Mi scrive un sacerdote, un religioso, che si firma “Un cacciatore di cinghiali nella vigna del Signore” e spiega: “Non metto la mia firma perché vorrei che l’attenzione si concentrasse non sulla mia identità, ma sulle cose dette. Spero mi vorrà scusare”.
Il contributo si inserisce nel solco della riflessione iniziata da monsignor Carlo Maria Viganò [qui] e proseguita con l’articolo di don Francesco Ricossa [qui].
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di Un cacciatore di cinghiali nella vigna del Signore
Carissimo Valli, le chiedo di seguirmi con pazienza in questo tentativo di inquadrare un problema che, ormai da anni, ci sta avvelenando la vita.
- «Ma questo papa è veramente papa?»
Più passa il tempo e più all’interno della Chiesa cattolica cresce la confusione e la contrapposizione a tutti i livelli: laici, preti, vescovi e cardinali… E ciò, non solo su singoli aspetti dottrinali, morali, liturgici e disciplinari…, ma anche nei confronti della stessa persona di Jorge Mario Bergoglio, alias Francesco.
Sì, perché al termine di ogni ragionamento privato e di ogni confronto pubblico sulla Chiesa, riemerge sempre la stessa domanda: “Ma questo papa è veramente papa?”. Egli cioè occupa quel trono in modo legittimo, oppure in modo illegittimo? E la domanda è quanto mai pertinente perché, se ci sono mille motivi per considerarlo legittimo, ce ne sono almeno altri mille per considerarlo illegittimo.
Ora, se dopo dieci anni che Bergoglio indossa quel vestito bianco, noi stiamo ancora a discutere sempre più animatamente su questo tema, forse ciò significa una cosa sola: che, oggi come oggi, nessuno di noi – semplici laici e preti, ma anche singoli vescovi e cardinali – è in grado di chiarire in modo inconfutabile e definitivo né che Bergoglio è un papa effettivo, né che Bergoglio è un papa abusivo. Perché, se la cosa fosse pacifica e scontata, non ci sarebbe motivo per avere un simile dubbio.
Questa situazione paradossale, però, non ci impedisce – anzi ci impone – di farci una nostra idea personale il più possibile argomentata, così da non cedere passivamente, né controbattere aspramente, alle posizioni di chi non la pensa come noi.
Esaminiamo dunque le due possibili soluzioni al grande dilemma, precisando ancora che qui non siamo nel campo delle dimostrazioni matematiche, né in quello delle sentenze definitive, ma in quello delle semplici ipotesi canoniche.
- Bergoglio sarebbe un papa legittimo
Questa tesi è certamente più comoda sul piano pratico, ma sta diventando sempre meno sostenibile sul piano logico.
Bergoglio infatti già occupa de facto quel trono (e dopo la scomparsa di Benedetto XVI, non c’è più nessuno che glielo contende); ed è riconosciuto apertamente come sommo pontefice dalle principali istituzioni sociali, politiche e religiose del mondo, e – forse – anche dalla maggioranza di quanti si dicono cattolici. Egli perciò non può essere scalzato dal posto che occupa, senza con ciò stesso produrre un autentico terremoto ecclesiale, con susseguente pericolo di spaccatura e di scisma.
Qui però sorgono alcune domande ormai ineludibili, alle quali dovrebbero rispondere soprattutto coloro che, da una parte, si dicono convinti della regolarità della sua elezione e, dall’altra, denunciano sempre più convintamente il carattere confuso e ambiguo – se non addirittura eretico – dell’intero suo pontificato.
Queste dunque le domande:
- Se Bergoglio è un papa voluto o almeno permesso dal Signore, perché a volte si ha l’impressione che egli non disponga neppure di un minimo di grazia di stato o di unzione spirituale, per svolgere positivamente la sua missione?
- Perché non solo non conferma nella fede i suoi fratelli, ma in modo sempre più ampio e devastante li amareggia e li getta nella confusione e nello sconcerto, diventando lui stesso il tema più spinoso e divisivo all’interno della Chiesa?
- Perché non vacilla soltanto su singoli punti teorici o pratici della fede, ma arriva a imporre con stile sempre più dispotico una vera rivoluzione anti-cattolica, una sorta di nuova Rivoluzione di ottobre, camuffata furbescamente con il nome di Chiesa sinodale e portata avanti, per l’appunto, con i Sinodi di ottobre?
- E quindi: che senso ha riconoscere la sostanziale validità della sua elezione, e poi vedersi obbligati a rintuzzare tutti i giorni e con toni sempre più amareggiati le sue continue e crescenti ambiguità, sfocianti in vere e proprie eresie? Infatti, se egli è un papa legittimo, bisognerebbe scusarlo, proteggerlo e interpretarlo nel modo più benevolo possibile (come si farebbe con un proprio genitore che, per età o malattia, cominciasse a perdere il ben dell’intelletto).
