di don Marco Begato
I frutti della Confessione
Circa i frutti ricavati da don Bosco dopo la sua preazione sulla Confessione, i biografi sì soffermano su significative testimonianze.
Quanti giovani buoni ed innocenti con la frequente Comunione sembravano imitare San Luigi nella purezza della vita! Quanti, che nei loro paesi erano caduti nei lacci del demonio, rinnovavano interamente la loro condotta e nella fede gareggiavano coi primi!
La virtù del Sacramento della Penitenza era evidente. Giovani disgraziati per antiche abitudini, alla prima confessione fatta all’Oratorio si sentivano come rinati e liberi anche per anni da ogni tentazione! Guai però se, abusando della grazia, si gettavano in qualche pericolosa occasione. Ciò noi abbiamo conosciuto dalla confidenza di molti e molti.
Vi erano poi di quei poveretti, imbevuti dello spirito anticristiano del mondo, accettati da don Bosco in prova e talvolta entrati con raccomandazioni false. In essi la cattiveria talvolta superava l’età. E don Bosco? Don Bosco non prendeva decisioni affrettate: si armava di un forte spirito di sacrificio e prudentemente si dava da fare per portare a Dio quelle anime. E più volte la sua carità ottenne il premio. Egli era solito pensare: “Come non esiste terreno ingrato e sterile che non si possa rendere fertile per mezzo di lungo e paziente lavoro, così vale anche per gli uomini: essi sono come un buon terreno, il quale, per quanto sia sterile e duro, produce prima o poi pensieri onesti e atti virtuosi, quando un direttore con ardenti preghiere aggiunge i suoi sforzi alla mano di Dio nel coltivarla e renderla feconda e bella. In ogni giovane, anche il più disgraziato, avvi un punto accessibile al bene, e dovere primo dell’educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trame profitto (MB, V, 366-367).
Così la sapiente attenzione del medico delle anime, valorizzando il sacramento del perdono, riesce a ottenere quei frutti meravigliosi che il Cuore Divino ha voluto nell’offrire all’umanità il capolavoro del suo amore.
Commento
Valorizzare il sacramento del perdono, ecco una strada sicura per vincere lo spirito anticristiano del mondo e per educare la fede, così da orientare la vita di ognuno verso l’eterna felicità, verso la condivisione di vita e di amore della Santa Trinità, nostra origine e nostra destinazione.
Non siamo veramente chiamati ad altro; la Confessione è uno strumento indispensabile in questo pellegrinaggio che ci è stato donato di fare, il pellegrinaggio verso l’Infinito.
Questa prospettiva getta una nuova luce e offre una spiegazione semplice riguardo a un altro ostacolo che scoraggia molti dal confessarsi: la necessità di dire i nostri peccati a un altro uomo, magari a uno sconosciuto. Eppure proprio l’Infinito ce lo chiede. L’Infinito che è Dio, e si è rivelato a noi; l’Infinito della Trinità che è comunione assoluta di persone divine; l’Infinito di Cristo che si è unito alla famiglia umana; l’Infinito accolto da Maria e dai santi che hanno dimenticato sé stessi per amore del prossimo. Ecco perché qualsiasi gesto d’amore, compresa la fatica della confessione, deve passare attraverso la comunione tra le persone qui e ora, in particolare attraverso la comunione con le persone, i sacerdoti, che rappresentano Cristo in terra.
Un capitolo di non poco conto è quello relativo alle pene, al purgatorio e alle indulgenze. Lo diciamo a partire da una domanda: ma perché, stando alla tradizione della Chiesa, capita di trovare in Purgatorio anche persone che si son ben confessate nella loro vita? Risposta: perché la confessione toglie ogni colpa, ma in noi restano delle impurità, in noi restano le pene dei peccati commessi. Solitamente il tempo del Purgatorio, come per ogni purga che si rispetti, serve proprio a liberarci da ogni impurità.
Abbiamo detto “solitamente”. Infatti è possibile ridurre le pene e il tempo da trascorrere in Purgatorio. Come? Intensificando la vita di preghiera, penitenza ed elemosina. Tutto questo, per dirla con una tradizionale espressione di sapore mercantile, permette di “lucrare le indulgenze”. Ogni indulgenza ottenuta riguarda la purificazione di una pena.
Nell’ottica esigente che don Bosco proponeva ai suoi ragazzi, e che noi abbiamo proposto a noi stessi, nell’ottica che ci porta a essere protagonisti attivi nel nostro cammino verso la Trinità e verso il Paradiso, il discorso sulle indulgenze è preziosissimo. Non si tratta di superstizioni, di esteriorità, ma di impegnare se stessi per Dio. Prima chiedendo la remissione delle colpe (riconciliazione), poi purificandosi con opere di carità (indulgenze), per essere sempre in comunione con Dio e rivolti al suo Mistero. Nell’Eucaristia e nel servizio del prossimo.
14.fine