Don Bosco e la Confessione / 1
di don Marco Begato
“Don Bosco non ha solo esercitato il ministero delle confessioni, ma ha pure svolto un’opera instancabile di istruzione pratica e pastorale per guidare i fedeli e soprattutto i giovani all’uso sempre più fruttuoso di tale Sacramento che più di ogni altro esige l’impegno del fedele, essendo gli atti del penitente parte essenziale del Sacramento stesso. La straordinaria efficacia pedagogica che don Bosco ha ricavato dalla Confessione per la formazione cristiana dei giovani è dovuta in gran parte anche alla sua sapiente opera di maestro e guida nella pratica di tale Sacramento. Dobbiamo perciò esporre sommariamente l’insegnamento pastorale del Santo sulla Confessione, raccogliendo con cura le sue parole. Ne risulta così un insegnamento semplice, ma sicuro, frutto della esperienza di don Bosco e quindi molto efficace per guidare le anime alla valorizzazione della Confessione”.
Queste le parole di don Domenico Bertetto, salesiano, cui farò riferimento per approfondire il pensiero di san Giovanni Bosco in materia di Confessione. Aggiungo così un nuovo capitolo sulla spiritualità del santo dei giovani, dopo aver pubblicato i precedenti brevi saggi, relativi alla spiritualità di san Giovanni Bosco e al suo rapporto con san Giuseppe [qui], col mistero dell’Eucaristia [qui] e con la virtù della purezza [qui]. Ogni piccola puntata alternerà parole e citazioni tratte dalle opere del citato don Bertetto con una riflessione del sottoscritto (sotto il titolo di “Commento”). Le pagine che seguono sono la rielaborazione di un sussidio che avevo pubblicato un decennio fa e che ancora gira in rete. Ora lo potrete leggere in una versione semplificata e riadattata per i lettori di Duc in altum.
Ci introduciamo alla Confessione
Dunque, per introdurci iniziamo a riflettere sul fatto che la Confessione è certamente il più delicato tra i sette sacramenti, quello in cui gioca un peso maggiore la responsabilità e la predisposizione dell’individuo. Ecco perché è necessario, più che in altri casi (si pensi al Battesimo o all’Estrema unzione) porre molta cura nella formazione alla pratica di tale sacramento. Don Bosco ha dedicato tutta la vita a tale scopo: nelle sue catechesi e nelle sue attività pedagogiche non è mai mancato un riferimento alla Confessione e a come farla bene. Il principale rischio a riguardo non è – o almeno non era, ai tempi di don Bosco – che i cristiani non si confessassero, ma che lo facessero male. Ora le soluzioni a riguardo sono semplici e consistono nell’andare a recuperare in modo consapevole gli elementi costitutivi della Confessione. Lo faremo insieme.
Muoviamo i nostri primi passi e interroghiamo lo stesso don Bosco su quali siano i rischi effettivi e i difetti generali legati al sacramento della Confessione. Successivamente potremo provare a costruire un percorso di salvaguardia di tale sacramento. Il Santo suggeriva alcune attenzioni ai suoi ragazzi in un fervorino tenuto in ricordo del grande santo giovane, Domenico Savio:
Una cosa che volevo dirvi è che siamo nella novena dell’Immacolata Concezione, e dico a voi quello che ho già detto agli studenti il primo giorno della novena: che tutti, dopo questa festa, procurino di avere messo a posto bene le cose dell’anima propria. Se qualcuno avesse qualche difficoltà spirituale, qualche stortura da aggiustare, non lasci passare questa occasione della festa dell’Immacolata, se non vuole mettere l’anima sua in pericolo di dannarsi. Non voglio dire con ciò che tutti dobbiate fare la confessione generale, non è questo; anzi a chi l’avesse già fatta, non conviene neppure che la rifaccia; ma tutti facciano una confessione secondo il bisogno della propria coscienza. Avrebbe bisogno di una confessione generale, chi, andandosi a confessare, confessasse sempre le medesime colpe. Uno va e si confessa di una bugia, e sempre tutte le volte che va si accusa di bugie; ogni volta che si confessa ha sempre da accusarsi di disturbare in chiesa, di disubbidienze e mancanze di rispetto agli educatori, di discorsi cattivi, di scherzi sconvenienti, di abitudini non buone. E queste confessioni saranno sempre ben fatte? Io rispondo colle parole del Vangelo: dai frutti si conosce la pianta. Se perciò le confessioni non danno frutto, c’è molto da temere che, se non sono sacrileghe, siano almeno nulle. Bisognerà allora scandagliare il proprio cuore e cercare la ragione [per cui queste confessioni vengono fatte male], se c’è mancanza di esame di coscienza, di pentimento o di altro; e, una volta fatta una buona confessione, troncare ogni legame che ci possa tenere avvinti al demonio (MB, XII, 574).
Commento
Da questo brano anzitutto trapela come don Bosco ami valorizzare le realtà positive che accompagnano la vita di fede dei ragazzi. Tra queste occupano un posto di tutto rilievo le ricorrenze liturgiche – tempi forti da viversi come festa e come crescita: l’Immacolata, il Natale eccetera – e l’esempio dei santi, specialmente dei santi giovani, prova inconfutabile che la santità è una meta proponibile a qualsiasi età.
In secondo luogo don Bosco non teme di ricordare la concretezza di realtà negative come il demonio e l’inferno. Non si tratta di un ricatto psicologico, ma di una alternativa possibile e giustamente allarmante. D’altra parte appare sempre ben chiaro che il cadere tra i lacci del demonio non dipende dalla forza arbitraria e invincibile del male, ma dalle scelte libere e sbagliate dei ragazzi.
Il racconto del santo educatore trasmette una descrizione completa dell’uomo, un ideale di persona ben delineato; la coscienza è chiaramente presentata come una questione di cuore e di ragione, che non si riduce né a emotivismo, né a intellettualismo.
Infine troviamo delle indicazioni precise sulla qualità delle confessioni. Così si può dire apertamente ai ragazzi che alcune confessioni sono sacrileghe – quelle fatte per finta, prendendo in giro il sacerdote e Dio – o nulle – quelle fatte in malo modo, senza rispettarne le condizioni di base.
1.continua