di Daniele Trabucco
Ieri, 18 dicembre 2023, la Congregazione per la dottrina della fede, presieduta dal cardinale Victor Manuel Fernández, ha pubblicato una Dichiarazione intitolata Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni (l’ultima Dichiarazione dell’ex Santo Uffizio era stata la Dominus Jesus del 2000, quando prefetto era il cardinale Ratzinger, il futuro papa Benedetto XVI).
In particolare, due persone di sesso diverso o dello stesso sesso, le quali vivono una unione irregolare per la dottrina della Chiesa cattolica, possono, al di fuori di qualunque rito e di qualunque celebrazione, ottenere dal ministro ordinato una benedizione “spontanea” assimilabile ai gesti di devozione popolare.
Non solo, quindi, viene superato il pronunciamento del 2021 (qualche eco del sinodo tedesco?), ma si ribadisce che la benedizione in oggetto, trattandosi di atto di devozione, non richiede, quale precondizione, “una previa perfezione morale”. Un tipo di benedizione che, precisa il documento, si offre a tutti indipendentemente dai loro errori. Il terzo capitolo della Dichiarazione precisa, infine, che la benedizione non legittima l’unione, ma la coppia la quale mendica che tutto ciò che di buono, di vero e di umanamente valido è presente al suo interno “sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo”.
Sul punto, due brevi osservazioni critiche “a prima lettura”. In primo luogo, in netta opposizione al Responsum del 2021, pare esservi una diversificazione tra le benedizioni con la riconduzione di alcune ad atti di devozione popolare. Eppure, il Catechismo della Chiesa cattolica del 1992 non legittima questo tipo di classificazione.
La benedizione, che rientra nella categoria dei sacramentali, presuppone non solo la retta intenzione di chi intende riceverla, ma anche che la situazione, la relazione sottostante, sia ordinata a ricevere e a crescere nella grazia di Dio. Ora, una unione “irregolare” costituisce peccato ed è tale a prescindere dall’intenzione soggettiva dei componenti la coppia. Nel Responsum del 2021, opportunamente, si sottolineava il rapporto stretto tra benedizioni e sacramenti. Come mai, allora, nella Fiducia supplicans questo legame è venuto meno?
Chi domanda una benedizione lo fa per “convertirsi”, per cambiare vita, per aprirsi alla grazia e non per permanere in una oggettiva situazione di peccato mortale. In secondo luogo, la Dichiarazione, nella sua terza parte, prevede che la benedizione per le unioni irregolari mendichi che quanto vi è di buono sia elevato e sanato dallo Spirito Santo. Ora, nonostante le intenzioni dei membri della coppia, nel peccato non c’è alcunché di buono, bensì, insegna il Catechismo Maggiore di san Pio X, “una trasgressione della legge divina, per la quale si manca gravemente ai doveri verso Dio”. Come fa, allora, una trasgressione a essere elevata dallo Spirito?
Lo Spirito eleva il desiderio di cambiare strada, di abbandonare la via del male, sana il nostro dolore per il peccato commesso che viene rimesso, quanto a colpa, con il sacramento della confessione.
Fonte: informazionecattolica.it