“Cattolici”. Un racconto dei primi anni Settanta che parla a noi oggi

Su una piccola isola al largo della costa irlandese una comunità di monaci conserva la fede dei padri, rendendo culto a Dio nelle forme che la Chiesa ha praticato per secoli. Quando le televisioni americane e inglesi vengono a saperlo, l’antica abbazia di Muck diventa un caso mediatico internazionale: le riprese delle messe vetus ordo e delle confessioni individuali (entrambe vietate da Roma) attirano da tutto il mondo cattolici fedeli alla Tradizione e alla liturgia tridentina. Una situazione intollerabile per Roma, dove il Concilio Vaticano IV ha appena sancito la contaminazione del cristianesimo con il buddismo e la definitiva apertura al secolarismo. Per mettere fine allo scandalo, il Vaticano invia sull’isola un inquisitore, padre Kinsella, con l’incarico di convincere l’abate della comunità, Tomás O’Malley, ad allinearsi al Vaticano IV e a porre fine all’intollerabile disobbedienza. Kinsella scoprirà in O’Malley un uomo di fede assalito dal dubbio, ma convinto che la Tradizione e la verità delle Scritture non richiedano aggiornamenti e compromessi con i tempi.

Il confronto tra i due – uno scontro di psicologie, prima ancora che di dottrine – è il cuore della storia narrata da Brian Moore in Catholics (Cattolici nella versione italiana), romanzo breve uscito per la prima volta nel 1972 e riproposto nel 2006.

La vicenda, ambientata su un’isola monastero al largo della costa sud-occidentale dell’Irlanda, si svolge in un futuro, attorno all’anno 2000, che è il nostro recente passato.

Dal libro è stato tratto nel 1973 un film (The Catholics) ch, come il libro, narra della soppressione del santo sacrificio della messa da parte di Roma, in nome del dialogo, dell’ecumenismo e dell’aggiornamento.

Nella realtà raccontata dal film la Chiesa cattolica propugna infatti una “fratellanza ecumenica” e partecipa al primo Congresso mondiale delle fedi cristiane e buddiste. I sacerdoti non indossano più abiti clericali, le confessioni individuali sono state abolite e chi resiste, come i monaci irlandesi, subisce una forte pressione.

L’inviato del Vaticano, padre Kinsellas, interpretato da Martin Sheen, resta sbalordito quando vede le folle che si riversano in Irlanda per partecipare alla messa tradizionale, in totale disobbedienza con i diktat di Roma.

Il film si apre proprio con le immagini di questi laici cattolici, provenienti da tutto il mondo (nell’ultimo anno, si spiega, sono arrivati venti voli charter solo dall’Europa), riuniti su una collina della terraferma irlandese mentre partecipano alla santa messa di una volta. Molti brandiscono cartelli con scritte che dicono “Riportate la messa in latino” e “Ridateci la fede dei nostri padri”.

Ciò che rende veramente intollerabile per il Vaticano lo stile di vita dei monaci e la loro popolarità è che la messa tradizionale è ormai considerata antitetica alla nuova concezione della messa come atto meramente simbolico, privo del vero sacrificio di Cristo e della presenza reale del suo corpo e sangue.

“Il Vaticano – spiega padre Kinsellas all’abate –sostiene che non è più obbligatorio per i cattolici credere che il pane e il vino sull’altare siano effettivamente trasformati nel corpo e nel sangue di Cristo. Sono solo simboli. Non è più necessario pensare a Dio come realmente presente nel tabernacolo”.

Ma uno dei monaci risponde con una profonda testimonianza di fede: “No, la messa non è solo un simbolo. La messa è il miracolo quotidiano della fede cattolica. Pane e vino si trasformano nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo. Senza questo, che cosa sarebbe la Chiesa?”.

Oggi, dopo l’enciclica Fratelli tutti “sulla fraternità e l’amicizia sociale”, dopo che il papa (dichiarazione di Abu Dhabi) ha detto che “il pluralismo e le diversità di religione sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani”, e dopo Traditionis custodes, questo ritratto del futuro della Chiesa parla direttamente a noi.

Di recente il Vaticano ha diffuso una dichiarazione, per il settimo colloquio buddista-cristiano, in cui Gesù Cristo e Buddha sono messi sostanzialmente sullo stesso piano. Vi si legge infatti: “Come buddisti e cristiani, vediamo il Buddha e Gesù come grandi guaritori”.

La negazione della transustanziazione è conseguenza naturale dell’ecumenismo portato a compimento. Solo questione di tempo?

A.M.V.

 

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