Ecco “Sacri tradimenti” di Martha Alegría Reichmann de Valladares. Il dovere della testimonianza
Cari amici di Duc in altum, è disponibile il libro di Marta Alegría Reichmann de Valladares Sacri tradimenti.
Per gentile concessione dell’editore, proponiamo parte dell’introduzione dell’autrice e l’intera prefazione di monsignor Carlo Maria Viganò.
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di Martha Alegría Reichmann de Valladares
Sono infinitamente grata a Dio onnipotente per avermi mostrato in modo nitido la strada da percorrere per scrivere e pubblicare questa storia, per avermi dato idee chiare e aver messo sul mio percorso le persone giuste al momento giusto al fine di portarla a ter-mine con successo, in modo che possa essere posta all’attenzione di migliaia di lettori, nella consapevolezza che c’è solo una via: Gesù Cristo.
Quando ho pubblicato il mio libro in spagnolo avevo il desiderio di pubblicarlo anche in inglese, ma presto mi resi conto che farlo da sola era praticamente impossibile. In quel momento, un po’ scoraggiata, presi una copia del mio libro in lingua originale, la avvolsi nella tela che conservo con l’immagine del Volto di Gesù e gli dissi: “Caro Gesù, ho fatto tutto quello che potevo fare. Se vuoi di più, pensaci tu, perché io non sono in grado di continuare. Lascio tutto nelle tue mani. La decisione è tua, Signore”. Lo misi su un mobile davanti a un’immagine del volto di Gesù risorto ed esatta-mente cinque giorni dopo ricevetti una lettera da un giornalista di “LifeSiteNews” che mi diceva che il mio libro era arrivato nelle sue mani, ne era rimasto molto impressionato e mi chiedeva se ero disponibile a pubblicarne un’edizione inglese perché lo considerava-no molto importante. Il nome del giornalista è Matthew Cullinan Hoffman. Risposi immediatamente, senza pensarci due volte, accettando la sua proposta e spiegandogli che credevo che lui fosse uno strumento di Dio, perché la sua risposta era stata immediata, sorprendente, sconvolgente e meravigliosa.
Dio mise il mio libro nelle mani non di un semplice editore, ma di uno dei media più prestigiosi del mondo cattolico, con oltre cento milioni di pagine consultate ogni anno, sebbene fino a quel momento mi fosse sconosciuto. Credo che quel mezzo sia stato scelto da Dio per aiutare la verità a prevalere in un mondo di bugie e ipocrisia (…).
Desidero esprimere la mia profonda gratitudine all’arcivescovo Carlo Maria Viganò per aver sempre tenuto presente il mio caso e per averlo detto pubblicamente in diverse occasioni. Mi sento molto onorata dal fatto che un personaggio della sua levatura, che gode del massimo rispetto in tutto il mondo ed ha alzato la voce con insistenza e coraggio a difesa della nostra Chiesa sottoposta al degrado, si sia assunto l’onere di scrivere la prefazione del mio libro in inglese e ora di nuovo per l’edizione italiana (…).
Vorrei chiarire che ho scritto questo libro con l’autorità conferitami dal canone 212, articolo 3, del Codice di diritto canonico, che afferma quanto segue: “In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi [i fedeli] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità delle persone”. Considero un mio preciso dovere riferire i fatti contenuti in questo libro (…).
La sostanza del presente libro può essere ridotta a questo: sono fedele a Dio, non all’uomo. Non sono fedele a coloro che affondano la Chiesa. Non sono fedele ai falsi profeti. Un cardinale ha commesso un’ingiustizia contro di me, e questo ha contribuito ad aprire i miei occhi e ho cominciato a conoscere gradualmente altri mali. La questione è così seria e così grave che non può rimanere nell’oscurità. Quello che racconto qui è molto poco; quello che non viene raccontato è molto di più.
Ho affidato questo lavoro a san Michele Arcangelo come mio protettore. Gli ho anche chiesto di rivelare la verità su quei prelati che hanno alzato la tonaca per dare spazio al diavolo, che lì si trova a suo agio, si diverte e fa molto male.
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Prefazione all’edizione italiana
di Carlo Maria Viganò
Et vos fecistis eam speluncam latronum.
Mc 11, 17
Quando, nell’agosto del 2018, resi la mia prima testimonianza pubblica sulla corruzione e sull’insabbiamento degli abusi sessuali da parte della Santa Sede, l’attenzione dei media si è concentrata sul caso dell’allora cardinale Theodore McCarrick, i cui precedenti de Sexto erano noti a Bergoglio almeno dal 2013, avendolo io in-formato personalmente al riguardo. La decisione di privare McCarrick della berretta cardinalizia e di ridurlo allo stato laicale fu assunta a distanza di sei anni, nel tardivo e maldestro tentativo di da-re del nuovo corso bergogliano un’immagine di trasparenza e moralità con riforme e altisonanti proclami. In realtà McCarrick fu scaricato da Bergoglio – che pure gli aveva affidato prestigiosi incarichi diplomatici anche dopo la pubblicazione degli scandali sulla stampa internazionale – non per motivi di giustizia o di pastorale sollecitudine, ma per deviare l’attenzione dell’opinione pubblica sul prelato americano, distogliendola da altri gravi scandali commessi dal cosiddetto cerchio magico di Santa Marta. Durante quell’arco di tempo, Bergoglio ha coperto i crimini esecrandi di McCarrick, esponendo al rischio di abusi altre potenziali vittime.
