Intervista al vescovo Giampaolo Crepaldi
di Martina Pastorelli
L’inchiesta della Procura di Ragusa sul traffico di migranti clandestini, di cui questo giornale sta dando conto in solitaria, ha gettato una luce sinistra sull’impegno sociale di tanti esponenti ecclesiali e rischia di essere la goccia che fa traboccare il vaso di una credibilità da tempo in esaurimento: molte persone sono disorientate e tra i cattolici cresce lo sconforto nel vedere che, davanti alle sfide del presente, la Chiesa di Roma sembra vivere un momento di debolezza e una sorta di crisi di identità rispetto al pensiero mondano.
L’ostinato rifiuto di riconoscere la gravità della situazione da parte dei chierici coinvolti nello scandalo dei finanziamenti alla Ong di Luca Casarini – dal presidente della Cei in giù – peggiora le cose, e va ad aggiungersi a una diffusa perplessità di fronte al misterioso allineamento del Vaticano sui temi dell’agenda mondialista: ultima in ordine di tempo la teoria del riscaldamento climatico causato dall’uomo, con la quale si ribalta l’antropocentrismo cristiano.
Nel silenzio desolante delle gerarchie si staglia una delle sue voci più autorevoli: quella di monsignor Giampaolo Crepaldi, che prima di essere nominato da papa Benedetto XVI vescovo di Trieste (ora è emerito), aveva guidato il Pontificio consiglio della giustizia e della pace, ed è uno dei più profondi conoscitori della Dottrina sociale della Chiesa. Su questa fase particolarmente difficile, Crepaldi ha accettato di fare chiarezza. Le sue parole vanno lette attentamente poiché delineano un quadro grave, con la Chiesa che si adegua alle nuove emergenze create artificialmente, smarrisce la sua missione salvifica conformandosi e riducendosi ad agenzia etica, dimentica come debbano coniugarsi verità e carità per essere autentiche, ed è incapace di discernere sui fini finendo per stringere alleanze improvvide (caso Mediterranea docet). Il prelato ricorda anche una cosa molto importante, ovvero che non esiste il positivismo cattolico, il che implica che non tutto quello che viene insegnato dall’alto coincide con la verità. Infine, delinea una divisione nella Chiesa che non tocca solo qualche tema specifico ma l’intero impianto della fede.
Eccellenza, che cosa sta succedendo?
«Credo che le difficoltà del momento derivino in particolare dall’ansia pastoralista che rischia di venire anteposta alla luce della dottrina. Il giusto desiderio di esserci, di fare, di incontrare il mondo e di collaborare rischia di diventare criterio in se stesso, piuttosto che illuminata applicazione di un criterio dottrinale».
In questa fase di emergenza perenne l’Occidente sembra essere in balia di un centro di potere sovranazionale che bypassa il volere dei popoli: è a rischio la democrazia delle nostre società? E quale dovrebbe essere, in questa situazione, il ruolo della Chiesa?
«Su questo argomento faccio mie le analisi e le conclusioni che l’Osservatorio cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa ha di recente espresso nel suo Rapporto annuale dedicato a “Un Deep State planetario, la politica governata dall’ombra”. Esiste un sistema globale e coordinato che mette a rischio non solo la democrazia, dato che intende riplasmare una nuova umanità. La Chiesa, io penso, dovrebbe affrontarlo criticamente».
Questa nuova oligarchia mondiale mira a una società fondata sulla tecnologia e su una morale ambiguamente umanistica, post-naturale e post-cristiana. A questa pressione, che vuole la distruzione della natura e della soprannatura, i cattolici, laici e uomini di Chiesa, si adeguano o tentano di opporsi?
«In generale prevale l’adeguamento, anche se esistono realtà del mondo cattolico le quali sono contrarie al nuovo globalismo che sradica gli individui dalle società naturali, si oppongono a una unica religione universale delle buone pratiche come già voleva Immanuel Kant e poi illuminismo e massoneria, e sono critiche sulle nuove emergenze costruite artificialmente e le nuove conversioni richieste – e spesso imposte – dal potere politico».
Quali conseguenze comporta il fatto che oggi la Chiesa sembra relegata al ruolo di agenzia caritatevole mentre la fede pare ridotta a buone pratiche sociali?
«Comporta il pericolo che essa perda di vista la sua unicità salvifica e che diventi una delle tante agenzie di etica sociale secondo i desideri del mondo. Capita così che nella festa dell’Immacolata Concezione, come è successo lo scorso 8 dicembre, ci si limiti a dire che Maria Immacolata si opporrebbe oggi al “femminicidio”».
