Lettera / È arrivato il tempo della scelta definitiva
Cari amici di Duc in altum, dopo la lettera del cardinale Zen [qui], Fabio Battiston ha inviato al blog una serie di riflessioni che volentieri vi propongo.
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di Fabio Battiston
La lettera di sua eminenza reverendissima cardinale Giuseppe Zen-zekiun, che Aldo Maria Valli ha pubblicato in Duc in altum [qui], riveste a mio avviso una grandissima importanza per tutti noi. Essa infatti ci mette di fronte a un dilemma, realmente drammatico, che ci si porrà dinanzi alla conclusione del percorso sinodale e al quale tutti dovremo dare, qualunque essa sia, una risposta non ambigua e priva di infingimenti. Le parole del porporato, il loro tono a un tempo deciso e accorato, non possono non toccare nel profondo chi in questo momento vive, da vero emarginato, la crisi epocale che sta attraversando la Chiesa cattolica temporale.
Una lettera che il vescovo cinese scrive perché, dice, “sento il dovere di salvaguardare, come un membro del Collegio dei Successori degli Apostoli, la sacrosanta tradizione della fede cattolica”.
Ogni parola scritta da Zen è un prezioso riferimento, tuttavia il punto della missiva sulla quale intendo porre la mia e vostra attenzione si riferisce alla parte in cui il cardinale afferma (mie le sottolineature):
Non mi sembra fuori posto menzionare il grande scisma che pende sulla Comunità Anglicana. Gli arcivescovi del Global Anglican Future Conference (GAFCON) hanno mandato una lettera all’Arcivescovo di Canterbury, dicendogli che, se non si converte (la Chiesa Anglicana d’Inghilterra ha approvato il matrimonio omosessuale), essi (che costituiscono l′85% degli Anglicani nel mondo) non accetteranno più la sua leadership (come “primus inter pares”).
La prudenza più elementare nonché la storia, la fede e lo spessore culturale di Zen suggeriscono di non derubricare queste parole alla stregua di uno sfogo o, peggio, di una provocazione priva di significato concreto rispetto alla temperie che la barca di Pietro sta attualmente attraversando. Sua eminenza getta sul tavolo – quando terminerà questo tremendo gioco sinodale, progettato da tempo e maleficamente eseguito dal despota argentino – la carta che, in qualche modo, porrà la parola fine alla contesa e su cui è scritta una domanda fondamentale. Ad essa ogni credente avrà il diritto ma soprattutto il dovere di rispondere: siamo pronti?
Quando dalle risultanze sinodali verrà finalmente sancita l’esistenza della Nuova Chiesa Universale – fatta di panteismo ecologista, sincretismo, neo paganesimo, scientismo, transgender, umanesimo laico, relativismo e, soprattutto, emarginazione definitiva di Tradizione, Scrittura e Magistero – noi tutti che cosa faremo? O meglio che cosa saremo chiamati a fare? E, soprattutto, saremo pronti a farlo?
Il tempo dell’attesa è finito. Tra non molto – alcuni mesi, forse un anno al massimo – tutto ciò che finora ha prodotto indignazione, confusione, rabbia e incredulità in chi vedeva prodursi nella Chiesa cattolica un qualcosa di mostruoso, diventerà prassi quotidiana. Fatti, documenti e dichiarazioni che negli ultimi anni ci hanno sommerso e che i più ottimisti (o coloro che si sono ostinati a non vedere e ascoltare) si sono sempre sforzati di sottovalutare, sottolineandone la non ufficialità/credibilità, diverranno solidi elementi per sostenere e divulgare la Nuova Chiesa 2.0 targata Jorge-ONU666. Le risultanze del Sinodo dei Sinodi alimenteranno in modo definitivo e indiscutibile ulteriori e sempre nuovi Ordo, catechismi, dottrine e magistero. E noi che faremo?
