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Le vostre reazioni alla “Fiducia supplicans” / 3

Caro Valli,

sono una giovane credente che sta muovendo i primi passi nel mondo del lavoro e desidera e prega Dio affinché conceda il dono di una famiglia cristiana. Dal punto di vista pastorale, fin da bambina, ho frequentato tanti gruppi giovanili di ispirazione cristiana, dove sono cresciuta nella conoscenza del Vangelo. Durante l’adolescenza i tanti dubbi mi hanno fecondamente portata ad approfondire i misteri della fede che non comprendevo o che i miei coetanei rifiutavano ostinatamente. Per una volontà che non conosco ho percorso una strada che mai mi ha fatto allontanare dalla Parola di Dio e che mi ha guidata sempre verso una comprensione umile e obbediente del Catechismo della Chiesa cattolica, in cui rifulge la Verità e la sapienza dello Spirito. Negli ultimi anni però i gruppi giovanili parrocchiali di cui ho fatto parte hanno cominciato a essere popolati da persone che a mio modo di vedere desiderano stare con un piede in due staffe, andare a messa e dopo (o prima) al gay pride, così, con la scusa che Dio è amore, il che sembra per loro combaciare con il dettame pubblicitario “love is love“.

Dopo qualche anno di scontri, crisi e dubbi ho ripiegato verso una fede meno condivisa pur non rinunciando, per niente al mondo, ai sacramenti. La mia ultima speranza era nella solidità della dottrina, che non è certo filosofia, ma è radicata e abbracciata a Cristo e al suo Vangelo come albero della Vita, staccandosi dal quale ne morirebbe all’istante. In questo quadro, la lettura della Fiducia supplicans mi getta oggi nello sconforto. Sento che mi è stata strappata quell’ultima speranza che riponevo nella Madre Chiesa a livello dottrinale. Il documento è analizzabile in ogni sua parte, essendo pubblico, e a coloro che hanno buona comprensione del testo risulta lampante l’enormità della contraddizione in esso contenuta. Il linguaggio gode infatti della proprietà performativa, capace di rendere esistente e legittimo qualcosa per il solo fatto di essere pronunciato. Dunque chi legge come può verosimilmente pensare che, dopo aver messo in una stessa frase le parole “benedizione in chiesa” e “coppie dello stesso sesso”, non si verifichi da sé, inevitabilmente e spontaneamente, la confusione da cui ci si pretende di proteggere con il pallidissimo e sbiadito richiamo a “non confondere” tale gesto con la benedizione nuziale? È ridicolo affermare qualcosa di così scandaloso accompagnandolo con uno squallido invito a non confondersi e sperando che nella miriade di parrocchie nel mondo tutti, in maniera così ingenuamente ligia e coerente, sapranno sostare sul crinale dottrinale tra le due interpretazioni del senso di “benedizione” che la stessa dichiarazione ha di fatto reso sottile come la lama di un coltello. Ciò che si chiede ai pastori in questo documento è di cominciare a stare in equilibrio su di un piede, ma è un attimo e si cade nel pendere da una parte! Da un lato si pone il pericolo di un “controllo” della Misericordia divina, per sua natura incondizionata, dall’altro il pericolo del pervertimento essenziale del sacramento del matrimonio. In mezzo a questi estremi, non più il terreno solido, la casa costruita sulla roccia, che è la Chiesa, ma una fetta biscottata che mentre pronuncia la propria volontà chiarificatrice abbandona il fedele a sguazzare in acque paludose, ovvero le interpretazioni che imperverseranno confuse e contrastanti, inconciliabili, contraddittorie e ingannevoli, ma tutte pacificate dalla parola “inclusione”. Del resto non è un caso che lo slogan “love is love” sia dal punto di vista logico una tautologia che per natura formale è una frase sempre vera, formalmente incontestabile. Al suo interno si possono furbamente celare le più aspre contraddizioni, porre tutto e il contrario di tutto, come in un grande calderone, senza in alcun modo alterarne il valore sintattico. Ecco come il falso si appropria della Verità. Lo insegnavano già i latini (ex falso quod libet) anche se formalmente coerente. La Fiducia supplicans è questo contenitore logico formale, sintatticamente coerente del falso. Eppure, in questo mare oscuro in cui mi sento gettata sento che la luce splende nelle tenebre, e che là dove i profeti incaricati da Dio di annunciare la verità sceglieranno di tacere, grideranno le pietre.

Veronica S.

