di Nicolò Raggi
Caro Valli,
tempo fa ho rivisto il mio professore di religione del liceo – stimato e preparatissimo insegnante e sacerdote – e l’ho sentito con le mie orecchie pronunciare le seguenti affermazioni in rapida sequenza:
“I cristiani maturi non si nascondono dietro alle regole”;
“Con il Covid abbiamo imparato che si può essere ottimi cristiani anche senza andare a messa la domenica”;
“I cristiani non ancora maturi hanno bisogno di aggrapparsi alle regole”;
“Prima del Concilio di Trento le ostie consacrate si tenevano in sacrestia, senza particolari riguardi. Perché ora sentiamo il bisogno di inginocchiarci?”;
“Ai cristiani maturi non servono le regole per proteggere la propria fede”;
“Nella Bibbia non c’è scritto da nessuna parte che non va bene essere omosessuali… e anche se c’è scritto è lo stesso”;
“I cristiani che non vivono questa maturità, e sono il 75% [fonte divina, immagino], devono trincerarsi dietro alle regole (gesto del pugno chiuso e della smorfia, tanto cari a Bergoglio), perché li fa stare al sicuro!”.
Ebbene, dopo aver ascoltato queste sentenze ho capito che la situazione, nella Chiesa, è molto peggio di quanto già non pensassi.
Ne ho avuto conferma lo scorso fine settimana, quando ho partecipato a un ritiro di Avvento guidato da un anziano e simpatico gesuita spagnolo.
Avendomi dato l’impressione di persona equilibrata e avendo appreso che da alcuni anni esercita il suo ministero a Roma proprio dietro piazza San Pietro, al termine del ritiro gli ho chiesto che impressione si sia fatto della situazione della Chiesa vista da quel punto di osservazione privilegiato. E la risposta, comprensiva di un excursus storico, è stata così articolata.
Da giovane studente era a Roma durante il pontificato di Paolo VI, poi ha vissuto la maggior parte del suo ministero sacerdotale in Spagna e ha vissuto la Chiesa del dopo Concilio con Giovanni Paolo II che, pur essendo aperto al mondo, si era molto chiuso dentro la Chiesa (altro prete, stesso pugno chiuso con smorfia).
“Ora con Francesco – dice – viviamo una stagione nuova, si va in una direzione opposta e ci sono apertura e ascolto”.
Rispondo che certamente si va in una direzione opposta ma, quanto all’apertura e all’ascolto, mi pare siano solo proclamate e invece praticate a senso unico.
Il padre fa un sorriso di compassione, poi ritiene che sia giunto il momento di giocare il suo asso nella manica e mi dice: “Conosci il cardinake Müller?”
Rispondo subito affermativamente, e il sorriso del sacerdote passa dalla compassione alla condiscendenza: “Ecco, vedi, lui è un grande nemico di papa Francesco, forse il suo più grande nemico, eppure lo ha nominato come partecipante al sinodo!”.
Il padre riteneva che questa sua osservazione avrebbe chiuso definitivamente la partita, ma io continuavo a guardarlo e ad attendere un seguito, che non c’è stato.
Capite? La notizia sensazionale è che il pontefice dell’ascolto, di “todos, todos, todos“, ha invitato a discutere di “todos, todos, todos” anche una persona – tra l’altro cardinale di Sancta Romana Ecclesia, non traghettatore di migranti col codino unto – che non la pensa come lui!
La situazione è davvero peggio di quanto pensassi se un sacerdote anziano, preparato e in buona fede, arriva a ritenere un asso di bastoni quello che invece non è neppure un due di spade.
I cristiani sedicenti maturi continuano a ripetere sempre e comunque il giochetto che si faceva all’asilo, quello del nemico “più peggiore assai” (se hai fatto l’asilo a Bari). Io, per quanto non nutra nessuna simpatia per Bergoglio, non direi mai che è un mio nemico, piuttosto un nemico della Chiesa. Qui invece si continua la pantomima alla Fabrizi e Totò, ma in versione tutt’altro che divertente. Sempre all’insegna di una maggiore corresponsabilità e, naturalmente, di un superiore discernimento.