Prima del Big Bang. Così la scienza si spinge ai limiti del Tutto. Riconoscendo che ha del miracoloso
Alcuni giorni fa il telescopio spaziale Euclid (costruito e gestito dall’Agenzia spaziale europea con il contributo della Nasa e la collaborazione dell’Agenzia spaziale italiana, dell’Istituto nazionale di astrofisica, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare e di numerose università del nostro Paese) ha incominciato a inviare alcune foto del cosmo che lasciano a bocca aperta per la loro bellezza. Le immagini, a colori e con una risoluzione senza precedenti, costituiscono le prime tessere di quella che diventerà la più estesa e nitida mappa 3D dell’universo mai realizzata.
Le immagini disponibili mostrano la nebulosa Testa di Cavallo, distante “appena” 1.500 anni luce dalla Terra, poi un ammasso stellare, due galassie e il gigantesco ammasso di galassie di Perseo, a 240 milioni di anni luce dal nostro pianeta.
Euclid, lanciato lo scorso luglio, si trova a un milione e mezzo di chilometri da noi e con il suo specchio di 1,2 metri di diametro indaga su come la materia e l’energia oscure abbiano dato al nostro Universo l’aspetto che ha oggi. Il 95% del cosmo sembra infatti essere costituito da queste misteriose entità, sulle quali sappiamo pochissimo.
Euclid, la cui vita operativa sarà all’incirca di sei anni, osserverà forme e movimenti di miliardi di galassie, spingendosi fino a una distanza di dieci miliardi di anni luce. Un’esplorazione dello spazio profondo che darà un contributo importantissimo all’astrofisica.
Proprio nei giorni in cui Euclid ci regalava meravigliose istantanee del cosmo, mi è capitato di leggere un libro che mi ha appassionato: Prima del Big Bang. Come è iniziato l’universo e cosa è avvenuto prima, di Gian Francesco Giudice, direttore del Dipartimento di fisica teorica del Cern, un’opera che ho particolarmente apprezzato perché pur senza nascondere la complessità degli argomenti affrontati si sforza di renderli comprensibili anche ai profani e perché non disdegna di accennare agli aspetti filosofici e religiosi che inevitabilmente entrano in gioco quando ci si spinge così in là nell’esplorazione dell’universo.
L’espressione Big Bang è ormai entrata nella nostra cultura come sinonimo di inizio di tutto, ma anche il Big Bang deve aver avuto un’origine, un perché, e gli scienziati, spinti da una curiosità insaziabile, necessariamente cercano di rispondere anche alle domande che appaiono più impenetrabili.
Il professor Giudice spiega che il Big Bang, a dispetto del nome, non è stata un’esplosione collocabile in un punto dello spazio. Se lo fosse stato, potremmo trovare le tracce di quel punto e di quel fenomeno. Le osservazioni astronomiche raccontano piuttosto di uno spazio vuoto molto speciale: pur privo di materia, era intriso di un’energia in grado di esercitare una gravità repulsiva, il contrario della forza di gravità a cui siamo abituati. È stata questa spinta repulsiva a mettere in moto un’espansione vertiginosa, finché l’energia si è trasformata nella materia, quella materia da cui, nel corso di un’evoluzione di miliardi di anni, nasceranno le stelle, i pianeti, la vita.
Nel libro si affronta anche l’affascinante tema del multiverso, che non è solo una fantasia, perché si è scoperto che l’energia del vuoto potrebbe evolvere in una sequenza infinita di Big Bang che avvengono in istanti diversi e regioni diverse dello spazio. Si può quindi ipotizzare l’esistenza di singoli universi, ognuno dei quali dotato di una propria storia evolutiva. Insomma, in questo preciso istante, da qualche parte nello spazio, un nuovo universo forse sta nascendo da un suo Big Bang. Un’idea sconvolgente che si aggiunge a tante altre ipotesi che lasciano senza fiato.
Il libro del professor Giudice assomiglia all’indagine di un detective ed è doppiamente affascinante perché mostra anche la connessione tra il cosmo e il micromondo, qualcosa di sempre più evidente con l’avanzare della ricerca, perché le leggi fisiche sono le stesse, tanto che “fisica delle particelle e cosmologia sono oggi due discipline inestricabili e una trae motivazione dall’altra”.
Nel libro ci sono anche istruttive pagine di storia della scienza nelle quali si spiega come la nozione di Big Bang (il termine fu usato per la prima volta dal fisico e astronomo Fred Hoyle in una trasmissione radiofonica della Bbc nel 1949) all’inizio fu “qualcosa che i fisici facevano fatica a mandar giù”. Infatti, “non era facile abbandonare la solenne eternità dell’universo a favore di una storia che assomigliava troppo a un racconto biblico”. In altre parole, “sebbene fosse generalmente accettato che l’universo era in una fase evolutiva di espansione, l’idea che avesse avuto un inizio sembrava appartenere al campo della metafisica”.
Leggendo il libro si scoprirà che all’origine della teoria del Big Bang c’è anche un prete, il fisico e astronomo belga Georges Edouard Lemaître (1894-1966), contemporaneo di Einstein e primo a mettere in una relazione di proporzionalità la distanza delle galassie e la velocità con la quale si allontanano le une dalle altre, teoria che trent’anni dopo la morte del sacerdote sarà confermata dalle osservazioni sperimentali sull’espansione accelerata dell’universo.
Oggi sappiamo che l’universo ha 13,8 miliardi di anni, ma la domanda inesausta che lo scienziato si pone di continuo è: “E ancora prima, cosa c’era?”. Vale anche per lo spazio e per il tempo, e Giudice a un certo punto risponde: “Non saprei come visualizzare uno stato fisico in cui non esiste nemmeno lo spazio-tempo. Chiamiamolo ‘niente’, perché è difficile immaginare qualcosa che sia meno dell’assenza dello spazio e del tempo. È al limite del miracoloso come questo ‘niente’ si possa trasformare in un vero universo”.
Parole oneste, sincere.
A.M.V.
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Nella foto (European Space Agency), l’ammasso di galassie di Perseo immortalato da Euclid. Sullo sfondo oltre centomila galassie, alcune lontane centomila anni luce