Lettera dall’Austria / Per “Fiducia supplicans” qui tutti festeggiano. Ma il disastro arriva da lontano
Caro Valli,
non credo ci sia molto da aggiungere in merito al famigerato documento Fiducia supplicans, figlio, cugino e fratello di tanti altri usciti da raffinate penne a inchiostro nero, un “non-colore” ambiguo che in sé tutto può contenere. Vorrei comunque fare qualche considerazione dalla prospettiva in cui mi trovo a vivere, in Austria.
Qui Oltralpe tutti i prelati festeggiano, nessuno escluso, come da copione. D’altronde la cosiddetta (non da me, ma dagli organi competenti qui) Chiesa cattolica tedesca (invece che romana) su tali “benedizioni” è all’avanguardia da decenni. “Benedizioni” che impastano parole, aforismi e segni, farina di riti new-age, indiani, sciamani, aggiungendovi parecchio zucchero pop e giusto un pizzico di sale cristiano. Ma nella lista della ricetta di queste torte avvelenate il sale è inserito per ultimo e la quantità indicata con uno sfrontato “quanto basta” equivale spesso a zero.
I giornali e la TV nazionale riportano la notizia di questo novello asse Roma-Berlino, sancito da Fiducia supplicans, citando le parole entusiaste di vescovi e cardinali delle Conferenze episcopali austriache, tedesche e svizzere, dando spazio anche ad una lettura teologica del fenomeno. L’Istituto di teologia sistematica e degli studi religiosi dell’Università di Vienna infatti approfondisce molto seriamente ed insegna l’esegesi queer della Bibbia. Non lo sapevate? La Bibbia trabocca di elementi queer. A titolo di esempio, si provi a leggere Ruth 1,16.
Si sottolinea che l’omosessualità duemila anni fa era intesa in modo diverso a causa dei testi di stampo patriarcale, confermando la profezia del nostro vescovo di Innsbruck, che ebbe ad affermare con tanto di striscione gigante appeso sull’ingresso del duomo: “Fino a quando Dio avrà la barba io sarò femminista”. Il nostro parroco ha addirittura appeso cartelloni nei pressi della parrocchia e della scuola elementare in cui invita a recitare diverse versioni del Padre nostro. La sua proposta? “Transgender nostro”, “inducici in tentazione”. Ho preferito non vedere gli altri cartelli e scappare portando via in fretta mio figlio di sette anni. La neo-chiesa si sta organizzando da decenni con la sua nuova teologia, le sue preghiere, la sua bibbia con i suoi comandamenti, i suoi riti, i suoi canti, le sue benedizioni liturgiche e non, i suoi sacramenti, i suoi abiti… Già hanno sostituito i merletti con le cravatte, poi con i bermuda, i pantaloni attillati da ciclista, il costume da bagno e anche quello da pagliaccio (visto con i miei occhi).
C’è chi dice che bisogna reagire, scrivendo ai vescovi, al dicastero. Bene, noi lo abbiamo fatto e tante volte, anche raccogliendo firme e ricevendo veri e propri pugni in faccia. Siamo testardi, ma finalmente ci siamo arrivati: abbiamo capito di aver sempre scritto al nemico, al traditore. La neo-chiesa non può scomunicare sé stessa. Non lo farà mai e mai infatti lo ha fatto in questi anni. Manda fuori invece e scomunica chi è fedele al Dio “bianco, con la barba, vecchio e maschio”.
I sacerdoti, i vescovi e i cardinali (ne abbiamo contattati diversi), se avessero avuto davvero a cuore la Sposa di Cristo avrebbero dovuto agire molti anni fa. Ogni nostra denuncia è invece caduta nel vuoto, anzi peggio, nelle mani del nemico.
A mio parere ci sono due tipi di nemici: quelli colmi di malizia, che fanno il male sapendo di farlo, e gli esperti equilibristi (forse ingenui, forse no), che difendono i primi, compiendo acrobazie incredibili per dimostrarne (più a loro stessi che ad altri) l’intoccabile santità. Sono di gran lunga i secondi i più pericolosi e i peggiori, come afferma anche The Wanderer nel suo ultimo articolo. Questi individui, spesso molto dotati dal punto di vista retorico e intellettivo, credono così di fungere da nastro adesivo tra i cattolici.
