Per molti ma non per tutti L’inclusività ad assetto variabile della “chiesa sinodale”
di John Horvat
Un aspetto che caratterizza il prossimo Sinodo sulla Sinodalità è costituito dall’enfasi posta sulla necessità di ascoltare altre voci. Tutte le voci.
Ai cattolici viene detto che “lo spirito” parla attraverso tutti coloro che sono emarginati ed esclusi. È quindi necessario ascoltare la più ampia varietà di voci. Diventando una Chiesa che ascolta, il “popolo di Dio” può “camminare insieme” sul cammino sinodale verso una nuova evangelizzazione.
Gli organizzatori del Sinodo insistono su quella che chiamano “inclusione radicale”. Nessuno è escluso. “Tutti, tutti, tutti” è il modo in cui, a Lisbona, Papa Francesco ha espresso il suo desiderio di vedere la Chiesa espandere lo spazio all’interno della sua tenda.
Tutti significa ogni singola persona. I documenti del Sinodo dichiarano la necessità di ascoltare coloro che non sono d’accordo con la Chiesa, come gli atei, coloro che hanno lasciato la fede o le persone di altre religioni. Includono anche coloro che non vivono secondo la morale cattolica, come i divorziati “risposati”, le persone LGBTQ in unioni omosessuali e i conviventi. Tutti.
L’inclusione radicale deve quindi abbracciare tutti. Nel momento in cui qualcuno viene escluso, il processo si interrompe. Quando le persone smettono di ascoltare, lo spirito non può agire. Il Sinodo è tutto incentrato sull’accoglienza e qualsiasi rifiuto, soprattutto da parte dei funzionari della Chiesa, rappresenta un fallimento nell’essere una chiesa sinodale.
Questa logica interna al Sinodo sulla sinodalità viene ripresa, sottolineata e ripetuta nei documenti e nelle sessioni a cui si partecipa. Tutti devono essere inclusi.
Tutti, cioè, tranne i cattolici preoccupati come me.
Confesso di essere preoccupato che questo processo sinodale possa essere un vaso di Pandora che potrebbe portare a confusione, errori e divisioni. Non sono solo. Un numero crescente di cardinali, vescovi, sacerdoti e laici condivide le mie preoccupazioni. Nonostante queste perplessità, mi aspetto che, per correttezza, questi cattolici siano trattati almeno come i molti altri che sono stati inclusi. Mi auguro che i promotori del Sinodo ascoltino e diano valore alla voce della tradizione. È questo il senso della sinodalità.
Invece, coloro che esprimono le loro preoccupazioni vengono esclusi. I loro punti di vista vengono respinti con una veemenza che posso solo qualificare come esclusione radicale. Quando si sollevano questi problemi in pubblico, c’è un rifiuto quasi rabbioso anche a prendere in considerazione la prospettiva tradizionale. La tradizione viene giudicata e impiccata senza essere considerata… o ascoltata.
A questi cattolici esclusi non viene presentato un processo di ascolto, ma di etichettatura.
Siamo liquidati con l’etichetta di essere arretrati o addirittura ” retrogradi”. Ci viene detto che il processo sinodale deve sempre andare avanti e mai tornare indietro. Tuttavia, mentre l’arretratezza è usata come epiteto per chi critica il Sinodo, lo stesso concetto è usato favorevolmente da P. James Martin, S.J., uno dei 364 membri votanti al Sinodo. Egli sostiene che il Sinodo è un ritorno a “una forma di raduno ecclesiale che è esistita fin dai tempi della Chiesa primitiva, ma che è caduta in disuso”. Ai cattolici viene quindi detto contemporaneamente di tornare indietro e di non tornare mai più. Evidentemente, ci sono dei criteri non rivelati per stabilire quali pratiche arretrate sono accettabili e quali no.
Un’altra etichetta che viene lanciata è quella della non meglio definita “ideologia”. Chiunque sostenga un insieme di certezze e dottrine può essere definito ideologico. Tuttavia, coloro che esprimono le loro preoccupazioni non hanno nulla di diverso da ciò che la Chiesa ha sempre professato. Per citare San Vincenzo di Lerins, i fedeli cattolici sostengono ciò che “è sempre stato creduto ovunque e da tutti” (quod semper, quod ubique, quod ab omnibus). Affinché l’etichetta di “ideologia” si applichi correttamente a questi fedeli cattolici, i loro detrattori devono prima dimostrare che essi stanno introducendo qualcosa di nuovo che non è mai stato insegnato prima. Tuttavia, l’introduzione di nuove dottrine e di modifiche alla morale non sono proposte dai fedeli cattolici, ma dai promotori del Sinodo.
La ragione principale di questa esclusione radicale è quella di eliminare qualsiasi opposizione all’interno o all’esterno del Sinodo. I furiosi attacchi a coloro che hanno delle preoccupazioni possono ridursi a mettere a tacere tutti coloro che non sono d’accordo. Così, l’ascolto è limitato a coloro che sono d’accordo con il programma generale del Sinodo.
Per i promotori del Sinodo, lo spirito parla attraverso coloro che sono fuori dalla Chiesa e decaduti dalla grazia, ma non parla attraverso coloro che si oppongono alle novità proposte. Chi non è d’accordo deve essere radicalmente escluso per non rovinare il processo. Come conclude il giornalista Michael Sean Winters nella sua recente rubrica sul National Catholic Reporter, i critici del Sinodo “non vanno ascoltati, ma compatiti”.
Questa politica di antiascolto del Sinodo dovrebbe essere denunciata a gran voce. I promotori del Sinodo non sono sinceri. Affermano che la loro è una politica di inclusione radicale, ma i loro discorsi non corrispondono alle loro azioni radicalmente escludenti.
È difficile sostenere che lo spirito determinerà spontaneamente l’agenda del Sinodo quando, escludendo in anticipo la voce dei fedeli cattolici, gli organizzatori del Sinodo e i loro facilitatori appositamente addestrati determineranno ciò che sarà permesso nelle sessioni di discussione a porte chiuse e nei documenti sinodali finali. Un’assemblea che pretende di promuovere il dialogo, ma in cui tutti devono essere d’accordo con la linea del partito, non è un forum per la libera discussione, ma un motivo di legittima preoccupazione.
Anche se all’evento saranno discusse molte questioni morali di scottante attualità, questo processo sinodale radicalmente escludente sarà l’obiettivo principale. Ecco perché i cattolici preoccupati devono far sentire la loro voce. Il fatto che questo nuovo processo diventi parte del modo in cui la Chiesa è governata deve essere contestato in quanto contrario alla gerarchia divina stabilita da Nostro Signore Gesù Cristo.
Fonte: Tfp.org
Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia