Il sito argentino Caminante-Wanderer, di casa in Duc in altum, racconta [qui] una storia istruttiva.
Quando nel 2001 il cardinale Jorge Mario Bergoglio arrivò a Roma per partecipare al sinodo sulla famiglia, per prima cosa contattò un bravo e colto sacerdote argentino in servizio in uno degli uffici della Santa Sede. E che cosa fece Bergoglio? Chiese al sacerdote di preparargli qualche testo per il giorno successivo, per aiutarlo nella stesura del suo intervento. Sebbene quelli non fossero i suoi argomenti (lui era sostanzialmente un accademico e un burocrate), il servizievole sacerdote, che in quel periodo lavorava nella segreteria del sinodo, buttò giù velocemente alcuni appunti e il giorno dopo li consegnò a sua eminenza.
Con sorpresa e sgomento, pochi giorni dopo il sacerdote sentì che il cardinale Bergoglio, nel bel mezzo del sinodo, leggeva con la sua voce di vecchio saggio e pio esattamente quegli appunti. E non furono parole da poco. Si dice infatti che proprio questa sia stata la presentazione di Bergoglio davanti ai colleghi del Sacro Collegio e che nell’occasione tutti i cardinali siano rimasti colpiti dall’umiltà e dalla mitezza del santo arcivescovo di Buenos Aires. Lì nacquero, purtroppo per noi, le sue possibilità di diventare il potenziale successore di Giovanni Paolo II nel 2005 e poi, nel 2013, l’effettivo successore di Benedetto XVI. Il sacerdote in questione continua a vivere a Roma e lo scorso anno è stato nominato canonico della basilica di San Pietro.
Questo aneddoto, che alcuni di noi conoscevano da molto tempo, è stato successivamente raccontato in un’intervista da Henry Sire, l’autore di The Dictator Pope (Il papa dittatore nella versione italiana). E fa capire quale sia una delle caratteristiche di papa Francesco: la sua quasi totale incapacità di scrivere, unita alla pigrizia.
Anche se durante il suo pontificato siamo stati inondati di documenti, lettere, discorsi e omelie, è abbastanza chiaro che il papa possiede uno o più scrittori fantasma, amanuensi che operano nell’ombra. E il principale è senz’altro Tucho Fernández, elevato di recente alla porpora.
Secondo Caminante-Wanderer, un esperto di analisi testuale o di critica letteraria potrebbe facilmente certificare che lo stile degli scritti di Bergoglio – siano esse esortazioni, encicliche o lettere – è identico a quello dei molteplici scritti del cardinale prefetto Víctor Fernández, e non da oggi, ma fin da quando Tucho era un semplice prete a Buenos Aires. Ma la cosa più curiosa è che nessuno dei due si vergogna minimamente di quello che fa. Di conseguenza, nemmeno si preoccupano di nascondere la truffa.
La situazione sta generando problemi seri. Tucho, che è felicissimo del nuovo incarico e che, si dice, ama passeggiare vestito di porpora lungo i curati vialetti del giardino del Collegio Teutonico (alcuni dicono che si incontri per prendere il tè e parlare delle passioni comuni con monsignor Hans-Peter Fischer, rettore della scuola e uditore della Rota), non risparmia tempo nello scrivere documenti e risposte ai dubia che arrivano da tutto il mondo e che poi sottopone per la firma al suo mentore Francisco. E ogni volta che scrive, il suo piumaggio aumenta, come quello dei pavoni.
Di recente un sito croato, Vjera i djela, ha rivelato un dettaglio inquietante circa il documento che autorizza i trans a fare i padrini di battesimo: “Basta scaricare sul computer il PDF e cliccare sulla firma in fondo, e si vedrà che si tratta di un’immagine mal scansionata e ritagliata, semplicemente incollata sopra il testo scritto. Non è dunque un documento che il papa ha effettivamente firmato. Fernández, a quanto pare, non solo scrive in completa autonomia tutto ciò che vuole, ma ora copia la firma del papa”. Non si sa se la firma di Francesco fosse inserita in qualcos’altro che approvò quel giorno, o se la risposta è stata completamente falsificata, forse all’insaputa del papa.
Possiamo pensare che Francesco sia sostanzialmente d’accordo con quanto scritto da Fernández, ma, a parte le innegabili implicazioni giuridiche, che almeno ci sia la sua firma originale è una questione di decenza. Perché si è proceduto così? Chi l’ha ordinato e chi lo sapeva?