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Caro Valli,
il Gatto ha scritto, la Volpe ha approvato.
Al di là di tanti inutili distinguo e clausole di fedeltà dottrinale (altro non sono che zollette di zucchero per far ingurgitare l’amaro veleno che intossica l’organismo, e non c’è zucchero che tenga) qual è l’effetto di Fiducia supplicans?
1. Anzitutto contraddice diametralmente un documento di appena due anni fa della stessa autorità formale, che negava si potessero benedire le coppie sodomitiche: così il primo effetto è che la Chiesa oggi dice e domani disdice, sicché non v’è più nulla di stabile, definito, certo. Non v’è più verità.
2. Poiché a essere “bene-detta” sarebbe non una persona, ma una “coppia”, quindi una relazione che ha una sua oggettiva deformità ripugnante, con “bene-dizioni che si offrono a tutti, senza chiedere nulla” (n. 27) – cioè non perché richieste per uscirne o concesse perché la si interrompa -, qualcuno mi convinca che, sulla base delle stesse ragioni “pastorali” e degli stessi “distinguo” e “clausole” dottrinali, non si possa invece bene-dire la relazione che costituisce una cosca mafiosa. L’effetto di “normalizzare” le più abominevoli relazioni.
in J. et M.
Giovanni Formicola
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Caro Valli,

vedo che questa vicenda della Fiducia supplicans incomincia, per lo meno, a far perdere la pazienza, a scuotere, a far coraggiosamente uscire allo scoperto. Monsignor Peta e monsignor Schneider vietano nella loro diocesi di applicare la dichiarazione, monsignor Strickland chiede: “I vescovi dicano no con una sola voce”.

Forse è questo il momento giusto (e forse l’ultimo) per capire che noi tutti che abbiamo a cuore il bene della Fede e della Chiesa dobbiamo in qualche modo coalizzarci e scendere in campo con proteste (pacifiche, s’intende), manifestazioni e tutto ciò che è necessario, indipendentemente dalle varie “fazioni” in cui siamo purtroppo divisi (sedevacantisti, sedeproibizionisti, sedeimpeditisti, lefebvriani eccetera)? Tutti coloro che, pur pensandola diversamente su chi sia il papa o se sia o meno eretico, hanno comunque a cuore il bene della Chiesa, si devono unire. Non sarebbe ora di organizzarci per scendere in piazza (sulla piazza ci si può accordare) e costringere così anche i media a far sentire una voce fuori dal coro, una volta tanto unita, compatta e corposa? Magari qualche altro vescovo e cardinale prenderebbe coraggio ed esempio.

Silvio Brozzi

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Caro Valli,

in merito alla dichiarazione Fiducia supplicans mi sembra utile ribadire quanto riportato nel Vangelo di Matteo 18, 6-7: “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!”.

Roberto Zappa

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Gentile Valli,

dopo il documento Fiducia supplicans ho pensato a un giorno, alle elementari, quando, da bambini, giocando e stuzzicandoci l’uno con l’altro, un mio compagno mi tirò un ceffone e scappò ridendo. Lo inseguii e gliene diedi uno a mia volta. La maestra mi vide, mi sgridò e io reagii con classica giustificazione: “Ha incominciato lui”. E la maestra: “Però io ho visto te e ora vai in punizione”.

In punizione va chi cade in tentazione, non il tentatore, da sempre è così. Questo ennesimo documento, il solito ceffone alle spalle, non è il primo e non sarà l’ultimo.

Queste “benedizioni” non sono lecite e portano a commettere peccato al sacerdote che le impartisce. Possiamo quindi ignorare le nuove direttive con tutta tranquillità. Su di me Bergoglio e i suoi fan non hanno potere ne influenza.

Non mi scandalizzo più per ciò che la gerarchia pubblica, né di chi accetta ogni deviazione. Ignorare tutto ciò che porta scandalo è la miglior soluzione. Resistere alla tentazione fa infuriare il tentatore, ignorarla gli fa cambiare mestiere.

Se qualcuno mi chiede, io provo, con i mezzi che ho, a correggerlo. Se non vuole accettare la Verità non è un problema mio. La libertà è sacra. L’importante, davanti a Cristo, sarà dimostrargli di aver esercitato la Carità con piena e libera volontà al massimo delle capacità, restandogli fedele in ogni avversità.

Daniele Granero

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Caro Valli,

vorrei far notare un passo di Fiducia supplicans che sembra secondario ma è grave nel suo surrealismo.

È il n.36: ‘In tal senso, è essenziale cogliere la preoccupazione del Papa, affinché queste benedizioni non ritualizzate non cessino di essere un semplice gesto che fornisce un mezzo efficace per accrescere la fiducia in Dio da parte delle persone che la chiedono, evitando che diventino un atto liturgico o semi-liturgico, simile a un sacramento. Ciò costituirebbe un grave impoverimento, perché sottoporrebbe un gesto di grande valore nella pietà popolare ad un controllo eccessivo, che priverebbe i ministri della libertà e della spontaneità nell’accompagnamento pastorale della vita delle persone”.

Se ho capito bene, si dice che se il sacramentale della benedizione fosse troppo ”liturgizzato” questo lo renderebbe troppo simile a un sacramento e ciò sarebbe un… grave impoverimento (!).