- E inoltre: che senso ha – come effetto collaterale della presunta legittimità della sua elezione – dover accusare severamente il povero Benedetto XVI di essere lui, in ultima analisi, il vero responsabile di tutto ciò che è accaduto dalla sua rinuncia in poi, trasformandolo così da probabile vittima in carnefice?
Sul piano logico pertanto non mi sembra che questa prima tesi sia molto lineare, proprio in considerazione della carica distruttiva che questo pontificato sta esercitando nei confronti della Chiesa cattolica nel suo insieme; carica distruttiva che è paragonabile alla terribile scossa di terremoto che il 30 ottobre 2016 distrusse a Norcia la basilica di San Benedetto, lasciandone in piedi soltanto una facciata traballante.
- Bergoglio sarebbe un papa illegittimo
Questa tesi è certamente più problematica e destabilizzante sul piano pratico, ma sembra molto più illuminante e risolutiva sul piano logico.
Come già detto, il punto di partenza che costringe a sviluppare anche questa ipotesi è la completa assurdità della situazione che si è venuta a creare nella Chiesa cattolica in questi ultimi tempi, situazione che forse non ha precedenti in duemila anni di storia: colui che dovrebbe essere il Vicario di Cristo in terra, arriva ad essere – come direbbero alcuni – un vero e proprio inimicus Ecclesiae, cioè uno che lega tutto ciò che dovrebbe essere sciolto, e scioglie tutto ciò che dovrebbe essere legato.
Questi dunque i possibili capi di nullità – tutti molto gravi e anche cumulabili tra di loro – per i quali Jorge Mario Bergoglio, alias Francesco, un giorno potrebbe essere dichiarato ufficialmente e definitivamente come un papa che non è mai esistito:
a. La rinuncia forzata di Papa Benedetto XVI nel febbraio 2013 (cf. CIC, cann. 188; 332, § 2), situazione che poi l’ha spinto per quasi dieci anni a quei comportamenti e distinguo piuttosto atipici che tutti conosciamo (nome, abito, residenza, esercizio attivo e contemplativo, ecc.). Come non ricordare qui: il bombardamento continuo da parte dei principali mass media contro di lui, a causa degli scandali sessuali del clero un po’ ovunque nel mondo; l’esclusione, nei giorni della rinuncia, della Banca vaticana dal circuito bancario internazionale swift; quel «vociare assassino» di cui il Papa emerito ha poi parlato in una sua intervista, riferendosi agli ambienti tedeschi che più lo osteggiavano; e la condizione in cui si trova qualche prelato ancora vivente, che ha vissuto da vicino quei fatti e che forse non parla per timore di ritorsioni disciplinari?
b. L’applicazione al conclave del 2013 di due canoni invalidanti del diritto canonico matrimoniale: l’inganno doloso (cf. CIC, can. 1098) e il vizio o difetto di consenso (CIC, can. 1101). Questa doppia ipotesi di nullità (formulata in modo geniale qualche tempo fa da Mons. Carlo Maria Viganò e applicata al suddetto conclave per analogia) starebbe a significare che in quella occasione il cardinale Bergoglio avrebbe volutamente ingannato almeno una parte dei suoi elettori (= dolo), simulando ai loro occhi un corretto proposito pastorale che invece egli escludeva lucidamente e con positivo atto di volontà (= vizio di consenso), avendo già in mente di realizzare un vero e proprio piano rivoluzionario ai danni della Chiesa cattolica, come poi di fatto è avvenuto. Ora, se queste disposizioni giuridiche sono in grado di rendere nullo un matrimonio canonico, perché non dovrebbero vanificare anche l’atto con cui Bergoglio ha accettato l’avvenuta elezione pontificia, la quale – con tanto di anello al dito – lo legava con nuovo vincolo sponsale alla Chiesa di Roma e a tutta la Chiesa universale? Può essere Vicario terreno dello Sposo celeste chi, fin dall’inizio, ha intenzioni opposte alle sue?
Ci sarebbe poi anche l’accusa esplicita di eresia – se non addirittura di apostasia (cf. CIC, can. 751) –, la quale emerge in particolare: dai dubia cardinalizi presentati nel 2016 e 2023; dai vari interventi dottrinali che il cardinale Müller ha realizzato dal 2017 in poi; come pure dai programmi legati al Sinodo sulla sinodalità del 2023-2024 (cf. l’apposito Instrumentum laboris del 2023); eresia che, quando incide su terzi (cf. CIC, can. 1330), produce una scomunica latae sententiae, cioè automatica o immediata (cf. CIC, can. 1364, § 1); [1] e che – secondo alcuni teologi e canonisti come il cardinale San Roberto Bellarmino –, quando riguarda un papa ed è evidente e notoria, produrrebbe ipso facto anche una sorta di “auto-deposizione” del papa medesimo.