Dato dunque in pasto alla stampa l’ormai impresentabile cardinale legato a non meno corrotti personaggi del deep state americano, la sbrigativa “sentenza papale” che sanciva McCarrick colpevole non dopo la contestazione dei singoli reati ma con un inconsueto gesto d’autorità – res judicata – avrebbe dovuto porre, nell’intenzione del Vaticano, una pesante coltre di omertoso silenzio sulla figura del cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa in Honduras, coordinatore del Consiglio dei cardinali e intimo amico di Bergoglio. Ne parlai a giugno del 2019 sul “Washington Post”, evidenziando le pesanti accuse che gravavano sul suo conto, concernenti gravi atti di corruzione e di insabbiamenti avvenuti nella sua diocesi. Amico di McCarrick e artefice delle nomine nei dicasteri vaticani e nelle principali sedi dell’orbe, è l’ideatore – non privo di conflitti di interesse – della riforma della Curia romana. Eppure, nonostante il potere che esercita nella “corte papale”, Maradiaga non ha potuto impedire alla stampa italiana, americana e honduregna di diffondere i dettagli dello scandalo finanziario che lo ha coinvolto, oltre alle tremende rivelazioni circa la rete di pervertiti riconducibile a sé, al suo ve-scovo ausiliare monsignor Juan José Pineda e all’arcivescovo monsignor Edgar Peña Parra, ora sostituto della Segreteria di Stato, accusato fra l’altro di aver abusato di un seminarista minorenne e di persistente comportamento immorale.
A nulla sono valse le proteste dei genitori dei giovani seminaristi di Tegucigalpa: i protetti di Bergoglio sono al di sopra di ogni indagine e, quel che è peggio, di ogni condanna. Le dimissioni di Pineda furono accolte dopo aver secretato i risultati dell’indagine di cui era stato incaricato monsignor Casaretto, indagine i cui risultati egli riferì unicamente a Bergoglio. Quest’ultimo preferì far sparire Pineda piuttosto di consegnarlo al braccio secolare, guardandosi bene dal comminargli alcuna sanzione canonica e dal rendere giustizia alle vittime. Che fine ha fatto Pineda? E che fine ha fatto l’altro protetto di Bergoglio, Fabian Pedacchio? Dobbiamo credere che la loro punizione consista nel sottrarli alla giustizia, solo per evitare che si sappia quante e quanto gravi sono le loro colpe?
Avevo già commentato lo scandalo Maradiaga nella mia testimonianza originale, notando che egli “è così sicuro della protezione del papa che può liquidare come pettegolezzi i sentiti appelli di de-cine di suoi seminaristi che hanno trovato il coraggio di scrivergli dopo che uno di loro ha tentato il suicidio per gli abusi omosessuali nel seminario. Ormai i fedeli hanno ben compreso la strategia di Maradiaga: insultare le vittime per salvarsi, mentire a oltranza per coprire una voragine di abusi di potere, di cattiva gestione nell’amministrazione dei beni della Chiesa e di disastri finanziari anche contro amici stretti, come nel caso dell’ambasciatore dell’Honduras Alejandro Valladares, già decano del Corpo diplomatico presso la Santa Sede”. Ma non è questo, a ben vedere, il comportamento dello stesso Bergoglio?
Il libro-denuncia di Martha Alegría è stato pubblicato in Honduras da una piccola casa editrice ed è stato ignorato dai media internazionali. Il motivo di questo silenzio omertoso è da ricercare in un fatto evidente: se dare McCarrick in pasto alle masse era funzionale all’immagine di riformatore che si voleva proporre di Bergoglio, scoperchiare gli scandali di Maradiaga e delle altre persone di cui costui si è circondato, ed ha ostinatamente coperto, smentirebbe questa teoria, mostrandone la menzogna.
Questo libro, aggiornato e tradotto in inglese, è ora disponibile anche in italiano: esso aiuterà a comprendere a quale infimo livello si sia ridotta la gerarchia cattolica, specialmente negli ultimi dieci anni; e come la protezione di cui gode il cardinale honduregno sia strettamente collegata all’influenza che costui esercitò al conclave del 2013 per far eleggere Bergoglio.
Lo comprendo: è difficile credere che il principale beneficiario delle manovre di Maradiaga e della Mafia di San Gallo si possa mostrare irriconoscente verso coloro ai quali deve la propria elezione. Meno difficile pensare che l’evidenza degli scandali e della corruzione a così alti livelli nella Chiesa possa rimanere impunita: il Signore ha già scacciato una volta i mercanti dal tempio (Mc 11, 15), e quelli odierni non si limitano a comprare e vendere o a tenere banchi di cambiavalute, ma feriscono il Corpo Mistico peggio dei manigoldi del pretorio.
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Martha Alegría Reichmann de Valladares, Sacri tradimenti, Cassandra Books, 160 pagine, 17 euro