Più di metà del clero annuncia un Vangelo diverso da quello di Cristo? “No! Non può farlo, impossibile. Non è autorizzato, quindi non lo fa. Sono i media ad interpretare male” rispondono, condendo il tutto con sofismi fuori dalla realtà. Oppure ammettono dicendo: “Anche fosse, tu vai lo stesso. Basta non guardare e non ascoltare”. E che ci vado a fare? Inoltre dovrei essere un polipo con più di otto braccia per tappare occhi e orecchie a tutti i miei figli oltre che a me stessa. Ma il peggio è quando mi dicono “il magistero non è cambiato e solo la Chiesa docente può interpretarlo giustamente, quindi le altre interpretazioni non sono valide, anche se vengono dalle Conferenze episcopali. Sono tutti abusi”. Ovviamente si presume che ogni fedele abbia una laurea in teologia dogmatica (o altro corso che nella mia ignoranza ignoro) per sapere come muoversi tra le varie interpretazioni. E oggi con Fiducia supplicans come la mettiamo?
Mi permetto una battuta. A questi quadratori di cerchi andrebbe dedicata una Festa dell’Unità: unità a ogni costo, fittizia, artigianale, ma di un artigianato di scarsa qualità, con toppe di ogni tipo, nastri adesivi ingialliti su cui sono stati appiccicati malamente altri pezzi più moderni (made in China, di quelli che non attaccano nemmeno più). In questa strana chiesa ognuno oggi è papa di sé stesso e pretende di difendere la sua verità, abusando del nome di Cristo, il quale viene strattonato da tutte le parti. Nemmeno i soldati avevano osato strapparne la tunica, che oggi si straccia in mille pezzi: tradizionalisti, conservatori, progressisti, pro-life, pro-choice, e tanti altri, di cui ho perso perfino il conto.
Certo, tutti cattolici. La stoffa è quella, forse. O forse stiamo lacerando la tunica di qualcun altro mentre i soldati si giocano a dadi quella di Cristo che sta per essere crocifisso e noi siamo tutti distratti a tirare da una parte e dall’altra?
A proposito, mi è tornato in mente uno scritto profetico di Guareschi. In una lettera a don Camillo (pubblicata su Il Borghese nel magio del 1966) egli scrive: “So benissimo che molti suoi parrocchiani, e non solo i vecchi, sono con Lei, ma so pure che Lei se ne andrebbe in silenzio, nascostamente, per evitare ogni incidente o discussione che potessero portare tormento al Suo gregge. Lei, infatti, ha il sacro terrore d’una divisione fra i cattolici. Ma, purtroppo, questa divisione esiste già.”
Guareschi vedeva la divisione già sessant’anni fa, quando il povero papa Francesco era ancora un ragazzino e non poteva essere certo lui la causa di tutti i mali, come gli esperti equilibristi vogliono farci credere oggi.
Di cuore ringrazio Dio di averci donato persone come Giovannino Guareschi. La sua resistenza bianca (ancor oggi per lo più incompresa) permette a noi di non mollare, di andare avanti, di gettare semi che noi forse, come lui, non vedremo mai germogliare con questi occhi di carne.
Oso credere che anche lui avrebbe scritto qualche contributo per Duc in altum, caro Valli.
Non scoraggiamoci, Dio non cambia idea e difende la sua Chiesa, quella vera. Il più è capire dove sia finita la pietra d’altare che hanno demolito e tolto dalla Chiesa. Ma anche per questo Gesù ha una risposta: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve; chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa”.
Per inciso, la pietra e le parti marmoree dell’altare smantellato dalla furia del Concilio Vaticano II nella mia parrocchia di origine sono finite a fare le insegne all’ingresso della canonica, come una banale pietra da giardino. E invece si tratta delle pietre “vive” dell’altare che è stato consacrato validamente, a contatto per secoli con il Santissimo Sacramento e le reliquie dei santi, e su cui vescovi e sacerdoti hanno celebrato il Santo Sacrificio!
Appena l’ho saputo sono andata ad accarezzare e baciare quelle pietre sussurrando loro: “Vi prego, gridate!”.
I sacerdoti della canonica nel vedermi avranno sorriso soddisfatti, credendo di essere testimoni di una storia di “eco-conversione”. Inguaribili ottimisti.
Elena