Se l’ipotesi di eresia notoria o manifesta – che come sappiamo non dispone ancora di una procedura canonica chiara e ufficiale – può applicarsi a un papa realmente tale (cioè valido), nel tentativo di limitarne i danni e spingerlo gradualmente a farsi da parte senza compromettere la stabilità e l’unità della Chiesa…, tale ipotesi acquista un valore semplicemente aggiuntivo o dimostrativo nel caso di un papa che, fin dal primo istante della sua elezione, è del tutto illegittimo (cioè invalido).
In altre parole: nel caso di Bergoglio, la progressiva presa di coscienza delle sue molteplici eresie potrebbe servire come un punto di partenza o come una prova del nove, rispetto ai diversi capi di nullità sopra indicati: a) rinuncia forzata di Benedetto XVI; b) inganno doloso e consenso difettoso dello stesso Bergoglio. [2]
- «E tu che ne pensi?».
Se, dopo questa spiegazione, qualcuno mi domandasse: «E tu che ne pensi?», io risponderei: «Dovendo scegliere – e più passa il tempo, più si impone una scelta di campo –, a me sembra più logica e risolutiva l’ipotesi della nullità».
Infatti, se Bergoglio fosse un papa legittimo, in seguito – quando il Signore avrà ripreso in mano le sorti della sua Chiesa (perché prima o poi Lui interverrà!) – ci dovrà essere un futuro Papa cattolico che si metta a ricercare e condannare ogni singola ambiguità, inesattezza o eresia che lo stesso Bergoglio ha disseminato a voce e per iscritto nel corso di tutti questi anni. Un lavoro veramente proibitivo!
Se invece si riuscisse a dimostrare che egli era semplicemente illegittimo, il suo nome pontificio e il suo magistero romano sparirebbero dalla faccia della terra in una frazione di secondo. Tutto molto più facile e più efficace!
Ora, è evidente che una chiarificazione ufficiale e definitiva di questo genere potrà essere realizzata soltanto “a bocce ferme”: cioè, quando Bergoglio non ci sarà più e il timone della Barca di San Pietro sarà tornato in mani più sicure.
Sì, perché mentre egli è ancora in carica, è pressoché impossibile che qualche cardinale provi a sfidarlo sul terreno di una sospetta invalidità della sua elezione: oltre che molto ardito dal punto di vista giuridico, ciò sarebbe anche troppo pericoloso per la stessa unità della Chiesa. Meglio attendere i risultati finali della sua opera rivoluzionaria – risultati sempre più disastrosi e fallimentari –, in modo che il mondo intero un giorno possa dire: «Bergoglio si è scavata la fossa con le sue stesse mani!».
Pertanto, i possibili capi di nullità che sopra abbiamo cercato di individuare, pur essendo fin da ora utili e illuminanti a livello teorico, non sono certo di immediata applicazione a livello pratico: forse se ne riparlerà tra cinque o dieci anni!
- «E nel frattempo noi che facciamo?».
Quando cerco di spiegare questi concetti a fedeli che scalpitano e sbraitano per l’attuale situazione, mi sento rispondere: «E nel frattempo noi che facciamo?».
Certamente la risposta non può essere quella di alcuni giornalisti che, con le loro ossessioni investigative, pretendono decodificare e dimostrare di tutto e di più, ricorrendo a ogni minimo indizio, compreso – se fosse possibile – il colore della biancheria intima di Sua Santità Benedetto XVI, al secolo Joseph Aloisius Ratzinger! Né può essere quella di alcuni chierici che, con le loro patologie narcisistiche, pretendono sostituirsi in prima persona sia al papa rinunciatario che a quello usurpatore!
La soluzione invece dovrebbe essere la seguente: a) rimanere saldamente nella Chiesa cattolica, per mezzo di una fedeltà effettiva a ciò che essa ha sempre insegnato; b) “accontentarsi” di eventuali iniziative ponderate e argomentate, prese da cardinali e vescovi autorevoli; [3] c) assumere, nel segreto della propria coscienza, una posizione sempre più chiara e decisa contro un certo magistero folle di Bergoglio.
Ma forse – o senza forse – queste tre indicazioni ancora non bastano: e qui il discorso si fa molto più difficile, per non dire lacerante.
Infatti, proseguendo su questa linea, emergono inevitabilmente altre domande: «È possibile limitarsi a rigettare gli insegnamenti erronei del magistero di Bergoglio, senza spingersi oltre? Oppure, se a un certo punto la corda si spezza, è cosa lecita e doverosa prendere le distanze anche dalla sua persona, arrivando – nel segreto della propria coscienza – a dichiararlo “auto-deposto” in quanto eretico e scomunicato, o a giudicarlo come “illegittimo” in quanto del tutto inadeguato all’incarico che ricopre?».