Da quando Tucho è stato posto a capo del Dicastero per la dottrina della fede, sul sito del Dicastero stesso non compaiono mai, come avveniva prima, i documenti trascritti e tradotti nelle diverse lingue, ma solo le versioni PDF dei precedenti file Word. Per quale ragione? Dal 1° luglio 2023 i documenti del Dicastero non hanno più intestazione, stemma ufficiale, numero di protocollo e nessun altro dei consueti riferimenti ufficiali. Sono testi che non differiscono in nulla da una lettera privata, fatta eccezione per la firma finale del papa e del prefetto. È scomparso il riferimento a una eventuale sessione ordinaria o plenaria del Dicastero con la rispettiva data, così come non ci sono più le firme congiunte del prefetto e del segretario, elementi che fanno pensare che Tucho agisca praticamente da solo, senza consultare i membri del Dicastero, tutti altamente formati in teologia e con alle spalle molti anni di lavoro. È scomparsa anche la consueta dicitura “Dato a Roma, presso la sede del Dicastero per la dottrina della fede, il giorno X, mese Y, anno Z, Memoria / Festa / Solennità”. Via tutto.
Non meno sorprendente è il numero di errori nella risposta al cardinale Duka: in una nota leggiamo “Giovani Paolo II”, e poi “Benetdetto XVI”, Amoris laetitia in corsivo e Mitis iudex in tondo. I criteri di classificazione non sono uniformi. A volte ci sono virgolette che si aprono ma non si chiudono. Insomma, un disastro in linea con i limiti, che tutti conoscono, del cardinale prefetto.
Questi elementi faciliteranno il compito del prossimo pontefice che, se lo vorrà, avrà la scusa perfetta per dichiarare nulli i documenti emessi con la firma di Víctor Fernández. Ma intanto viviamo una situazione assurda.
Tipico di Fernández è anche citare solo Francesco. Ormai i documenti del papa non fanno più riferimento ai papi precedenti o ai Padri. Si prenda il motu proprio con i nuovi statuti della Pontificia accademia di teologia, scritto senza dubbio dal cardinale Fernández. Si vedrà che, oltre a snaturare la teologia trasformandola in mera riflessione fondata sulla pratica pastorale, il documento contiene solo citazioni del pontefice regnante. Ormai la rifondazione della Chiesa si fa partire non più dal Concilio Vaticano II ma dal pontificato di Francesco sotto l’ispirazione di Tucho Fernández.
La situazione è grottesca. Ma non è tutto. Evidenti sono le contraddizioni fra i documenti emanati nelle ultime settimane dal Dicastero presieduto da Tucho e quelli pubblicati dallo stesso dicastero anni fa. E continue sono le manipolazioni della dottrina cattolica. Ad esempio, viene presentato come una novità il fatto che gli omosessuali possano essere padrini nei battesimi, ma nessuno lo ha mai vietato. Quando i genitori chiedono il battesimo per i propri figli, non viene mai chiesto loro l’orientamento sessuale dei padrini. Le condizioni richieste, secondo quanto previsto dal Codice di diritto canonico, riguardano il fatto che siano cattolici, abbiano ricevuto la Cresima e la Comunione e conducano una vita secondo la fede. Nessuno che viva come coppia more uxorio può essere padrino di battesimo, ma questo indipendentemente dall’orientamento sessuale.
Con le realtà imbarazzanti si potrebbe continuare a lungo. Un altro esempio. L’esortazione apostolica Evangelii gaudium plagia – perché lo fa senza virgolette – un lungo paragrafo di un discorso [si legge a pagina 16 della versione in spagnolo] pronunciato nel 2011 in una città di provincia dall’allora padre Víctor Fernández, all’epoca nuovo rettore dell’Università Cattolica argentina. Quelle povere parole sono così diventate parte dell’insegnamento ordinario della Chiesa. E Tucho, vero autore della Evangelii gaudium, non prova alcuna vergogna quando nella nota 207 fa riferimento a se stesso.
Le encicliche e le esortazioni apostoliche, così come gli altri documenti pontifici, sono sempre state fondate su citazioni e riferimenti alle opere dei grandi Padri e Dottori della Chiesa, e sostenute dall’insegnamento dei concili e dei papi. Nel pontificato di Francesco, invece, l’insegnamento si fonda sul suo stesso magistero, il tutto a cura di un teologo oscuro e limitato come il cardinale Víctor Fernández. E poi ci si riempie la bocca con gli appelli contro l’autoreferenzialità.
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Nella foto (Caminante-Wanderer), la residenza del cardinale Fernández in Vaticano (dietro la finestra illuminata si scorge Tucho al telefono)