In questo scenario, non più distopico ma realmente presente “qui ed ora”, la missiva del cardinale Zen appare, in forma e sostanza, come l’accorato appello (forse l’ultimo?) per chiamare alla resipiscenza tutti quei vescovi e cardinali che in questi anni hanno fatto dell’ignavia la loro regola di vita. È un appello che, più di altri, interessa in modo decisivo i quattro cardinali che, insieme a Zen, hanno redatto e consegnato al “papa” gli ultimi dubia. Burke, Brandmüller, Sarah e Sandoval, al termine del sinodo, saranno chiamati a una scelta decisiva. Loro più degli altri poiché con la loro azione hanno avuto la dignità e il coraggio, di fronte al popolo di Dio ed in faccia al clero traditore, di confermarci nella fede come credenti nel Dio Trinitario. Un ruolo che il Santo Padre ha molto spesso assolto nella bimillenaria storia della Chiesa e che l’innominabile di Santa Marta ha invece gettato nello sterco!
Quale posto riserverà il futuro prossimo a questi quattro uomini e a sua eminenza Zen? Qui si innesta il significato profondo di quanto il vescovo cinese ha scritto in merito alla crisi della Chiesa anglicana. Questi uomini – se il sinodo produrrà il carcinoma che tutti paventiamo – sapranno trasformare il loro ruolo di pastori in quello di essere nuova guida per tutti i credenti che ancora coltivano una speranza? Riprendiamo un momento alcune parole della già citata frase di Zen: hanno mandato una lettera all’Arcivescovo di Canterbury, dicendogli che, se non si converte, essi non accetteranno più la sua leadership (come “primus inter pares”).
Questa, a mio avviso, è una realistica (e pastorale) chiamata allo scisma. Ma attenzione! Nella lettera a Justin Welby si parla della necessità di una sua conversione. Chi sta deragliando da quella chiesa è il suo primate, non un manipolo di sciamannati che grida alla scissione. Con questa similitudine, Zen prende spunto dagli avvenimenti d’oltremanica per un parallelo nient’affatto peregrino. In questi ultimi dieci anni chi è stato, e chi è, il vero scismatico? Chi sta facendo a pezzi, con disprezzo, sarcasmo e denigrazione, la vita bimillenaria del Corpo di cui Cristo è il Capo? Quale Chiesa cattolica 2.0, essa sì realmente scismatica, sta per nascere da questa sorta di Conferenza di Wannsee (Berlino 1942)? Oggi come allora, si sta definendo una Soluzione finale. Ottantuno anni fa quel progetto riguardava lo sterminio dell’intera popolazione ebraica; oggi, anno del Signore 2023, vittima della nuova shoah sarà la Chiesa cattolica come l’abbiamo sempre vissuta e conosciuta.
I cinque cardinali dei dubia, al termine del sinodo, non potranno essere – io credo – gli stessi di prima. Come sarà possibile, soprattutto per loro, chinare il capo in nome di una parola, preziosa e tragica aa un tempo, come quella di obbedienza? Mai come in quel momento occorrerà avere il coraggio di disubbidire a Cesare per ubbidire a Dio, prendendo un’altra strada, la nuova vecchia strada.
È altresì di tutta evidenza, e concludo, che questa decisione dovrà essere presa anche da ciascuno di noi. Come potremo ancora entrare in quelle chiese ove si celebrerà la nuova religione voluta e “votata”, tra gli altri, dai più loschi figuri del materialismo positivista laico? Dai sacerdoti del nulla che predicano amore libero trasversale, sincretismo, fratellanza universale, adorazione del creato e misticismo scientifico? Come potremo mai sentirci fratelli con i “credenti” che popoleranno (ma ne siamo proprio sicuri?) quei templi?
Nossignori! Così come per gli alti prelati, è arrivato anche per i fedeli il momento della scelta definitiva. Per quanto mi riguarda – se ciò che uscirà, ufficializzato dal super-sinodo, sarà ciò che penso – non avrò dubbi di sorta; prenderò la mia posizione senza se e senza ma. Credo che dovremmo tutti rifletterci per tempo e decidere; o di qua o di là. L’ora è scoccata e penso proprio che non ci saranno tempi supplementari. Game over!