Caro Valli,
mi colpisce la crescente “misericordia” del papa, con quei suoi metodi da dittatore comunista. Ultimo caso in ordine di tempo, quello del vescovo argentino segnalato da Duc in altum [qui].
Penso che la reazione a tutto ciò, oltre che essere affidata al buon Dio, dovrebbe passare anche attraverso la carne e il sangue del popolo cattolico fedele: non possiamo guardare e fare nulla, mentre il dittatore ammazza i nostri generali.
Il popolo di Dio, e specialmente quella fetta del popolo che sta a Roma, ha sempre difeso il soglio di Pietro con le buone o le cattive, anche tenendo a bada i papi stessi e le loro corti.
Il popolo deve dunque intervenire, e devono farlo in particolare gli italiani e i romani, che possono anche fisicamente mostrarsi e combattere in piazza San Pietro. Rosario permanente? Striscioni a tutti gli Angelus? Varie le possibilità.
Il dittatore deve sapere che il popolo di Dio non dorme, ma veglia e interviene. Siamo un unico corpo mistico. Noi, a differenza del dittatore, lo sappiamo e ci crediamo veramente. E se Gesù stesse chiamando a gran voce, da anni, il popolo a risvegliarsi?
Non dobbiamo mandare avanti preti o vescovi (esponendoli così ai colpi del dittatore), ma “minoranze creative”, ovvero il popolo.
Bastano dodici pronti all’azione. All’epoca bastarono (nessuno di loro era sacerdote, quelli arrivarono dopo, con Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo).
Scusi l’ardire, caro Valli, ma fa male vedere, leggere e continuare a vivere come se tutto non avvenisse ai nostri tempi: un giorno i figli ci chiederanno conto di dove eravamo quando tutto ciò succedeva.
Per questa battaglia, spirituale e di carne, serve un responsabile e un coordinamento. E ai romani tocca, per scelta e grazia di Dio, guidare l’offensiva.
Io vivo al Nord ma sono disponibile a fare il soldato semplice, anche recandomi a Roma.
L.T.