Dopo l’intervista [qui] al professor Rubén Peretó Rivas, torniamo sul risultato elettorale argentino, sotto molti aspetti sorprendente, con un contributo di José Arturo Quarracino, opinionista e analista politico impegnato contro l’ideologia globalista e a difesa della vita.
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di José Arturo Quarracino
Javier Gerardo Milei, un outsider della politica nazionale, è stato eletto presidente dell’Argentina nel ballottaggio. Ha sconfitto con ampio margine il candidato peronista, Sergio Tomas Massa, ministro dell’Economia, il quale, al contrario, è un professionista della politica. Questo risultato ha prodotto un grande scompiglio nel mondo della politica e dell’economia in Argentina, perché la decisione popolare ha mostrato tutta la stanchezza nei confronti di una leadership che, pur avendo fallito nella gestione pubblica, ha forgiato una massa di funzionari e militanti, in alcuni casi multimilionari, a fronte dell’impoverimento della maggioranza della popolazione argentina.
Javier Gerardo Milei, economista, è sceso per la prima volta in politica due anni fa, riuscendo a farsi eleggere deputato nazionale con un partito allora appena nato e minuscolo, La Libertad Avanza. E in soli due anni è stato eletto alla massima carica elettiva nazionale, contro l’avversario ufficiale che vanta più di trent’anni di militanza politica e che in piena campagna elettorale ha fatto ricorso alle risorse dei grandi esponenti della politica argentina e dell’apparato di comunicazione dello Stato. Nonostante tutti questi appoggi, Massa ha perso in modo inequivocabile. In altre parole: il nuovo senza esperienza ha trionfato clamorosamente su ciò che era già conosciuto fin troppo bene.
Questa vittoria elettorale comporta anche il trionfo di un’ideologia politico-economica del tutto estranea alla tradizione politica e culturale argentina: l’anarco-capitalismo, o capitalismo libertario, teoria che postula il primato e la sovranità assoluta dell’individuo, esercitata attraverso la proprietà privata e il libero mercato, contro la sovranità politica dello Stato, che viene ridotto alla sua espressione minima, fino a sostenere che debba occuparsi solo ed esclusivamente della tutela della proprietà privata individuale, e della non aggressione contro quest’ultima, attraverso polizia e forze militari e giudiziarie. In questo quadro concettuale, l’anarco-capitalismo postula la libertà del mercato come un asse costitutivo naturale della vita sociale ed economica, nella convinzione che il mercato generi di per sé l’ordine delle relazioni umane. Per questo motivo è chiaramente antimarxista e antisocialista, ma in definitiva è un capitalismo che sostiene il capitalismo liberale del XIX secolo criticato da papa Leone XIII nella famosa enciclica Rerum novarum (1891), che avviò la sistematizzazione della Dottrina sociale della Chiesa nel XX secolo.
Il presidente eletto non solo non prende in considerazione questi contributi critici della Dottrina sociale cristiana nei confronti del capitalismo liberale, ma li squalifica definendo la giustizia sociale una “aberrazione”. Per lui, non solo lo Stato non deve intervenire nelle questioni sociali ed economiche, ma nemmeno la Chiesa e la sua dottrina sociale hanno il diritto di esprimersi.
Il rapporto di Javier Milei con Jorge Mario Bergoglio è stato subito di reciproco disaccordo. Il neo-presidente è diventato famoso per il brutale attacco a papa Francesco, definito “il rappresentante del maligno sulla terra, occupante il trono della casa di Dio” perché “promuove il comunismo con tutti i disastri che ha causato e va contro le Sacre Scritture”. E qualche mese fa, in un’intervista con il giornalista americano Tucker Carlson, Milei ha di nuovo criticato il pontefice sostenendo che “il papa attua forti interferenze politiche”, dimostrando “grande affinità con dittatori come Castro o Maduro” e schierandosi “dalla parte delle dittature sanguinarie”.
Da parte sua, poco prima delle elezioni, il pontefice argentino ha chiaramente giocato contro Javier Milei, definendolo un “pifferaio magico” e un possibile “Adolfito” del futuro. Con questa posizione Bergoglio ha dato una esplicita indicazione al voto cattolico, ma non è servita.
A ciò si aggiunge la reazione dei sacerdoti più legati e vicini al pontefice, che hanno celebrato una messa di riparazione in una chiesa di Buenos Aires, appoggiata dall’arcivescovo di Buenos Aires, monsignor Jorge Ignacio García Cueva, sostenendo di fatto la candidatura di Massa, un sostegno che però non ha portato alcun beneficio a Sergio Tomás Massa, visto il risultato elettorale che dimostra lo scarso o nullo peso politico che ha oggi la Chiesa argentina, sostenuta dallo schema politico progressista promosso da Bergoglio e dalla sua sempre più esplicita subordinazione politica al potere del Council for Inclusive Capitalism (Rothschild), all’Agenda 2030 (Onu – World Economic Forum) e alle politiche socialdemocratiche radicali del clan Soros. Subordinazione che non solo ha eliminato dall’agenda pubblica ufficiale della Santa Sede la difesa della vita umana fin dal concepimento e la condanna del genocidio prenatale globale, ma ha anche promosso e promuove figure e personalità pro aborto in importanti incarichi della Santa Sede.
Sorprendentemente e paradossalmente, il neoeletto presidente libertario è invece un chiaro e fermo difensore della vita umana fin dal concepimento. Lo è stato sia nel 2018, quando contribuì a respingere il tentativo di legalizzare l’aborto in Argentina (governo di Mauricio Macri), sia nel 2020, quando invece l’aborto fu legalizzato (attuale governo kirchnerista socialdemocratico). Una posizione pro-vita, quella di Milei, da lui confermata nella già citata intervista al giornalista Tucker Carlson, quando ha detto che “l’aborto è un omicidio” e “il liberalismo è il rispetto illimitato della vita degli altri basato sulla non aggressione e la difesa del diritto alla vita e alla libertà”. “Una delle nostre idee fondamentali – ha aggiunto – è difendere il diritto alla vita, e c’è anche una spiegazione a livello scientifico: la vita inizia con la fecondazione”, perché lì c’è già “un nuovo essere in evoluzione con un DNA proprio”. “È vero – ha detto ancora Milei – che la donna ha diritti sul suo corpo, ma quel bambino non è il suo corpo. Quindi l’aborto è un omicidio aggravato dal legame e dalla differenza di forze”.