intanto ci sono personaggi che hanno detto – e in alcuni casi hanno anche fatto – cose condivisibili. Personaggi con i quali, perlomeno, è possibile e sarà possibile un confronto e una collaborazione.
Questo non toglie nulla al merito riconosciuto ai personaggi che Gulisano cita (come Mario Giordano, Vanni Frajese, Silvana De Mari). Piuttosto, accorgiamoci che ci sono uomini liberi anche se non fanno parte del nostro “giro”.
E magari sarebbe bello anche non perdersi in strane teorie un po’ contorte, ipotizzando che il Generale sia una sorta di killer che deve frantumare l’elettorato di centro-destra.
Su tutta questa vicenda mi limito a osservare un paio di cose: la figuraccia rimediata da Crosetto, che ha parlato di “farneticazioni” senza aver nemmeno letto il libro; il dignitoso diniego che, almeno per ora, il generale Vannacci ha opposto alle proposte di “carriera politica”.
Infine, vorrei ricordare una cosa: Vannacci, generale di divisione, con ampia esperienza operativa, si trova a un certo punto relegato alla direzione dell’Istituto geografico militare. Siamo sicuri che non ci sia alcun nesso con le denunce che Vannacci fece (e fu uno dei pochissimi ufficiali di grado elevato a farle) circa i danni causati ai nostri soldati dall’uso di munizioni a uranio impoverito? Teniamone conto, prima di sparare facili condanne da tastiera.
Tanto per restare in ambiente militare, vorrei ricordare il generale di Brigata Giulio Martinat.
Il 26 gennaio 1943, durante la terribile battaglia di Nikolaevka, il generale Martinat si mise personalmente al comando degli alpini dell’Edolo, galvanizzandoli con il suo esempio e il suo, slancio, tant’è che la battaglia si concluse con la rottura dell’accerchiamento in cui le truppe sovietiche avevano imprigionato i nostri soldati. “Avanti alpini, avanti, di là c’è l’Italia, avanti!” gridava il generale Martinat, sparando in piedi con il moschetto. Una pallottola del nemico lo fulminò colpendolo in fronte. Ma ormai i soldati si erano scossi e andavano all’assalto. Il loro generale, con il suo esempio, aveva salvato loro la vita.
Il generale Giulio Martinat era di religione valdese ed era massone. Diede la vita per i suoi amici, i suoi uomini. Per questa azione, fu insignito di medaglia d’oro alla memoria. Secondo certi perfezionisti, forse sarebbe da ricordare, ovviamente in negativo, perché valdese e massone…?
La morte del generale Martinat mi fu raccontata da un uomo che la vide con i suoi occhi: mio padre, che era capitano medico degli alpini e fu tra i combattenti a Nikolaevka.
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“Vannacci emarginato? Non mi sembra proprio. Attenzione a non cercare sempre l’uomo della provvidenza”
di Paolo Gulisano
Il mio articolo sul generale Vannacci [qui] non poteva non suscitare le risposte di qualche lettore che, sull’onda della grande campagna promozionale dello scritto e delle opinioni in esso contenute, ha incominciato a simpatizzare per il militare. Contemporaneamente all’uscita del mio articolo, arrivava la notizia che l’autore de Il mondo al contrario è stato chiamato da Mediaset a fare da testimonial alla popolare trasmissione Striscia la notizia. Questa è l’ennesima prova – e non sarà certo l’ultima – che Vannacci non è certo il perseguitato e il censurato che si è voluto credere. Perché proprio lui, sulle reti Mediaset, e non Aldo Maria Valli o Costanza Miriano o Maria Rachele Ruiu, per non fare che tre nomi tra i tanti che invitano al buon senso? Credo che ormai dovrebbe essere chiaro che la tesi del Vannacci discriminato non sta più in piedi. E quindi, come già scrivevo, bisogna ragionare su quelle che sono le sue idee.
Qualche lettore mi ha accusato di essere un masochista: una volta che il “mondo di Destra” ha trovato un proprio eroe, ecco che gli si va a fare le pulci, e a mettere in risalto il suo essere sostanzialmente un uomo del sistema, il suo essere un laicista veteronazionalista, un tecnocrate che crede nelle progressive sorti della scienza a partire dagli OGM, che non parla mai di libertà religiosa e di princìpi non negoziabili, mentre per una certa Destra ha avuto il grande merito di dire che ci sono troppi immigrati (salvo aver sposato una signora romena) senza aver analizzato le cause delle migrazioni, e di dire ciò che tanti pensano circa l’omosessualità, salvo autopubblicarsi utilizzando la piattaforma di Amazon, azienda che sostiene economicamente la cultura LGBT+.
Non credo dunque che sia autolesionismo prendere le distanze da Vannacci, e non credo che se il generale non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Ci sono altre persone che da anni conducono importanti battaglie per la libertà e la verità. Sono queste che andrebbero sostenute.
Quello poi che volevo sottolineare è che se una certa Destra “viscerale”, quella che in fondo ha già i suoi testimoni, come ad esempio Vittorio Feltri, lo riconosce come un proprio eroe, Vannacci non può certamente essere un’icona del mondo cattolico, e penso di avere già sufficientemente detto perché.
Ma emerge nei miei confronti una ulteriore puntualizzazione: sarei un perfezionista, o una sorta di manicheo. Ammetto che la cultura del compromesso non mi si addice, essendo cresciuto alla scuola dei grandi cattolici inglesi, che da san Tommaso Moro a Tolkien e Chesterton passando per Newman hanno sempre rifiutato il concetto di compromesso col male, con l’errore, col peccato. Del peccato però siamo intrisi, e lo so molto bene, ne sono personalmente consapevole nella mia carne. Non sono dunque un perfezionista, né un manicheo. Non credo che il generale Vannacci sia un esponente delle forze del male, ma semplicemente non ritengo nemmeno che sia “l’uomo della provvidenza” che sempre viene atteso, specie dal mondo di Destra. E anche qui bisogna decidersi: il cattolico tradizionale si differenzia dal cattolico conservatore, o di destra, perché confida solo in Dio, e non nella politica. Molto spesso i “cattolici di destra” fanno l’errore speculare di quelli di sinistra. Il cosiddetto cattocomunista era prima di tutto comunista, poi anche cattolico. E così anche molti “cattodestri” sono in sintonia con Vannacci perché lo riconoscono in un comune sentire che è sostanzialmente politico.
Si vuole vedere in lui una sorta di “compagno di strada” (compagno non è esattamente la parola giusta) per affrontare determinate battaglie? Non c’è problema: fate pure, e poi vedremo dove si va a parare.
Un’ultima considerazione sul “perfezionismo”: è vero, siamo tutti peccatori, ma oggi nella Chiesa c’è un certo eccessivo autocompiacimento per il peccato, che diventa poi autoassoluzione. Pur nella consapevolezza della nostra fragilità, ho sempre presente il motto episcopale di un vescovo cattolico scozzese nel tempo in cui la Chiesa era perseguitata e clandestina, monsignor Geddes: Ambula coram me et esto perfectus. Cammina alla mia presenza e sii perfetto (Gen 17,1). Per meno di così, non vale la pena essere cristiani.