Anniversario / Onore a Pavel Florenskij. Martire per la fede, esempio per l’oggi
di Fabio Battiston
Ottantasei anni fa, l’8 dicembre 1937, moriva drammaticamente Pavel Aleksandrovič Florenskij. Presbitero ortodosso russo, teologo, scienziato, filosofo e matematico di immenso valore, venne fucilato nei pressi di Leningrado dalla soldataglia staliniana. Il suo assassinio fu l’epilogo di un brutale e farsesco processo che pose fine a un decennio di persecuzioni che lo vide recluso, come forzato, in uno dei più terribili gulag sovietici, quello dell’ex monastero delle isole Solovki, in Siberia.
Finalmente uscito da un oblio durato oltre mezzo secolo, Florenskij è già da anni considerato una delle più grandi “anime” non solo del XX secolo ma dell’intera storia della civiltà umana. La sua testimonianza di fede e la sua intera vita, resa luminosa da una morte – come vedremo più avanti – “in odore di santità”, possono a ben diritto rappresentare un esempio e una guida per molti credenti di oggi, costretti a misurarsi con un mondo e con una chiesa che appaiono dominati dal male e dal paganesimo. Ecco perché, in questo anniversario, può essere di grande importanza scoprire o riscoprire Pavel Florenskij attraverso i suoi libri, un vero tesoro di valori, idee e insegnamenti che – abbracciando un universo multidisciplinare e interdisciplinare – appaiono come non mai di estrema attualità. Dobbiamo a due nostri insigni intellettuali, Elémire Zolla e Natalino Valentini, se il pensiero e l’opera florenskijani sono oggi patrimonio conosciuto non solo in Italia ma in tutto il mondo occidentale. Una perfetta sintesi di ciò che fu l’essenza dell’uomo e del pensatore Florenskij ce la offre Sergej Nikolaevič Bulgàkov, filosofo e teologo russo suo grande amico; egli scrive:
Di tutti i contemporanei che ho avuto la ventura di conoscere nella mia vita, egli è il più grande. E tanto più grande il delitto di chi ha levato la mano su di lui… Padre Pavel per me non era solo un fenomeno di genialità, ma anche un’opera d’arte.
All’uomo di quest’inizio di terzo millennio, Florenskij offre la propria visione del mondo; una visione che – nella perfezione del progetto trinitario – tutto abbraccia e tutto comprende. È la cosiddetta Weltanschauung integrale in cui il filosofo russo fa convergere armoniosamente fede e ragione, scienza e trascendenza. È uno scenario nel quale la bellezza, nella sua concezione più profonda, occupa un posto fondamentale. Una bellezza destinata a “salvare il mondo”, come profetizzava Dostoevskij, proprio perché ispirata dalla perfezione trinitaria. Non a caso Florenskij fu – sul piano teologico, filosofico ed estetico – uno dei maggiori esegeti dell’icona e del suo rapporto imprescindibile con la fede cristiana. Ed è proprio il filosofo russo a darci con la sua stessa vita l’esempio concreto di questa fusione governata dall’Eterno. Convivono in lui l’uomo di fede, il filosofo, il teologo insieme al matematico, all’ingegnere e al geniale inventore. Ciascuna disciplina, nella sua diversità e specificità, risponde a un unico, grandioso meta-obiettivo: la Salvezza dell’uomo. È la sua concezione cristiana del mondo (che è anche il titolo di un’altra sua importante opera) nella quale il termine “cultura” assume il suo significato più pieno. Natalino Valentini, nel suo saggio introduttivo al Significato dell’idealismo, trattato filosofico scritto da Florenskij nel 1914 (Rusconi, 1999) ci offre una sintesi perfetta di questo concetto:
La sua concezione del mondo, così profondamente compenetrata e animata dai principi della matematica, si apre alla comprensione integrale della cultura risalendone il fiume fino alla sorgente, alle profonde radici spirituali e all’ispirazione delle sue fonti originarie. Una ricomprensione del fenomeno della cultura che prende avvio dal suo etimo comune che lo lega alla parola “cultus”: la cultura che appare essenzialmente come “germinazione del culto”, il centro della vita, il nucleo e la sua radice, tanto da portare l’autore ad affermare che “la fede definisce il culto ed il culto la comprensione del mondo, dalla quale poi deriva la cultura”.
Quante riflessioni e insegnamenti possono derivare da queste ultime, capitali parole. Pensiamo solo a come sia fondamentale, nella perfetta logica florenskijana, il ruolo della liturgia e quanto maleficamente e strategicamente lungimirante sia il tentativo di distruggerla in atto nella chiesa cattolica oggi invasa dal maligno.
A noi cattolici, oggi emarginati e isolati in una chiesa temporale che sta sprofondando nell’apostasia modernista e neopagana, Pavel Florenskij offre il suo lucido pensiero come bastione a cui fare riferimento per continuare a resistere e per combattere questo flagello. Ecco cosa scriveva nel 1906 il grande teologo ne Il concetto di Chiesa nella Sacra Scrittura (San Paolo, 2008):
… alla Chiesa serve l’elemento divino e l’elemento umano. Non sono tra loro contingenti neppure i due momenti dell’aspetto umano della Chiesa – l’autorità e la libertà – e la possibilità che la Chiesa cresca quale uomo perfetto (Ef 4,13) si fonda sulla loro armonia e sul loro equilibrio. La Chiesa non può “‹essere tratta in inganno secondo gli elementi del mondo” (Col 2,8), non può cambiare come cambiano le mutevoli istituzioni umane. Le istituzioni umane sono “come pula che il vento disperde” (Sal 1,4); mentre la Chiesa cresce organicamente nel senso più alto del termine. Il nuovo non soppianta, non distrugge il vecchio, ma lo afferma e lo svela. Questa la differenza tra vera crescita e semplice esistenza. Conseguentemente, il vecchio della Chiesa non sparisce nel flusso del nuovo, non ne è sommerso, ma viene immancabilmente custodito dall’autorità. Dal canto suo il nuovo non esita nei germogli appena spuntati del vecchio, ma si leva in alto, di libertà nutrito.
Ogni commento è superfluo.
All’inizio di questo contributo ho accennato alla morte in odore di santità di Florenskij. Quell’8 dicembre 1937 egli fu ucciso realmente da martire. Pochi mesi prima, infatti, il KGB ordì contro di lui una serie di infami accuse che il filosofo respinse con sdegno. Poi, essendo venuto a conoscenza che la sua confessione avrebbe consentito la liberazione di alcuni suoi compagni dal gulag delle Solovki, accettò quelle false imputazioni. Padre Pavel sacrificò deliberatamente la propria vita per la salvezza dei suoi fratelli. Un esempio che, pochi anni dopo, fu riproposto ad Auschwitz dal francescano Massimiliano Kolbe.
Oggi non è dato sapere se la Chiesa ortodossa, prima o poi, onorerà questo suo sublime rappresentante sugli altari della canonizzazione; sappiamo inoltre che i nostri fratelli orientali non riconoscono il dogma dell’Immacolata concezione. Tuttavia non posso non pensare che quell’8 dicembre di ottantasei anni fa Maria abbia voluto mettere il suo sigillo di santità su uno dei suoi figli che meglio hanno saputo interpretare in pensieri, parole e opere quel Tota pulchra es Maria che i primi cristiani le dedicavano in preghiera.
Gloria eterna a Pavel Aleksandrovič Florenskij.