Cinque anni e sei mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici e ottomila euro di multa. Questa la sentenza di primo grado nel processo sulla compravendita di un palazzo a Londra, con soldi della Segreteria di Stato.
Becciu, non presente in aula, è stato ritenuto colpevole di tre capi di imputazione per peculato. Per lui anche la confisca di 200 milioni e 500 mila di dollari americani “quale profitto dal delitto di peculato”.
“C’è profonda amarezza, dopo ottantasei udienze, nel prendere atto che l’innocenza del cardinale Becciu non è stata proclamata dalla sentenza, nonostante tutte le accuse si siano rivelate completamente infondate. Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al Cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la Sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia”, è quanto dichiarano Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, legali del cardinale.
“Nonostante la pronuncia ci amareggi profondamente – continuano i legali – abbiamo una solida certezza: il cardinale Becciu, fedele servitore del Papa e della Chiesa, ha sempre agito nell’interesse della Segreteria di Stato e non ha avuto per sé e per i suoi familiari alcun vantaggio”, proseguono gli avvocati. Rispettiamo la sentenza, leggeremo le motivazioni, ma rimaniamo certi che verrà prima o poi riconosciuta l’assurdità delle accuse contro il Cardinale e dunque la verità: Sua Eminenza Becciu è innocente”.
Con la sentenza di oggi arriva a conclusione dopo due anni e mezzo quello che è stato definito “il processo del secolo” in Vaticano. Al centro delle indagini la gestione di fondi riservati della Segreteria di Stato, sotto la guida del cardinale Becciu, tra il 2012 e il 2019.
Dieci le persone imputate. Oltre a Becciu, i finanzieri Raffaele Mincione, Gianluigi Torzi ed Enrico Crasso, monsignor Mauro Carlino, ex esponente della Segreteria di Stato, il funzionario vaticano Fabrizio Tirabassi, gli ex vertici dell’antiriciclaggio vaticana René Brülhart e Tommaso Di Ruzza, fino all’avvocato Nicola Squillace e la sedicente agente segreta Cecilia Marogna. Imputate anche quattro società imputate. Cinque le parti civili (Segreteria di Stato vaticana, Ior, Apsa, Asif e monsignor Alberto Perlasca, ex responsabile dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, definito il teste chiave del processo). Seicento le ore trascorse in aula, 69 i testimoni ascoltati, decine e decine di migliaia le pagine presentate da accusa e difesa.
Prima della camera di consiglio il presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, ha spiegato che si è trattato di “un processo certamente inusuale per complessità quantitativa e qualitativa”.