Quindi:

– è la “liturgizzazione” di qualcosa che la rende una ”specie di sacramento”;

– rendere un sacramentale ”troppo simile a un sacramento” costituisce un ”grave impoverimento” del sacramentale stesso (quindi un sacramentale è più importante di un sacramento?);

– grave impoverimento è pure privare i ministri di libertà e spontaneità.

Non aggiungo altro.

Ma se questo è il Dicastero per la dottrina della fede…

Lettera firmata

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Caro Aldo Maria Valli,

alcune brevi riflessioni sulla Fiducia supplicans da semplice fedele/credente peccatore.

Da sempre nella Chiesa per certi peccati e conseguenti comportamenti si chiedeva perdono.

Ora nella neo-chiesa (quella di papa Bergoglio) per gli stessi si può chiedere e ottenere la benedizione.

Per anni sacerdoti, vescovi, cardinali e papi ci hanno fatto una testa così nel dirci che benedire significa dire-bene. E ora siamo al punto che la neo-chiesa bergogliana dice-bene del peccato e di certe conseguenti situazioni e comportamenti.

Non penso proprio che il buon Dio sia d’accordo, ma intanto lo scandalo e il danno per tante anime sarà immenso.

Preghiamo.

Luigi Suagher

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Caro Valli,

in tutto questo profluvio di misericordia e di accompagnamento al peccato, ogni sacerdote sarà soggetto a una situazione quanto meno difficile e incresciosa nel caso in cui venga richiesto di simili benedizioni.

Non sarà egli stesso coinvolto in questa spirale di ribellione a Dio a rischio della sua stessa anima? E se fosse un santo e pio prete che in coscienza decidesse di opporre un diniego, a quali rischi andrebbe incontro? Allontanamento, privazione della prebenda, o che altro? Credo sia il caso di dire che al contrario di “tutto concorre al bene”, si è creato un circuito malefico dove purtroppo tutto concorre al male.

Non ci resta che un’unica arma: la preghiera e in special modo la recita del santo Rosario. Che ci soccorra la Madonna Santissima e il Suo divin Figlio, il Bambino Gesù. abbia pietà di questa umanità così confusa e dolente.

Antonina Sìcari

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Caro Valli,

dopo la Fiducia supplicans dobbiamo avere massima attenzione per il dramma dei pastori che si troveranno a dover benedire coppie omosessuali. Secondo me troveranno il modo di resistere con intelligenza. Sono chiamati a questo. Non mi auguro che abbandonino la Chiesa, nostra Madre. Io non andrei mai fuori da casa mia, mi dovrebbero cacciare (si veda il caso di monsignor Strickland). I sacerdoti sono fondamentali per amministrare i sacramenti, come faremmo senza? Per questo non mi appassionano le reazioni scismatiche e quelle di chi sbatte sdegnosamente la porta. Sta scritto “non prevalebunt“, è questione di fede. Io ci credo, dobbiamo restare dentro, aspettando il ritorno del Re nella preghiera e nel sacrificio. Occorre sostenere in ogni modo i sacerdoti e i vescovi, pregare per loro e anche per Francesco.

Non si tratta di agire “politicamente”. Partirei dal n. 675 del Catechismo:

“Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il mistero di iniquità sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica sé stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne”.

Penso che ci stiamo avvicinando a questo punto, e dobbiamo trarne le conseguenze, anche se siamo ancora lontani dall’aver toccato il fondo. Medjugorje sarà, a mio giudizio, il faro e la guida quando i tempi saranno davvero duri e sembrerà venir meno ogni speranza. I dieci segreti sono alle porte, prepareranno il tempo nuovo.

Altra esperienza da approfondire è quella della mistica ungherese suor Magdolna. C’è un libro di Claudia Matera sull’argomento, edito da Sugarco (e prefato da Padre Tognetti) in cui si descrive, tra l’altro, il ruolo particolare assegnato all’Ungheria nel prossimo futuro (in effetti, oggi l’Ungheria è al di fuori del mainstream). Mi colpisce il parallelismo con la Polonia di santa Faustina Kowalska (e di Giovanni Paolo II, la “scintilla” che suor Faustina indicava come quella che avrebbe preparato il mondo alla seconda venuta del Signore). Come la Polonia ci regalò san Giovanni Paolo II, non escludo che l’Ungheria ci darà Pietro II (il cardinale Péter Erdő?).

Sul tempo della manifestazione dell’Anticristo ricordo che Maria Valtorta – di cui si parla troppo poco – negli ultimi scritti disse che alcuni nati in quel periodo (anni Quaranta del Novecento) ne sarebbero stati testimoni (si legga anche la descrizione, da brividi, della sua manifestazione).

In questo anno abbiamo potuto osservare il ruolo di Benedetto XVI come kathéchon. Era veramente colui che frenava, rimasto a fare da ostacolo.

Lettera firmata

 

 

 

Aldo Maria Valli:
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