Questo sbilanciamento su certi temi – penso all’immigrazione – fa incappare in strumentalizzazioni, come accaduto nella vicenda dei finanziamenti ecclesiali all’Ong di Luca Casarini, imputato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Cosa ha pensato nel leggere i commenti sprezzanti degli indagati verso i suoi confratelli, ai quali veniva chiesto continuamente danaro?
«Credo che, come suona il titolo dell’enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, bisogna sempre fare la carità nella verità, oltre che, naturalmente, il contrario. Ho l’impressione che nella vicenda da lei ricordata ciò non sia stato fatto in modo adeguato».
Tra i protagonisti delle chat che rivelano i maneggi per ottenere fondi, c’è il cappellano della Mare Jonio, don Mattia Ferrari (che agli attivisti suggeriva pure le formule da scrivere: «Voi ci avete detto che noi facciamo l’opera di Dio? Se volete che questa opera di Dio continui, ci servono i finanziamenti»), il quale ha finito per coinvolgere – e dunque esporre – non solo cardinali e vescovi ma persino la figura del Santo Padre. Quanto danno crea tutto ciò presso i fedeli?
«Nella Chiesa di oggi si è fatta strada l’idea che si possa collaborare con tutti. Questo però non è vero, perché ad unire le persone in una comune azione sono i fini e se i fini discordano è bene non collaborare. La valutazione dei fini, però, richiede criteri dottrinali e non solo pratici».
Alle «Tavole di Assisi» lei ha ricordato le parole di Benedetto XVI: «Cristo accoglie tutti ma non accoglie tutto»: perché invece oggi la Chiesa collabora con persone, realtà e associazioni che promuovono pratiche in aperto contrasto con la dottrina, come aborto od omosessualità? Come mai tante realtà cattoliche fanno propria l’Agenda Onu per il 2030?
«Come già accennato, se vogliamo andare ancora più a fondo bisognerebbe esaminare le trasformazioni teologiche avvenute specialmente nel campo della teologia morale, in particolare il concetto di peccato come “inadeguatezza”, per cui tutti saremmo sulla buona strada, solo che alcuni sarebbero più avanti e altri più indietro. Ma nessuno fuori».
Oggi la voce della Chiesa si unisce a quella delle istituzioni che parlano di cambiamento climatico di origine antropica dando così l’impressione di avallare drastiche soluzioni, in nome di un’ideologia che vede la persona come elemento di disturbo per l’ecologia naturale. Che cosa ne pensa?
«Certamente le ideologie dell’ambientalismo e del climatismo ad origine umana hanno come scopo, perfino da loro non troppo nascosto, di eliminare il primato dell’uomo derivante dal suo essere ad immagine di Dio. Ci sono anche correnti teologiche che negano la “gerarchia dell’essere”. Le dottrine dell’antispecismo o movimenti come Extinction rebellion pretendono la fine del primato dell’uomo. Simili posizioni non sono compatibili con la dottrina cattolica».
In una recente intervista a questo giornale il vescovo statunitense Joseph Strickland ha parlato di un “programma” che verrebbe da alcuni ambienti vaticani che è in contrasto con il Vangelo e il deposito della fede. Lo pensa anche lei?
«L’espressione da lei adoperata di “ambienti vaticani” fa riferimento a singoli uomini di Chiesa che hanno una particolare formazione teologica e condividono tra loro l’idea di dover far fare alla Chiesa alcuni passi che su alcuni punti sembrano contrastare con la tradizione e il deposito della fede. Cosa pensare? Da un lato bisogna ricordare che non esiste un “positivismo cattolico” per cui tutto quanto viene insegnato dall’alto sia anche automaticamente vero. Dall’altro che gli uomini si agitano, ma è Dio che li conduce».
Dentro la Chiesa, sia nella gerarchia che tra i fedeli, si registra una progressiva radicalizzazione che ne mette sempre più in pericolo l’unità, tanto che si parla del rischio di uno scisma: le pare concreto?
«La Chiesa è una sola, ma in questo momento le tensioni sono molto forti e investono tutti i livelli ecclesiali. C’è una forte contrapposizione, che spesso rasenta l’incomunicabilità, che non riguarda solo qualche tema specifico ma l’intero quadro della fede cattolica. Questo contrasto era rimasto a lungo sotterraneo, ora è esploso».
C’è un problema di fede anche tra prelati?
«C’è il problema di come intendere la fede».
La Verità, 14 dicembre 2023