di The Wanderer
Il 23 novembre abbiamo dato notizia della visita fraterna a monsignor Nicolas Baisi, vescovo di Puerto Iguazú, commissionata dal Vaticano. Conosciamo la fraternità di Francesco, acquisita da quella gesuitica. Quando un provinciale della Compagnia doveva rimproverare, punire o trasferire uno dei padri, faceva lasciare un breve biglietto con il suo ordine inappellabile sotto la porta della cella della persona da punire. Uno squisito esempio di carità. Papa Francesco, invece, si nasconde dietro un visitatore – in questo caso il vescovo di Temuco – che non è altro che un prestanome. Qualunque cosa dirà il rapporto finale, il vescovo Baisi sarà espropriato della sua diocesi, con le buone o con le cattive.
La situazione era prevedibile. Da quando ha saputo della schiacciante vittoria di Javier Milei in Argentina, la rabbia di Bergoglio è straripante. Sta cercando i colpevoli e vuole vendicarsi. La versione dei vaticanisti argentini che scrivono sul Clarín o La Nación, dove si esalta la grandezza del papa che si è umiliato telefonando al presidente eletto, non è credibile. Lo ha fatto, al massimo, come parte di una strategia che sta architettando. Il suo candidato alla presidenza era il peronista di sinistra Juan Grabois (“Abbiate cura di Juancito” diceva a chi lo andava a visitare a Santa Marta), ma questo signore alle primarie ha racimolato a malapena il 5,5% dei voti. Il male minore era, quindi, Sergio Massa, e così Bergoglio ha ordinato ai suoi soldatini di sostenerlo e si aspettava che il resto dell’episcopato facesse lo stesso. Ma non è andata così. Ha vinto Milei, che ha ripetutamente definito Bergoglio “rappresentante del Maligno in terra” e “comunista”. Lo stesso Bergoglio ha paragonato Milei a Hitler e al pifferaio magico di Hamelin, arrivando a definirlo un clown.
È probabile che sia stata proprio la rabbia accumulata a scatenare una decisione già presa da diversi mesi: l’espulsione del vescovo Baisi dalla sua sede, all’estremo nord-est dell’Argentina. Le ragioni sono due. La prima è di natura “etnica”. Baisi è il figlio spirituale prediletto di monsignor Héctor Aguer, arcivescovo emerito di La Plata e storico nemico di Bergoglio. Così il papa continua il suo piano di lenta vendetta e di “pulizia etnica” nell’episcopato argentino. Ricordiamo che nei casi più recenti di pulizia etnica, ad esempio tra serbi e albanesi del Kosovo nell’ex Jugoslavia, o tra hutu e tutsi in Ruanda, il meccanismo era lo stesso: si uccidevano il padre e i figli, e si violentavano la moglie e le figlie, in modo che i figli nati risultassero a tutti gli effetti appartenenti all’altra etnia. Bergoglio ha “assassinato” Aguer poco dopo il settantacinquesimo compleanno del presule, e ora sta “assassinando” i suoi figli: così è successo per Pedro Martínez ed Eduardo Taussig, e non sarebbe strano se presto cadesse anche il vescovo Samuel Jofré di Villa María. Bergoglio non dimenticherà mai la foto del vescovo Jofré scattata nel 2019 accanto a Benedetto XVI. Fortunatamente, il vescovo Aguer non ha fondato una congregazione di suore…
Il figlio maschio che più assomiglia al padre è Baisi. Gli assomiglia anche nel coraggio. E proprio un atto di coraggio (del tutto inusuale nell’episcopato dell’era bergoglian), secondo fonti del Dicastero dei vescovi, gli è valso la misericordiazione. Nel maggio di quest’anno, il vescovo di Puerto Iguazú ha inviato alla Conferenza episcopale argentina una relazione sull’ultima riunione plenaria di quell’organismo. Lì dice con parresia ciò che sosterrebbe qualsiasi vero cattolico dotato di fede, amore per Cristo e la sua Chiesa e buon senso. Ma queste cose non si possono dire. Queste cose vanno contro il “programma”.
Si tratta infatti di un “programma” o di una “agenda” che deve essere rigorosamente rispettata, come ha detto il vescovo Strickland qualche giorno fa. E il programma di papa Francesco, dopo dieci anni di pontificato, è molto chiaro: trasformare la Chiesa cattolica in un’istituzione diluita e spogliata di ogni elemento sacro e soprannaturale, che faccia riferimento solo a un Dio più o meno condiviso da tutte le religioni della terra, pretesto da utilizzare per attuare nuove norme etiche sulla cura della Madre Terra, l’accoglienza degli immigrati, la normalizzazione dei comportamenti omosessuali, eccetera. Ogni vescovo che non si adegui a questo programma viene “deprogrammato”.
Vedremo ora che cosa farà il vescovo Baisi, ma quanto sarebbe esemplare e incoraggiante se non si dimettesse e costringesse Francesco a spogliarlo della sua diocesi!
Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com
Titolo originale: La valentía de Mons. Baisi y el “programa” del Papa Francisco
Traduzione di Valentina Lazzari
Nella foto, il vescovo Baisi (a sinistra) con monsignor Aguer