È morta a Cracovia Wanda Wiktoria Wojtasik, meglio nota come Wanda Półtawska (dal cognome del marito Andrzej Półtawski). Nata a Lublino il 2 novembre 1921, tra pochi giorni avrebbe compiuto 102 anni.
Psichiatra e attivista per la vita, fu docente presso la Pontificia Università Giovanni Paolo II di Lublino. Era una cara amica di Giovanni Paolo II e fu al capezzale del papa al momento della morte del pontefice, nel 2005.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, con un gruppo di scout aderì al servizio ausiliario e si unì alla resistenza antinazista. Arrestata dalla Gestapo, fu imprigionata e torturata. Deportata nel campo di concentramento di Ravensbrück, fu condannata a morte in contumacia. Nel campo fu vittima di crudeli esperimenti medici. Poco prima della fine della guerra venne trasferita nel campo di concentramento di Neustadt-Glewe, dove rimase fino alla liberazione, nel maggio 1945.
Laureata in medicina con dottorato in psichiatria, lavorò al Dipartimento di psichiatria dell’Accademia medica di Cracovia, fu docente di pastorale sanitaria alla Pontificia facoltà teologica della stessa città e terapeuta presso il Dipartimento di psicologia.
Artefice dell’Istituto di teologia familiare presso la Pontificia facoltà teologica di Cracovia, lo gestì per più di trent’anni. Negli anni Ottanta insegnò al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia della Pontificia Università Lateranense di Roma.
Wanda Półtawska condusse ricerche sui cosiddetti bambini di Oświęcim, rinchiusi nei campi di concentramento, e fece parte della commissione per le indagini sui crimini di guerra nazisti in Polonia.
Grande amica di Karol Wojtyła, futuro papa Giovanni Paolo II, ebbe con lui una fitta corrispondenza. Nel 1962 il vescovo Wojtyła scrisse a Padre Pio da Pietrelcina chiedendogli di intercedere a favore di Wanda, che era malata di cancro e in seguito guarì. Le lettere che Wanda e Karol si scambiarono, fino alla morte del papa, sono entrate a far parte dei documenti per il processo di beatificazione del pontefice polacco.
Membro del Pontificio consiglio per la famiglia e della Pontificia accademia per la vita, Wanda difese sempre la vita nascente e quella delle persone più deboli e indifese. Scrisse: “Vidi i nazisti buttare i neonati nei forni crematori. Per tutta la vita ho avuto davanti agli occhi queste immagini strazianti. Mi sono promessa, se fossi sopravvissuta, di studiare medicina e di difendere la vita”.
Nel libro Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici e i collaboratori raccontano (Ares), Wanda spiega a Wlodzimierz Redzioch: “Nel 1956 nella Polonia comunista fu varata la legge sull’aborto. Io come medico, e lui [Wojtyła] come sacerdote, fummo impressionati da questa decisione contro la vita. Allora iniziammo un lavoro comune contro questa legge. L’impegno di salvare un bambino neonato, una vita nuova che sbocciava, cominciò allora ed è durato per altri cinquant’anni, fino alla fine”.
Ho conosciuto Wanda durante alcune sue visite in Italia e la ricordo come una donna forte, dall’aspetto sportivo ed energico anche in tarda età. Sempre pronta alla battuta ma anche capace di tenerezza, fece i complimenti a me e a mia moglie per la nostra famiglia numerosa.
Nel libro Diario di un’amicizia. La famiglia Póltawski e Karol Wojtyła (San Paolo) emerge un aspetto tuttora poco noto del futuro papa: il suo impegno come direttore spirituale. Convinto che, per un disegno soprannaturale, Wanda nel lager avesse sofferto al posto suo (“… ho pensato: lei ha sofferto al mio posto. A me Dio ha risparmiato quella prova, perché lei è stata lì”), si occupò di lei, del marito e delle quattro figlie insegnando loro a pregare e meditare. Fu proprio don Karol a suggerire a Wanda di tenere un diario e, avendo in comune la passione per la montagna, trascorsero qualche vacanza insieme.
Guarita dal cancro per intercessione di Padre Pio, che intervenne, come abbiamo ricordato, su richiesta proprio di monsignor Wojtyła, Wanda divenne un aiuto insostituibile del papa come consulente sulla famiglia. In materia aveva le idee chiare. All’uscita dell’Humanae vitae scrisse subito: “Vedo che la formulazione dell’enciclica dovrebbe essere più chiara in alcuni punti. Non è stato posto in modo abbastanza chiaro il problema dell’astinenza periodica, perché la si tratta come un metodo, mentre è un principio dell’agire umano: per questo la Chiesa la può accettare. Infatti la normale vita sessuale della coppia deve essere periodica: per che cosa litigano i vescovi?”.
Nel libro si trova un aneddoto. Quando l’arcivescovo di Cracovia partì per il conclave del 1978, dopo la morte di papa Luciani, Wanda, sicura che sarebbe stato eletto il suo amico, gli chiese: “Quale nome prenderai da papa?”
Wojtyła non rispose, ma il marito di Wanda disse: “Come quale nome? Giovanni Paolo II, è logico”.
A.M.V.