Rispondo: «E chi sono io per impedire valutazioni soggettive di questo tipo, specie quando sono frutto di un discernimento lungo e sofferto sulla situazione generale della Chiesa e sul comportamento pertinace di coloro che la guidano?».
È evidente però che simili atti, proprio perché sgorgano dalla propria coscienza, sono di natura semplicemente privata: e quindi non possono essere presentati come verità assolute, già dimostrate e ufficializzate; né possono essere imposti con toni imperativi a chi ancora non arriva a capirne il significato o la necessità.
In tal senso possiamo dire che iniziative come quelle dei dubia cardinalizi del 2016 e 2023, nonostante possano apparire ad alcuni come poco incisive, in realtà sono utilissime, specie in ambienti clericali e conventuali, perché contribuiscono a far crescere in modo ordinato un sano senso critico nei confronti del magistero di Bergoglio, e – a lungo andare – forse anche nei confronti della sua elezione pontificia.
Perché il punto della questione è proprio questo: non si tratta qui di opporsi al colpo di stato del 2013 con un colpo di mano istantaneo e risolutivo (perché, anche se molti non lo vogliono capire, ciò è pressoché impossibile!); ma di lavorare in maniera pacata e ragionata, affinché cresca nel maggior numero possibile di persone la consapevolezza di ciò che sta avvenendo nella Chiesa; e ci si interroghi seriamente sulla credibilità – e poi sulla legittimità – di colui che ne è il responsabile principale.
Infatti, senza una diffusione ampia e radicata di queste valutazioni critiche in seno all’intero Popolo di Dio, sarà più difficile che un futuro Papa cattolico – diciamo, un Pio XIII – si decida a disporre un’apposita indagine canonica, finalizzata a valutare l’ipotesi di una completa nullità dell’elezione a Vescovo di Roma di colui che con ogni probabilità passerà alla storia come “il grande apostata” (cf. CCC 675).
- In conclusione
Volendo ricapitolare, possiamo dire:
- Il “problema-Bergoglio” esiste, ed è un problema sempre più evidente e devastante per l’intera Chiesa cattolica.
- Esso non solo impone di ribattere colpo su colpo ambiguità ed errori del suo magistero, ma consente anche di formulare ipotesi di nullità canonica sulla sua stessa elezione e su tutto il suo pontificato (di grande interesse le ipotesi di dolo e vizio di consenso, in analogia a CIC, cann. 1098; 1101).
- Questa situazione spinge molti fedeli a formulare un giudizio di coscienza molto severo nei suoi confronti, fino al punto di ritirargli ogni fiducia, e di negare interiormente anche la sua validità o legittimità di Sommo Pontefice.
- Un giudizio di questo genere però, anche se comprensibile, ha un carattere totalmente privato e soggettivo; e quindi non può essere considerato come ufficiale e definitivo, né può essere imposto agli altri in modo imperativo.
- La completa chiarificazione del “problema-Bergoglio” non spetta alla base della Chiesa, ma al suo vertice più alto; e ciò si potrà realizzare nei tempi e nei modi che solamente la Divina Provvidenza è in grado di decidere e di attuare.
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[1] Non bisogna però dimenticare che la scomunica latae sententiae, per produrre effetti concreti in “foro esterno”, deve essere dichiarata, cioè esplicitata e comunicata per iscritto al diretto interessato da parte di un suo superiore gerarchico. Ma nel caso di un papa chi può considerarsi superiore a lui, così da comminargli una simile pena canonica? Nessuno.
[2] Considerazioni simili si possono fare anche in riferimento alla scomunica latae sententiae che il n. 81 della costituzione apostolica Universi dominici gregis (del 22 febbraio 1996) prevede per tutti quei cardinali elettori che, in occasione di un conclave, compiono «patteggiamenti, accordi, promesse o impegni di qualsiasi genere» (tipo “mafia di San Gallo”?) per eleggere un candidato o per boicottarne un altro. Diciamo subito che questa norma (da leggere nel contesto dei nn. 78-83): è ancora molto generica; rimane circoscritta al solo “foro interno”; e non produce la nullità o invalidità dell’elezione comunque realizzata con simili intrallazzi (cf. per analogia n. 78). Essa pertanto non appare decisiva per affrontare il problema Bergoglio: meglio ricorrere alle ipotesi invalidanti sopra indicate.
[3] In caso contrario, forse è meglio andarsene in qualche cricca o setta tra quelle già esistenti, oppure crearsene una per conto proprio, con tanto di “papa” e “cardinali” alternativi!