In seguito alla notizia [qui] che, senza fornire spiegazioni, Roma ha ordinato a monsignor José Luis Azcona Hermoso, vescovo emerito di Marajó in Brasile, di lasciare la prelatura della quale è stato a capo per ventinove anni, i fedeli reagiscono con una lettera nella quale affermano che l’insediamento del nuovo vescovo, dom José Ionilton, con la partecipazione e il sostegno popolare, potrebbe essere seriamente compromesso se non sarà revocato l’ingiusto divieto di residenza che ha colpito il vescovo Azcona. Solo se il divieto sarà revocato il “popolo marajoara potrà superare questo trauma e offrire al nuovo vescovo un sentimento di accoglienza e adesione collettiva”.
Ricordiamo che in un comunicato diffuso nei giorni scorsi, firmato dall’amministratore, padre Kazimierz Antoni Skorki, la prelatura di Marajó ha reso noto che il nunzio in Brasile, Giambattista Diquattro, ha chiamato Azcona informandolo che non può più vivere nel territorio della prelatura, ma senza spiegare quali sarebbero i motivi di tale decisione.
Secondo notizie di stampa, Azcona dovrà lasciare Marajó entro gennaio, quando si insedierà il nuovo vescovo, José Ionilton, nominato da Francesco.
Dopo l’annuncio del provvedimento, i fedeli hanno organizzato diverse manifestazioni chiedendo che il divieto sia annullato.
Nella lettera, centinaia di fedeli scrivono: “Come Chiesa di Marajó, siamo rimasti sorpresi dalla notizia sconvolgente che a dom Azcona è stato ordinato di allontanarsi dalla nostra terra, dal nostro popolo, dalle nostre lotte per la salvezza e migliori condizioni di vita”.
“Attraverso una telefonata irrispettosa”, la vita di dom Azcona (83 anni) è stata sconvolta “con il divieto di non restare nella terra che ama così tanto”. I fedeli si chiedono “quale grave crimine abbia commesso il vescovo emerito per ricevere tale punizione”.
“Per la validità di un atto – proseguono i firmatari – è necessario che siano verificati gli elementi che lo motivano, nonché i requisiti richiesti dal diritto”, ma in questo caso siamo di fronte a un provvedimento “ingiusto, oscuro e senza precedenti, una decisione contraria alla fede cristiana e al catechismo della Chiesa cattolica”.
“Ricordiamo con affetto le messe celebrate nella basilica di Nostra Signora di Nazareth, completamente gremita per ascoltare la predicazione del nostro vescovo. In modo incomprensibile, questo diritto gli viene ora negato attraverso un provvedimento dell’arcivescovo della capitale del Pará, con totale mancanza di umanità, fraternità, comprensione e dialogo”.
Monsignor José Luís Azcona è nato a Pamplona, in Spagna, il 28 marzo 1940. È membro dell’ordine degli Agostiniani recolletti. Arrivato in Brasile nel 1985, è stato vescovo della prelatura di Marajó dal 1987 al 2016. Anche dopo le dimissioni per limiti di età ha deciso di continuare a vivere sull’isola, nello Stato del Pará.
Nel 2009 ha denunciato casi di pedofilia e sfruttamento sessuale di bambini e adolescenti a Marajó da parte di politici e imprenditori locali. La denuncia ha dato origine al comitato contro gli abusi dell’Assemblea legislativa del Pará e nel Congresso nazionale.
Nel 2019, nel contesto del sinodo sull’Amazzonia, è stata una voce in controtendenza. In quell’occasione criticò la totale mancanza di riferimenti a Cristo crocifisso nell’Instrumentum laboris, il documento di lavoro del sinodo. Fece anche notare l’omissione del concetto di peccato dalla pastorale per i popoli indigeni, difese il celibato sacerdotale e mise in guardia dallo scandalo e dall’idolatria generato dall’uso di immagini della pachamama.
Fonte: acidigital.com